Congo: i missionari denunciano nuove minacce per la stabilità del Kivu
Allarme e preoccupazione per l’instabilità nel nord e sud Kivu vengono espresse da
fonti missionarie presenti nelle martoriate regioni orientali della Repubblica Democratica
del Congo. Un missionario da Bukavu (che per ragioni di sicurezza desidera non essere
citato), ha detto all'agenzia Fides che nella regione si colgono segnali “non rassicuranti”.
Nel nord Kivu, nell’area di Lubero, la popolazione è addolorata per l’uccisione di
don Christian Mbusa Bakulene. Gli abitanti dell’area accusano i soldati delle Forze
armate congolesi (molti dei quali sono ex ribelli del Congresso Nazionale per la Difesa
del Popolo) di depredare i civili. “Anche nel sud Kivu, nei scorsi giorni vi sono
state proteste della popolazione contro il proseguimento dell’operazione “Amani Leo”,
condotta dall’esercito congolese e da quello rwandese contro le Forze Democratiche
di Liberazione del Rwanda” dice il missionario. Secondo fonti di stampa, nel Kivu
si starebbero concentrando alcuni gruppi che si oppongono sia al governo del Rwanda
che a quello del Burundi, che hanno costituito un’alleanza informale. Per contrastare
questi movimenti, di recente si è tenuta a Bujumbura, capitale del Burundi, una riunione
dei capi delle intelligence della Repubblica Democratica del Congo, del Rwanda e del
Burundi. Gli osservatori locali hanno sottolineato la significativa assenza di un
rappresentante dell’intelligence dell’Uganda, a conferma di un raffreddamento dei
rapporti tra Kigali e Kampala. L’incontro di Bujumbura potrebbe significare un’intensificazione
delle attività militari nel Kivu, come conferma la fonte di Fides: “Sono in crescita
le voci su una nuova operazione militare congiunta tra l’esercito congolese e quello
rwandese nell’area”. Il Kivu è ricco di risorse naturali che sono indispensabili
alle economie più avanzate. Tra queste vi è pure il metano che si trova al di sotto
del lago Kivu. Questa risorsa costituisce però una grave minaccia ambientale, perché
si teme che possa provocare un rilascio violento di anidride carbonica 300 volte più
importante di quella verificatasi il 21 agosto 1986 al di sotto del lago Nysos, in
Camerun, che provocò 1.800 morti per asfissia. Vi sono dei progetti per estrarre il
metano dal fondo del lago, per ora rimasti non attuati. “La popolazione è poco informata
di questo rischio. D’altronde ha altro a cui pensare e le autorità non fanno nulla
per avvertirla. Le manifestazioni dell’ecosistema, in fondo, sono lo specchio di quello
che l’uomo sta provocando in questa regione” conclude il missionario. (M.G.)