Indonesia: l’impegno dei cattolici per gli sfollati del vulcano Merapi
In Indonesia si aggrava il bilancio degli sfollati causati dall’eruzione del vulcano
Merapi. Secondo quanto riferisce all'agenzia Misna il direttore della Caritas-Semarang,
Methodius Kusumahadia, sono ormai 287.000 gli sfollati costretti a vivere in 290 campi
allestiti dal governo o presso parenti e amici. “Il vulcano continua ad eruttare gas,
in tutte le direzioni, mentre nei primi giorni le emissioni si dirigevano soprattutto
verso ovest” ha precisato Kusumahadia. “Non ci sono ancora le condizioni per un rientro
a casa, la gente ha paura. Tuttavia, gli aiuti sono ben organizzati, il governo provvede
ai pasti e ad altri aiuti, la Caritas fornisce un aiuto logistico. L’atmosfera tra
gli sfollati è calma. Gli uomini tendono a tornare durante il giorno nei propri villaggi
per controllare la situazione, mentre donne e bambini rimangono nei campi”, ha aggiunto
il responsabile della Caritas. Tutta la comunità cattolica è in prima linea nell’assistenza
alla popolazione. Nell’arcidiocesi di Semarang, che comprende le cinque reggenze più
colpite dall’eruzione, decine di parrocchie hanno organizzato programmi di aiuto,
mettendo a disposizione di quanti fuggono chiese, scuole, conventi e case private.
Padre Mathews Purwatma, del St. Paul’s High Seminary di Kentugan, afferma all'agenzia
AsiaNews che sono oltre 900 i profughi ospitati nelle strutture del seminario. La
maggior parte sono cattolici di parrocchie vicine, ma vi sono anche molti musulmani
e indù. “Essi – racconta il sacerdote – sono curati dai nostri studenti che provvedono
al loro sostentamento fisico e spirituale”. Il religioso afferma poi che in questa
situazione, tutti i cattolici sono chiamati ad aiutare i bisognosi guidati dall’amore
e dalla compassione di Cristo. A Tanah Mas, area colpita da una recente alluvione,
il parroco non potendo ospitare i profughi nei locali, ha invece organizzato un servizio
mobile di aiuti alimentari attivo nelle città di Muntilan, Sleman e Boyolali. “La
risposta per me è stata subito chiara – afferma padre Aloysuis Budi Purnomo – andare
avanti con la nostra missione tra gli sfollati. Le alluvioni qui a Tanah Mas sono
ormai una cosa comune e la gente sa come agire”. Nella città di Yogyakarta e nei villaggi
più vicini all’eruzione la continua fuoriuscita di lava, cenere e lapilli non ha permesso
ad autorità e agenzie umanitarie di organizzare campi stabili per i profughi. I pochi
presenti sono pieni e centinaia di persone sono bloccate da giorni in rifugi di fortuna.
Per soccorrere questa gente due medici cattolici dell’ospedale cattolico Panti Rapih
hanno organizzato una serie di ambulatori nei vari rifugi. (M.G.)