I nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme Est mettono a dura prova il processo di
pace
“Sono enormi gli ostacoli che rimangono sulla via della pace”. Così il presidente
statunitense Obama - dall’Indonesia, dov’è stato in visita - ha commentato la notizia
sui nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme Est; oltre 1300 costruzioni che rischiano
di far arenare definitivamente il processo di pace. Il servizio è di Graziano Motta:
La costruzione
di nuove abitazioni a Gerusalemme Est ed Ariel sta causando, come abbiamo sentito,
moltissime reazioni in ambito internazionale. Per un commento sulle ripercussioni
reali sul processo di pace, Salvatore Sabatino ha sentito Maria Grazia Enardu, docente
di Storia e Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze:
R. – L’iniziativa
è improvvida, ma anche necessaria, perché la decisione di costruire nuovi appartamenti
nei sobborghi di Gerusalemme e nella città di Ariel, viene presa dalle municipalità
che procedono con i loro tempi e i loro metodi. E’ chiaro che questo annuncio, in
un momento in cui il primo ministro israeliano è a Washington a fare discorsi che
devono incoraggiare il processo di pace, capita in modo assolutamente devastante;
ma questo nulla toglie alle linee di fondo, cioè che Israele continuerà a costruire.
Le chiama costruzioni per “crescita fisiologica” e ha ragione, ma è anche vero che
questo avviene su territori contesi.
D. – L’amministrazione americana ha spinto
moltissimo per la ripresa dei negoziati. Il fatto che Obama abbia perso le elezioni
di “mid-term” avrà delle conseguenze concrete per il processo di pace?
R. –
Purtroppo sì, perché, per due anni, l’amministrazione americana, salvo fatti imprevedibili,
non avrà un ruolo forte nella ripresa vera di un processo di pace. Non ci credono
i palestinesi, non ci credono gli israeliani – e infatti anche questi ultimi fatti
paiono indicare che gli israeliani sanno di poter procedere su una doppia linea di
diplomazia e anche di fatti sul terreno – e non ci credono neanche gli americani,
che hanno priorità anche internazionali di maggior livello. Quindi aspetteremo almeno
due anni.(ap)