2010-11-12 15:36:44

Il G20 di Seul non supera le divergenze sulla ripresa economica


Si notano alcuni progressi, ma la ripresa è ancora lenta e fragile. Il documento finale del vertice G20, che si è concluso oggi a Seul, lascia in piedi tutti gli interrogativi e i rischi della crisi economica. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:RealAudioMP3

Il G20 non è riuscito a superare le profonde divergenze sulla politica monetaria mondiale che continueranno, quindi, a influire negativamente sull’economia globale. I leader hanno respinto la proposta americana di contrastare la sottovalutazione della moneta cinese. Nel comunicato finale, molto annacquato nei toni, si sono limitati a impegnarsi a non ricorrere a speculazioni competitive delle valute per favorire le proprie crescite. Il cosiddetto ‘piano di Seul’ invita, inoltre, gli Stati a rimanere vigili sugli eccessi di volatilità delle monete. Sul fronte degli squilibri commerciali, si sottolineano il no al protezionismo e la necessità di ridurre gli eccessi a livelli sostenibili. Il G20 rimanda, però, lo studio delle linee guida a successivi gruppi di lavoro insieme al Fondo Monetario Internazionale e alle altre organizzazioni finanziarie. Una prima verifica sarà a metà del 2011. Secondo alcuni, questo G20 ha messo a nudo l’indebolimento degli Stati Uniti sulla scena internazionale. Il presidente statunitense Obama ha ricordato che l’economia americana è un motore importante per tutti i Paesi, auspicando che la Cina porti lo yuan a livelli di mercato.

Dal G20, dunque, l’allarme sui rischi di una nuova caduta dell’economia mondiale. Sulle ragioni di tali pericoli, Giada Aquilino ha intervistato Francesco Carlà, presidente di Finanza World:RealAudioMP3

R. – Esiste il problema delle economie - soprattutto europee e anche degli Stati Uniti - che sono uscite molto indebolite dalla crisi finanziaria del 2008 e non solo, con conseguenti problematiche sui cambi di svalutazioni competitive, svalutazione delle monete e problemi anche per i titoli di Stato. In questo scenario, poi, ci sono i Paesi che vanno meglio e quelli che vanno peggio. Quelli che vanno meglio - Germania e anche un po’ Francia in Europa, e naturalmente le economie emergenti, come la Cina e quelle asiatiche - hanno meno interesse di quanto, invece, abbiano gli Stati Uniti e altri Paesi più in difficoltà a trovare un accordo sui cambi. Quindi, c’è un po’ uno stallo, una situazione - anche quella affrontata dal G20 – che, da un punto di vista politico, non sembra ancora molto solida. Da un punto di vista economico, anche per questo scenario e per queste cause, la ripresa risulta ancora anemica e debole.

D. – Da Seul è arrivato un richiamo a non attuare svalutazioni monetarie competitive, procedimento, invece, attuato anche di recente. Cosa significa?

R. – E’ un buon proposito ma gli Stati Uniti sono i principali imputati di questa vicenda delle svalutazioni competitive, stampando titoli a tutto spiano per indebolire il dollaro e per rafforzare la loro ripresa delle esportazioni e, ancora più importante, per ridurre il valore assoluto dell’enorme debito pubblico americano, che è uscito molto ampliato dagli interventi che hanno dovuto fare nel 2008 …

R. – Per il nodo degli squilibri commerciali si è tornati a dire no ai protezionismi…

R. – Anche sul fronte degli scambi commerciali ci sono tali squilibri perché in questo momento la forza di Paesi esportatori come la Cina si scontra con la difficoltà, invece, di altri Paesi. Anche la Germania ha una grande forza di esportazione, mentre altri Stati hanno molta più difficoltà a realizzare questa capacità di esportazione e per questo usano tutti i mezzi che possono, tra cui anche le svalutazioni.

R. – In campo europeo, oltre ad affrontare la crisi irlandese in atto, a Seul è emerso un forte ruolo della Germania ancora più della Francia, che assume ora la guida del G20. Si potrebbe creare un asse Berlino-Pechino?

D. – Da un punto di vista economico sono abbastanza schierate dalla stessa parte perché sono i due massimi Paesi esportatori in questo momento. La Germania ha ristrutturato la sua economia durante gli anni in cui si poteva fare e ora si trova in condizioni molto positive da un punto di vista economico. La Cina sfrutta la possibilità di tenere sotto controllo lo yuan, oltre ad avere altri fattori noti: cioè, il fatto che, per esempio, il mercato del lavoro cinese non subisce le stesse regole, gli stessi diritti di quello europeo e anche di quello americano; inoltre, la protezione dell’ambiente non è garantita allo stesso modo … Quindi, per una serie di fattori - monetari e non solo - per una forza intrinseca dei prodotti, dell’economia, si trovano abbastanza sullo stesso piano. Dall’altra parte, ci sono gli Stati Uniti che hanno un problema di debito pubblico che vogliono ridurre il più possibile o comunque controllare e poi vogliono cercare di tenere il dollaro più debole possibile per garantirsi maggiore esportazione. Anche se, in realtà, la forza dell’esportazione americana è sempre stata nei prodotti ad alta tecnologia, dove il vantaggio di un dollaro più debole, onestamente, io non lo vedo. (bf)







All the contents on this site are copyrighted ©.