2010-11-08 16:29:30

Sì degli Usa al seggio permanente dell’India all’Onu: lo annuncia Obama al Parlamento di New Delhi. Forti critiche per le elezioni rubate in Birmania


Gli Stati Uniti appoggeranno l’India nella richiesta di un seggio permanente all’Onu. Lo ha annunciato il presidente, Brack Obama, nel discorso al parlamento di New Delhi, durante il quale ha anche ribadito di volere un mondo senza armi nucleari e ha fortemente criticato le elezioni in Birmania definendole "rubate". La visita di Obama ha suscitato le proteste dei maoisti: nelle ultime ore, in due incidenti nello Stato del West Bengala e nel vicino Bihar sono morte cinque persone. Ma torniamo ai pronunciamenti di Obama in questo quinto e ultimo giorno di visita in India, con il servizio di Fausta SperanzaRealAudioMP3

Il presidente Barack Obama ha annunciato il pieno sostegno degli Stati Uniti all'ingresso dell'India nel Consiglio di sicurezza dell'Onu come membro permanente. “L'ordine internazionale giusto e sostenibile che l'America cerca – ha detto parlando al parlamento indiano – include Nazioni Unite che siano efficienti, efficaci, credibili e legittime”. Dunque, questo è il motivo – ha spiegato – per cui posso dire oggi che per gli anni a venire desideriamo un Consiglio di sicurezza riformato che includa l'India come suo membro permanente”. A proposito di equilibri mondiali, Obama ha detto: “La mia visione è quella di un mondo senza armi nucleari” e per questo bisogna che siano un successo i Trattati di non proliferazione nucleare”. Prima di recarsi nel parlamento di New Delhi, Obama ha ricevuto Sonia Gandhi, presidente del Partito del Congresso al potere e considerata una delle donne più potenti del mondo. Successivamente, Obama ha anche ricevuto Sushma Swaraj, leader in parlamento del Bjp, principale partito dell'opposizione (centro-destra) indiana. Prima ancora, c’era stato il colloquio con il premier Singh, nel quale Obama senza sbilanciarsi si era detto d’accordo sulla necessità che le istituzioni internazionali, compreso l'Onu, riflettano le realtà del 21.mo secolo”. Nell’incontro si era parlato anche di altro: situazione in Kashmir, imprese, lavoro ed economia. L'India ha detto il premier Singh non ha alcun interesse a "rubare" posti di lavoro agli Usa, a proposito della delocalizzazione di alcune industrie statunitensi in Oriente. Anzi: New Delhi e Washington, ha aggiunto, lavoreranno come “partner alla pari". Obama ha difeso l'operato della Federal Reserve di immettere nuova liquidità nei mercati. "Il mio mandato e quello della Fed ha detto il capo della Casa Bianca è quello di far crescere l'economia. Questo non va bene soltanto agli Stati Uniti ha aggiunto ma a tutto il mondo”. Rispondendo inoltre a una domanda sull’annosa questione del Kashmir, Obama ha precisato che Washington non può imporre una soluzione al riguardo, ma solo facilitare il raggiungimento di un’intesa, precisando di ritenere che "sia il Pakistan, sia l'India abbiano interesse a ridurre le tensioni”.

Gli Usa respingono l’appello di Israele per una minaccia militare “credibile” all’Iran
Gli Stati Uniti respingono l'appello di Israele che auspica una minaccia militare credibile contro l'Iran per evitare che il Paese si doti di armi nucleari. Lo ha detto il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, a Melbourne, in occasione della riunione annuale dei ministri di Esteri e Difesa di Usa e Australia. “Non sarei d'accordo - ha affermato - nel dire che solo una minaccia militare credibile possa convincere l'Iran a prendere misure per mettere fine al suo programma di armi nucleari. Siamo pronti a fare quello che è necessario, ma in questo momento noi continuiamo a pensare che l'approccio economico e politico che abbiamo adottato abbia un impatto effettivo sull'Iran”.

