2010-11-14 14:29:00

A Milano ieri sera la Veglia per la vita nascente in occasione della vigilia dell’Avvento


Per la vigilia della prima domenica d’Avvento secondo il rito ambrosiano, l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha presieduto ieri sera in Duomo una solenne Eucaristia. Il porporato, raccogliendo l’invito di Papa Benedetto XVI, in occasione dell’inizio del nuovo Anno Liturgico ha guidato una Veglia per la vita nascente per ringraziare il Signore e invocarne la protezione “su ogni essere umano chiamato all’esistenza”. È stata la celebrazione di un nuovo inizio, dunque, e “ogni inizio porta con sé una grazia particolare – ha esordito l’arcivescovo - il mistero grande e affascinante del Dio che si fa uno di noi”. “È proprio l’Incarnazione a rivelarci con luce intensissima e in modo sorprendente che ogni vita ha una dignità altissima, incomparabile, quasi infinita”, ha detto ancora, mettendo in relazione l’inizio dell’Anno Liturgico e la celebrazione, prossima, della nascita di Gesù, con il tema voluto dal Pontefice. “Tutto ciò che è contrario alla vita sarà sconfitto; a esistere e a rimanere per sempre, sarà soltanto la vita”. Il cardinale, arrivando alla gioia della Resurrezione di Cristo, ricorda, quindi, qual è il destino di ogni vita umana, cioè essere chiamata non a morire, ma a risorgere: “Ogni momento della nostra vicenda personale, come pure della storia dell’umanità, può diventare o momento di morte, ossia chiusura egoistica verso gli altri e verso Dio, o momento di vita, se vissuto per amore, come dono di sé a Dio e ai fratelli”. La Resurrezione di Cristo, dunque, non è solo “speranza nel domani meraviglioso” che Dio ha preparato per noi dopo la morte, ma è “presenza, perché nella fede e nella vita stessa vi è anticipazione invisibile, ma reale di quel domani”. La pagina del Vangelo di Marco, poi, ha dato lo spunto al porporato per parlare della seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi, sottolineandone il messaggio di speranza: “Il Vangelo ci chiede di guardare oltre le fatiche e le nebbie della storia, oltre il crollare delle nostre fragili certezze, oltre gli insuccessi delle nostre iniziative – ha evidenziato – ci chiede di guardare con decisione a un futuro che è edificato da Dio stesso, l’unico vero e grande protagonista”. Un pensiero che contemporaneamente consola ed esorta “alla vigilanza e alla prontezza”, con la coscienza che “il futuro lo si costruisce pazientemente nella storia”. Tornando alla vita, il cardinale, riferendosi alle minacce contro di essa del mondo di oggi, ne ha parlato in termini di “problema culturale, che può sciogliersi solo con una vera e propria conversione della mente e del cuore”. Se viene meno la cura per la vita, infatti, è perché viene meno anzitutto la fede. Sulla Terra, quindi, la vita ha bisogno di essere “apprezzata con sincerità, ammirata con stupore”, ma anche “accolta dentro uno sguardo di fede e servita in un contesto d’amore”, “onorata e trattata come vita della persona che è unità di corpo e anima, incontro con gli altri e con Dio”. Da qui, un ringraziamento a tutti coloro che si dedicano in modo specifico “ad accogliere e custodire la vita umana nelle diverse situazioni di fragilità, in particolare agli inizi, quando la vita muove i suoi primi passi”. “Siamo il Popolo della vita e per la vita – il cardinale Tettamanzi ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II – siamo mandati come popolo: l’impegno a servizio della vita grava su tutti e su ciascuno”. (A cura di Roberta Barbi)







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