Aung San Suu Kyi sceglie la via del dialogo e della non violenza
Intraprendere la strada verso la democrazia, attraverso la non violenza e il dialogo
con il regime del Myanmar. Dopo il termine degli arresti domiciliari, Aung San Suu
Kyi riprende l’attività politica, parlando ai suoi sostenitori, per una svolta concreta
nel Paese. La leader della disciolta Lega per la Democrazia, in queste prime ore di
libertà cerca di ricompattare attorno al suo movimento il fronte delle opposizioni,
ritenendo che sia necessario un cammino comune. Su questi aspetti ascoltiamo il commento
del collega Stefano Vecchia, esperto di Estremo Oriente, intervistato da Salvatore
Sabatino:
R. – La lotta
prosegue e proseguirà, però sempre in modo non violento. Anche per questo, per evitare
questi contrasti, che possono poi portare a reazioni contro il regime ed anche a manifestazioni
importanti e quindi ad una reazione anche violenta, ha chiesto l’unità di tutte le
opposizioni. La Lega nazionale per la democrazia si pone comunque al centro, però
esiste tutta una serie di altri movimenti di opposizione che vanno riconosciuti e
con i quali occorre collaborare in un’ottica di riconciliazione nazionale.
D.
– Aung San Suu Kyi è la leader di una Lega che, di fatto, non esiste perché sciolta
dalle autorità. Che tipo di valore può avere, oggi?
R. – Non esiste
più dal punto di vista legale ma è un movimento che ancora esiste, con una propria
sede. E proprio questa mattina San Suu Kyi si è recata nella sede del partito per
incontrare il team di legali e vedere come agire sulla risoluzione voluta dal regime.
Una risoluzione che non è del tutto legale neppure in base alla Costituzione che il
regime stesso si è dato due anni fa. Ci sono quindi possibilità di manovra per cui
questa decisione di cancellazione del partito venga cancellata e su questo Aung San
Suu Kyi si sta muovendo, cosciente che la Lega nazionale per la democrazia resta ancora
il riferimento principale del movimento democratico.
D. – Da segnalare
che le autorità, in questo momento, sono in silenzio. Perché?
R. – La
ragione principale è che probabilmente aspettano le mosse di Aung San Suu Kyi. Quindi
è importante tener presente anche quale effetto avrà, proprio in concreto, sulle opposizioni.
Evidentemente c’è chi paventa una reazione violenta del regime che potrebbe capitare
nel momento in cui lei iniziasse veramente a viaggiare per il Paese - come ha promesso
di fare - e parlare con la sua gente.