Iraq: ennesima domenica di violenze per la comunità cristiana di Baghdad
Una settimana dopo la strage nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad, costata la vita a 58 persone, la comunità cristiana irachena piange l’uccisione di altri due suoi fratelli. Colpite duramente anche le città sante sciite di Kerbala e Najaf. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Ennesima domenica di sangue per la comunità cristiana irachena, colpita da due distinti agguati avvenuti ieri a Baghdad. Louay Daniel Yacoub, 49 anni, era davanti all’ingresso del suo appartamento, quando sconosciuti lo hanno freddato a colpi d’arma da fuoco. Un altro cristiano è stato ucciso con le stesse modalità, ma di lui non è stata ancora resa nota l’identità, riferiscono fonti locali di AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza. Ma questa nuova fiammata di violenza non risparmia nemmeno i cittadini di fede musulmana, come dimostrano i due attentati di oggi nelle città sante sciite di Kerbala e Najaf. Due autobomba hanno causato la morte di almeno 13 persone, fra le quali si contano diversi pellegrini iraniani. Eppure, la scorsa settimana tutta la nazione si era stretta attorno alla comunità cattolica per dire no alle violenze settarie. Lo scorso 5 novembre, durante la preghiera del venerdì, le moschee a Kirkuk hanno condannato il “barbarico attentato” contro la chiesa della capitale. Gli imam sunniti e sciiti della città dell’Iraq del nord hanno chiesto a gran voce che venga preservato il “mosaico iracheno” di etnie e religioni. Gli stessi imam hanno chiesto ai musulmani di proteggere i cristiani, definendoli un “modello di lealtà”. E ieri cristiani di Baghdad hanno assistito alla prima Messa celebrata nella cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, dopo il massacro del 31 ottobre. A Margine della celebrazione il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Warduni, ha chiesto nuovamente alla comunità internazionale di aiutare i cristiani iracheni a rimanere nel proprio Paese e a favorire l’integrazione di chi vive oltre confine.

In questo clima di violenza, a livello politico si attende l’ufficializzazione dell’accordo tra i partiti per la formazione di un governo di unità nazionale, con lo sciita Al Maliki, confermato alla carica di premier, con l’appoggio dell’ex rivale, il sunnita Allawi. Nella città curda di Erbil è in corso il vertice che dovrebbe concludersi con l’annuncio del nuovo esecutivo. Ma quale scenari apre questa fase? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Don Renato Sacco di Pax Cristi, rientrato da poco dall’Iraq:RealAudioMP3

R. - Non sono in grado di dire se sarà un governo che davvero cerca la pace. In Iraq ci sono molti interessi: qualcuno vuole quadruplicare l’estrazione del petrolio, e quindi interessi economici, interessi politici di vario genere. Sicuramente è trascorso troppo tempo, da marzo ad oggi, senza un governo, per cui ben venga un esecutivo anche se bisogna vedere se sarà davvero finalizzato al rispetto della democrazia, ad alcuni principi fondamentali, o se invece sarà condizionato in sostanza dai “poteri forti” non solo economici, ma in questo caso anche politici. Resta il fatto che, alla speranza di un governo, si unisce il dolore delle minoranze, in particolare dei cristiani.

D. - Lei crede che tra le sfide che il nuovo governo deve affrontare, ci sia quella di riuscire a convogliare tutte le etnie, le parti irachene nel sentimento di sentirsi un’unica nazione?

