India: la Chiesa contraria alla pena di morte per l’assassino di un missionario australiano
Diversi esponenti della Chiesa in India si sono detti contrari alla pena di morte
per l’assassino di Graham Stuart Staines, il missionario protestante australiano trucidato
insieme ai suoi due figlioletti il 22 gennaio 1999 nello Stato dell’Orissa da un gruppo
di fanatici indù. L’Ufficio Centrale d’Investigazione (CBI) ha chiesto infatti alla
Corte Suprema indiana la punizione estrema per Ravindra Pal Singh, indicato come il
principale responsabile del linciaggio. “Non vogliamo la pena capitale per nessuno”,
ha dichiarato all’agenzia Ucan mons. Sarat Chandra Nayak, vescovo di Berhampur che
ha affermato di essere invece favorevole all’ergastolo, per la pericolosità sociale
di Singh. Analogo il giudizio John Dayal, segretario dell’All India Christian Council
(Aicc): “Siamo contrari alla pena di morte per motivi morali ed etici”, anche se l’assassinio
di Staines “è stato efferato e senza alcuna attenuante, per la premeditazione, il
movente e la brutalità della sua esecuzione”, ha dichiarato l’attivista cattolico,
ricordando che la moglie del missionario australiano si è opposta sin dall’inizio
alla condanna a morte degli assassini. Secondo padre Charles Irudayam, segretario
della Commissione per la giustizia e la pace e lo sviluppo della Conferenza episcopale
indiana (CBCI) la punizione di Singh è comunque una “buona lezione” per tutti coloro
che cercano di condizionare i tribunali con denaro o pressioni politiche dopo avere
commesso un crimine. Staines – lo ricordiamo - era stato arso vivo insieme ai suoi
due bambini nel cortile di una chiesa del villaggio di Manoharpur perché sospettato
di convertire con la forza al cristianesimo gli abitanti del luogo. Per l’omicidio
Singh era stato già condannato a morte dal tribunale di prima istanza, pena poi ridotta
in appello all’ergastolo. Insieme a lui sono state condannate alla prigione a vita
altre 12 persone. (L.Z.)