2010-11-09 16:21:31

Myanmar, 20 mila profughi per gli scontri del dopo-voto


Sulle elezioni politiche di domenica in Myanmar mancano ancora i dati ufficiali, ma l’opposizione accusa la giunta militare al potere - che rivendica l’80% dei seggi - di aver manipolato le consultazioni. Intanto sono saliti a circa 20 mila i birmani rifugiatisi in Thailandia a seguito dei combattimenti scoppiati subito dopo il voto. “Temiamo una recrudescenza del conflitto, con grave sofferenza dei civili”: è quanto ha riferito all’Agenzia Fides una fonte nella Chiesa del Myanmar, chiedendo l’anonimato. Su questa nuova emergenza e sul flusso di profughi al confine tra i due Paesi, ascoltiamo il collega Stefano Vecchia, raggiunto telefonicamente a Bangkok da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. - Fino a poco fa continuava, seppur a rilento. Al momento, c’è anche un flusso contrario, dovuto alle notizie di una cessazione degli scontri nella cittadina di Myawaddy: alcuni profughi hanno iniziato a rientrare, incentivati anche dal governo thailandese, che ha offerto ospitalità, ma condizionata ad un soggiorno breve. Nel contempo, però, altri stanno entrando in Thailandia.

D. - Perché sono scoppiati gli scontri?

R. - Una fazione dell’etnia Karen ha impegnato proprio nella cittadina di Myawaddy i reparti dell’esercito birmano, occupando alcuni edifici pubblici. Un atto dimostrativo per far capire che le etnie minoritarie, quelle cioè che non hanno siglato un accordo di pace e di cessate-il-fuoco con la giunta, sono ancora pronte a rivendicare una loro autonomia, nonostante i risultati delle elezioni siano favorevoli alla giunta stessa.

D. - Proprio il partito vicino ai militari ha già rivendicato l’80 per cento dei seggi…

R. – Esattamente. Un risultato previsto, data la situazione in cui si è andati alle urne, ma in qualche modo anche sorprendente per la sua entità, perché i dati dell’affluenza erano estremamente bassi e l’opposizione è stata compatta e forte, soprattutto nei grandi centri urbani. L’opposizione, già ieri sera, aveva detto che non avrebbe approvato un risultato favorevole alla giunta e questo per i brogli e per la situazione del voto; ma, allo stesso tempo, ha accettato ed ammesso la propria sconfitta, mettendo sul tavolo le carte in modo assolutamente chiaro: quindi sconfitti, ma non disposti ad accettare il risultato.

D. - L’Asean e la Cina hanno salutato queste elezioni in Myanmar come un significativo passo in avanti, mentre nelle scorse ore c’era stata la condanna dell’Onu: Ban Ki-moon aveva detto che non sono state elezioni trasparenti. Come leggere queste posizioni?

R. - Vanno lette nella politica abituale di queste due realtà, appunto la Cina e l’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico, di cui il Myanmar fa parte: una posizione vicina alla giunta, per rapporti economici e commerciali molto stretti. Non è, però, un appoggio politico esplicito e non lo è mai stato. Certamente il fatto che questi Paesi non applichino sanzioni e non abbiano nemmeno mai condannato la situazione, chiaramente favorisce il mantenimento del potere da parte dei militari. (mg)








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