R. - Io lo spero. Ho qualche dubbio, perché qualcuno lavora per una divisione dell’Iraq in tre: infatti, nella divisione in tre, curdi, sunniti e sciiti, ancora di più le minoranze, ancora più i cristiani, pagheranno la distruzione di questo mosaico. Sarebbe una sconfitta non solo per l’Iraq, ma per tutto il Medio Oriente, darebbe origine ad una valanga che forse non riusciamo ad immaginare. (ma)

Accordo Usa-Australia: si apre una nuova fase di alleanza
Le forze armate Usa avranno un maggiore accesso ai porti e alle basi militari australiane, nel quadro di un accordo raggiunto oggi a Melbourne alla riunione ministeriale annuale di Esteri e Difesa, che conferma la volontà di Washington di giocare un ruolo più esteso nella regione dell'Asia-Pacifico. Alla riunione detta Ausmin hanno partecipato il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, nell'ultima tappa di un tour di 10 giorni in sei nazioni nella regione, il segretario alla Difesa, Robert Gates, e i ministri australiani degli Esteri, Kevin Rudd, e della Difesa, Stephen Smith. L'accordo di una nuova fase dell'alleanza prevede fra l'altro più frequenti visite di mezzi della marina e dell'aeronautica Usa e più esercitazioni congiunte, e una revisione dell'utilizzo delle basi in Australia per rifornimenti di mezzi militari. Nel corso dei colloqui, sono state prese in esame la crescita, anche a livello militare, della Cina e la "exit strategy" dall'Afghanistan. Fra gli argomenti in agenda, la cybersicurezza, la lotta al terrorismo e l'uso pacifico dello spazio cosmico.

Scontri tra esercito birmano e un gruppo ribelle alla frontiera con la Thailandia
Scontri a fuoco tra l'esercito birmano e la fazione fedele a un generale ribelle di etnia Karen sono scoppiati questa mattina a Myawaddy, alla frontiera con la Thailandia, costringendo circa 10 mila persone a rifugiarsi oltre confine e provocando, secondo fonti raccolte dai siti dell'informazione della diaspora birmana, alcuni morti. I combattimenti coinvolgono dei ribelli Karen che seguono il generale Na Kham Mwe, un dissidente del "Democratic Karen Buddhist Army" (Dkba), che dall'anno scorso non ha accettato la decisione del movimento di entrare a far parte delle "Guardie di confine", il nuovo corpo istituito dalle forze armate birmane nel tentativo di inglobare diversi gruppi ribelli etnici attivi lungo tutto il confine orientale.

Droni in azione in Yemen contro il terrorismo
Il ministro degli Esteri yemenita ha confermato alla Cnn che alcuni droni - aerei senza pilota – sono in azione nel suo Paese sotto il controllo dell'esercito di Sanàa. "Gli attacchi dei droni sono condotti dall'Aeronautica yemenita ma scambiamo informazioni di intelligence con gli americani sulla localizzazione dei terroristi", ha detto Abu Bakr Abdullah Al Qirbi all'emittente Usa. Se fosse vero, commenta la Cnn, si tratterebbe di una "rara" concessione degli Usa alle Forze Armate di un Paese straniero. Il ministro ha precisato che gli attacchi sono stati "interrotti in dicembre a causa della possibilità di danni collaterali (vittime civili, ndr)", ma non ha confermato che non ci siano stati attacchi nell'ultimo mese. Ieri, il Washington Post aveva rivelato che gli Stati Uniti hanno deciso di puntare sui droni per attaccare le basi di al Qaeda in Yemen. Le fonti citate dal quotidiano avevano però precisato che i bombardamenti da parte dei velivoli non erano ancora iniziati. Al Qirbi ha confermato che, al momento, i droni vengono utilizzati per operazioni di sorveglianza. Lo Yemen è il Paese dal quale sono partite recentemente le minacce terroristiche più pericolose: il ramo di al Qaeda (l'AQAP), guidato dall'estremista nato in Usa, Anwar al-Awlaki, ha rivendicato i pacchi-bomba sugli aerei ed è responsabile del tentato attentato di Natale su un volo della Delta Airlines.

