2010-11-15 15:23:17

Human Rights Watch: reclutamento di bambini soldato per la guerra in Somalia


Nel campo di profughi somali di Dadaab, in Kenya, vengono reclutati bambini soldato per la guerra in Somalia. E' quanto emerge dal Rapporto di Human Rights Watch. Negli ultimi 20 anni, infatti, il conflitto in Somalia ha costretto migliaia di persone a rifugiarsi nel vicino Kenya, specialmente nel campo di Dadaab che raccoglie quasi 300 mila persone, un terzo delle quali sono bambini. Debora Donnini ha sentito Marco Rotelli, direttore generale di Intersos, organizzazione umanitaria presente da anni in Somalia:RealAudioMP3

R. – I campi di Dadaab sono i campi profughi più grandi del mondo. La recrudescenza del conflitto in Somalia ha portato all’aumento di combattenti: uno dei bacini più accessibili per gli insorti è proprio quello dei giovani che, per un terribile mix di condizioni venutesi a creare, sono paradossalmente interessati a questo tipo di vita e di attività. Anche i rifugiati somali che sono in Kenya, pur avendo assistenza umanitaria di standard piuttosto elevato, vedono il proprio futuro con scarsissima fiducia. Afflitti da una povertà ormai cronica, e in assenza di futuro, vedono le esperienze con i gruppi militanti come un possibile sbocco.

D. – A reclutare questi bambini soldato somali sono gli Shabaab, cioè il gruppo integralista islamico che lotta contro il governo transitorio in Somalia o anche altri gruppi?

R. – Gli Shabaab rappresentano il gruppo più potente e che, in qualche maniera, coordina l’attività di insorgenza contro il governo transitorio. All’interno di questa grande coalizione di insorgenza ci sono altri gruppi. E’ chiaro che, fuori dal coordinamento e dal controllo dello stesso Shabaab, viene fatto poco. Anni fa, quando ancora la situazione non era così estrema, quando organizzazioni come Intersos potevano lavorare con maggiore libertà all’interno del Paese, non è stato possibile - soprattutto per mancanza di finanziamenti e di una chiara strategia in questo senso - alimentare, per esempio, il livello di educazione. Molti di questi giovani hanno dovuto trovare scolarizzazione primaria in scuole particolarmente radicali e da qui il contatto tra giovani e gruppi armati è diventato un flusso che ormai è ben consolidato.

D. – Il movimento degli Shabaab è legato ad al Qaeda?

R. – Sono informazioni di intelligence che trapelano e che danno un’interpretazione del genere. Sicuramente è un gruppo particolarmente solido in questo momento, che riceve supporti fuori dai confini della Somalia. Ha dimostrato, in pratica, di controllare fisicamente il 90 per cento della Somalia centromeridionale.

D. – Come mai questi gruppi riescono a penetrare in Kenya che, tra l’altro, sostiene il governo transitorio e non appoggia questi gruppi?

R. – Il Kenya è stato uno dei leader del processo di supporto al governo transitorio. Le regioni dove si collocano le realtà di Dadaab sono piuttosto vicine ai confini somali. Sono aree molto desertich dove il controllo delle autorità keniote esiste, ma non può essere a tutti gli effetti efficace. Ci sono sicuramente delle infiltrazioni e ogni comunità - per quanto in stato di rifugio - rimane in qualche maniera in collegamento con il proprio Paese di origine. Questo vale per i campi di rifugiati, così come per le diaspore. Il Rapporto fa bene a sottolineare come ormai il problema somalo sia realtà concreta anche fuori dai confini della Somalia. Questa dovrebbe essere l’ennesima allerta per fare in modo che la Comunità internazionale prenda il dossier somalo con convinzione, anche di strategia politica, per risolvere un problema che ormai è diventato enorme e ventennale. (bf)







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