Intervento del cardinale Bertone sul diritto matrimoniale: la dottrina sia al servizio
delle comunità ecclesiali
“Poco vale la dottrina se non viene messa a servizio della vita delle comunità ecclesiali,
se non trova validi strumenti di attuazione”: è quanto affermato ieri dal cardinale
segretario di Stato, Tarcisio Bertone, alla presentazione dell’opera “Iustitia et
iudicium”, studi di diritto matrimoniale e processuale, in onore del canonista e giudice
mons. Antoni Stankiewicz. Nel suo intervento al Palazzo della Cancelleria, il porporato
ha sottolineato che “inefficaci rimangono quelle leggi che non incidono sulla quotidianità
dei rapporti umani o che, per mancanza di adeguati strumenti applicativi, restano
lettera morta”. Nella Chiesa, ha proseguito, “non bastano gli organi giurisdizionali;
insufficienti sono gli strumenti di produzione giuridica, di interpretazione della
legge e di applicazione della norma anche se accompagnate da corrispondenti sanzioni”.
La
Chiesa, ha rilevato ancora, “sa che la sua azione legislativa, giudiziaria e coattiva,
per essere pienamente efficace, deve produrre convincimenti nel singolo e nella comunità
non solo a livello di comportamento esteriore, ma anzitutto di coscienza”. Il cardinale
Bertone ha dunque sottolineato che è “proprio partendo da questa esigenza fondamentale
che emerge la necessità pratica che la dottrina come la norma canonica siano accompagnate
da una valida ed intelligente azione pastorale”. D’altro canto, ha avvertito, “la
pastorale nella Chiesa presuppone un’idonea formazione dottrinale; esige e postula
delle direttive talora anche sanzionate dalla norma giuridica, le quali permettono
un’ordinata convivenza tra gli individui e, quindi, in ultima analisi, sono a servizio
del bene comune”. In definitiva, ha concluso il cardinale Bertone: “Come la dottrina
senza la pastorale resta lettera morta, così la pastorale senza la dottrina resta
evanescente e rischia di produrre modelli da evitare piuttosto che da seguire”.
In
particolare, circa il diritto matrimoniale, il segretario di Stato vaticano ha ribadito
che “se il discorso giuridico sul matrimonio non avesse basi teologiche, le sue conclusioni
ed il complesso delle norme cui dà origine non sarebbero di natura canonistica, cioè
ecclesiale”. Quando dunque viene “disatteso il dato teologico, ne deriva una visione
giuridica puramente positivista, naturalista, priva pertanto della luce soprannaturale
e della forza evangelica che il dato sacramentario” del matrimonio le avrebbe conferito.
Il porporato ha ringraziato mons. Stankiewicz per il suo lungo ministero giudiziale
presso il Tribunale Apostolico della Rota Romana. Un compito, ha detto, che per mons.
Stankiewicz è diventato “un impegno di vita, quasi una vocazione sacerdotale”.