Gli Usa chiedono al Sudan di garantire regolarità nei referendum dei prossimi mesi
Gli Stati Uniti toglieranno il Sudan dalla loro lista degli Stati sponsor del terrorismo già nel luglio 2011 se Khartoum garantirà che due referendum cruciali per il Paese si svolgeranno come previsto il prossimo gennaio e che i risultati delle consultazioni saranno rispettati. Lo hanno riferito fonti politiche americane. Il presidente Usa, Obama, ha avanzato la proposta tramite il senatore, John Kerry, presidente della Commissione esteri del Senato, che ha di recente visitato due volte il Paese africano. Le fonti hanno precisato che le sanzioni imposte dagli Stati Uniti al Sudan per il Darfur non saranno tolte finchè Khartoum non farà progressi per risolvere la drammatica situazione umanitaria nella regione. I due referendum paralleli sono in programma il 9 gennaio prossimo: il primo è sull'autodeterminazione del Sud Sudan, che potrebbe decidere per la secessione; il secondo riguarda la regione petrolifera contesa di Abyei, i cui abitanti devono decidere se restare con il Nord o passare al Sud Sudan. Le due consultazioni erano state decise con l'accordo di pace del 2005, che pose fine a una trentennale guerra civile fra il Nord arabo-musulmano e il Sud cristiano e animista nel più grande Paese africano. Il Dipartimento di Stato Usa ha inserito il Sudan nella lista degli Stati sostenitori del terrorismo nel 1993, accusando Khartoum di dare ospitalità a miliziani integralisti, incluso per un certo periodo il capo di Al Qaida Osama bin Laden.

Sequestrati due stranieri in Nigeria
Uomini armati hanno attaccato un impianto petrolifero nello Stato sudorientale nigeriano di Akwa Ibom, sequestrando diverse persone tra le quali due stranieri. Lo riferiscono fonti della sicurezza. L'attacco, è stato precisato, è avvenuto nell'impianto di Okoro. L'area di Akwa Ibom, nel Delta del Niger, è ricchissima di petrolio e gas: tra il 2008 e il 2010 sono stati registrati 100 rapimenti.

Centodue immigrati irregolari sulle coste della provincia italiana di Crotone
Sono complessivamente 102 gli immigrati giunti ieri sulle coste in provincia di Crotone, nel sud d’Italia, a bordo di un motoscafo di oltre 20 metri. Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza nel corso delle ore hanno rintracciato altri immigrati. Sono stati portati nel centro Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto. Gli immigrati sono tutti uomini. Tra loro ci sarebbero sei minorenni.

In Irlanda il rischio debito sale a nuovi massimi
Sale a nuovi massimi il rischio default dell’Irlanda per i timori legati al costo del salvataggio del sistema finanziario del Paese: in base ai dati citati dall'agenzia Bloomberg, i credit default swaps (cds) sul debito dell’Irlanda sono aumentati di 28 punti in base al nuovo record di 606 punti. Oggi, il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, è in missione a Dublino per esaminare il piano antideficit del governo e intanto i titoli di Stato irlandesi sono in ribasso per il decimo giorno di fila, come non accadeva da quasi due anni. Appesantito dai timori per i conti pubblici dell’Irlanda, l'euro resta sotto quota 1,39 dollari. La moneta europea è scivolata a 1,3893 dollari contro 1,4032 degli ultimi scambi di venerdì scorso a New York.

Grecia, il partito socialista vince di un soffio le amministrative
Il partito socialista greco Pasok ha vinto ieri di un soffio le elezioni amministrative, trasformatesi in referendum nazionale sulla politica del governo, in sette delle tredici mega-regioni, secondo i dati ufficiali su una media del 94% dei voti contati. Il premier, Giorgio Papandreou, si è dichiarato soddisfatto di un risultato che mantiene ancora leggermente in testa il Pasok, dopo un anno di crisi e proteste sociali per i tagli a salari e pensioni. E ha spazzando via l'ipotesi, da lui stesso evocata, di possibili elezioni anticipate in caso di sconfitta. “Il popolo che ci portò al potere un anno fa ha confermato che vuole il cambiamento, e quindi proseguiremo subito per la nostra strada e i nostri obiettivi” ha detto ieri sera Papandreou commentando a caldo i primi risultati. Ma l'opposizione sottolinea il magro risultato, che riduce dal 10% delle politiche al 2,5% il vantaggio del Pasok nei confronti del secondo partito Nuova Democrazia (ND, centrodestra) e fa crescere sensibilmente il Partito comunista (Kke), che supera l'11% contro il 7,5% delle politiche in mezzo ad una forte astensione di circa il 40%. Ciò dimostrerebbe, secondo l'opposizione di destra e di sinistra, che “gli elettori hanno respinto la politica di austerità” varata dal governo insieme a Ue e Fmi.

