2010-11-15 14:15:02

Piano Usa per una moratoria degli insediamenti ebraici nei Territori palestinesi


Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha presentato oggi al suo governo un piano formulato dagli Stati Uniti che prevede una nuova moratoria degli insediamenti ebraici solo in Cisgiordania per un periodo di tre mesi in cambio di un pacchetto di incentivi politici e militari americani a Israele. Il piano è stato presentato al premier israeliano la settimana scorsa a New York nel corso di un colloquio di ben sette ore col segretario di stato Usa, Hillary Clinton. Per un commento sul piano americano, Salvatore Sabatino ha intervistato Eric Salerno, esperto di Medio Oriente per quotidiano il Messaggero:RealAudioMP3

R. – Il piano comprende una moratoria sugli insediamenti nei territori occupati, ma non a Gerusalemme Est, cosa che i palestinesi respingono subito. Dal punto di vista degli incentivi c’è un pacchetto di caccia-bombardieri dell’ultima generazione, che andrebbero a consolidare l’arsenale israeliano. Ci sono, inoltre, una serie di promesse e garanzie americane a livello politico: gli Stati Uniti accetterebbero di difendere Israele da ogni critica alle Nazioni Unite, di impedire all’Autorità nazionale palestinese di proclamare l’indipendenza unilateralmente della Palestina e cose di questo genere. Tutto un pacchetto, poi, riguarderebbe cosa l’America darebbe a Israele se quest’ultimo dovesse a un certo punto firmare un accordo di pace con i palestinesi: un pacchetto, cioè, della durata di 10 anni che dovrebbe partire soltanto dal momento di un accordo tra i due.

D. – Secondo diversi commentatori pare che il premier Netanyahu sia disposto ad accettare le proposte statunitensi, ma non è certo che riesca ad ottenere la maggioranza. Insomma, questo governo allargato, ancora una volta, pone dei problemi a Netanyahu?

R. – Pone dei problemi, ma - tutto sommato - è quella garanzia che vuole Netanyahu, che dice: io ho delle grandi difficoltà a convincere - cosa che sembra riuscirà a fare - il governo ad andare avanti. Anche perché gli americani hanno promesso che se non ci sarà un accordo entro tre mesi, cioè entro questi 90 giorni di moratoria, gli Stati Uniti non chiederanno a Israele di proseguire la moratoria. Questo significa che se gli israeliani sono in difficoltà, troveranno una maniera di attribuire agli altri - come hanno fatto molte volte in passato, cioè ai palestinesi - la colpa del non progresso nel negoziato. Quello che gli americani vorrebbero raggiungere nel giro di tre mesi è una decisone sui confini del futuro Stato palestinese.

D. – Su una cosa non ci sono dubbi, Obama ha bisogno di un successo in Medio Oriente. Ci riuscirà?

R. – Obama vuole un successo. Certo se riuscisse ad arrivare ad un accordo di pace - e stiamo parlando di una cosa che lo stesso Obama sostiene che nel giro di un anno si potrebbe fare - sarebbe sicuramente un grande premio all’amministrazione e, anche, a lui che ha già avuto un Premio Nobel per la pace ancora prima di cominciare. Non bisogna dimenticare neanche questo! Quello che potrebbe essere utile a Obama è che una eventuale - chiamiamola così - vittoria, in questo senso un successo, gli darebbe l’aiuto sicuramente di una parte della comunità ebraica americana, che fino ad adesso è stata molto ostile a quello che sta facendo in Medio Oriente. (bf)







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