In Azerbaigian largamente in testa il partito al potere alle legislative di ieri
Il partito al potere in Azerbaigian con il presidente Ilham Aliev è largamente in testa alle elezioni legislative svoltesi ieri nel Paese e dovrebbe ottenere almeno 74 dei 125 seggi del parlamento. Lo ha riferito la Commissione elettorale, dopo lo spoglio di oltre l'80% dei voti. I risultati rafforzano il dominio di Aliev e del suo partito Yeni Azerbaigian sulla vita politica del Paese, al termine di elezioni che l'opposizione ha definito non democratiche e macchiate da frodi. I candidati indipendenti hanno ottenuto 36 seggi, secondo i risultati forniti dalla Commissione elettorale centrale. L'alleanza dell'opposizione formata dal Fronte popolare e dal partito Musavat con ogni probabilità non otterrà alcune seggio.

Per le ultime eruzioni del vulcano Merapi sono morte 158 persone
Sale a 158 morti il bilancio dell'eruzione del vulcano Merapi nell'isola indonesiana di Giava, iniziata il 26 ottobre scorso. Lo riferisce la Cnn citando fonti mediche locali. Ieri, intanto, dal vulcano si sono prodotte due estese colate piroclastiche, che producono una nuvola di cenere e lapilli che viaggia ad una velocità di 50-300 km/h. Le esplosioni sono state udite fino a 20 km dal vulcano. L'eruzione ha causato nei giorni scorsi la cancellazione di numerosi voli: oggi è previsto il ritorno alla normalità. Singapore Airlines, una delle principali compagnie che operano nell'area, annuncia sul proprio sito che, sulla base dei dati disponibili, tutti i voli in programma "sono confermati".

Sale a 40 miliardi di dollari il costo per la Bp della marea nera nel Golfo del Messico
I costi del disastro ecologico della Deepwater Horizone nel Golfo del Messico per la società petrolifera Bp hanno toccato quota 40 miliardi di dollari. Lo ha reso noto la stessa compagnia, comunicando i suoi risultati finanziari per il terzo trimestre dell'anno. La stima dei conti da pagare ha quindi subito un ulteriore rialzo di 7,7 miliardi di dollari rispetto ad una precedente valutazione. La bolletta, secondo Bp, è lievitata a causa dei ritardi nei tentativi di tappare la falla e dei costi elevati delle operazioni di pulizia, insieme alle spese legali. A fine luglio, Bp aveva messo da parte 32,2 miliardi di dollari per coprire i costi delle operazioni di pulizia, portando alla società un buco finanziario record di 17 miliardi di dollari per il secondo trimestre del 2010. Il costo finale del maggiore disastro ambientale potrebbe però salire ancora. La Bp ha spiegato che la bolletta finale di 39,9 miliardi di dollari costituisce “la migliore stima che è possibile effettuare al momento”. Finora, Bp ha pagato 11,6 miliardi di dollari di spese complessive dopo l'incidente, ma deve ancora fare fronte al pagamento di ripuliture, richieste di risarcimento e una probabile multa multimilionaria da parte del governo Usa. Secondo il nuovo amministratore delegato di Bp, Bob Dudley, la società è “sulla strada” della ripresa dal disastro. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 312

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