2010-11-07 14:17:56

L'architetto capo della Sagrada Familia, Jordi Bonet: seguire il Gaudì, un'eperienza di arte e fede


Le riprese televisive internazionali della Messa di questa mattina hanno permesso di ammirare in tutta la loro maestosità in particolar modo gli interni della Basilica della Sagrada Familia. Un capolavoro di arte e architettura, universalmente riconosciuto, che Benedetto XVI ha voluto celebrare mettendo a fuoco alcuni tratti della geniale inventiva del creatore della Basilica, Antoni Gaudí. Sulla scia dell'architetto catalano, a proseguire oggi i lavori è l'achitetto Jordi Bonet, che all'inizio della celebrazione ha rivolto un saluto al Papa. Il nostro inviato a Barcellona, Paolo Ondarza, lo ha incontrato e gli ha chiesto come sia stato possibile in questi decenni proseguire la costruzione rimanendo fedeli al progetto originario:RealAudioMP3

R. – Gaudí era un uomo molto intelligente. Sapeva che la costruzione di un monumento così grande, pagato dalla gente, poteva durare non solo 20, 40, 50 anni, ma secoli… L’inizio è stato con la prima pietra, posta nel 1882; Gaudí è morto nel 1926. Ha lavorato alla Sagrada Familia per 41 anni ed ha lasciato elementi a sufficienza per la continuazione della sua opera. Tutta l’architettura, nuova, si basava sull’osservazione della natura e in natura sono presenti superfici molto resistenti senza una grande quantità di materiale. Allora, grazie alla geometria – perché l’architettura ha bisogno della geometria – grazie alla modulazione e alle proporzioni che si ripetono, è stato possibile lasciare in eredità al successore non solamente un’idea molto grande ma anche molto esatta, anche perché la geometria è una scienza esatta. Quindi, Gaudí ha usato superfici nuove, superfici rigate con doppia curvatura, iperboloidi, conoidi, elicoidali… ha giocato con queste proporzioni in maniera molto semplice ed ha usato modelli in gesso in scala 1:10. E’ vero che tutto gli studi di Gaudí sono andati distrutti il primo giorno della Guerra civile dai rivoluzionari, ma il gesso era rimasto. E grazie a questi modelli e al suo studio delle proporzioni abbiamo riscoperto regole geometriche che ci hanno dato la possibilità di continuare esattamente l’idea di Gaudí, pur senza la sua presenza.

D. – D’altronde, Gaudí sapeva che non avrebbe potuto completare quest’opera, tant’è che diceva: “Il mio committente, il mio cliente non ha fretta”…

R. – Gaudí diceva sempre: la Provvidenza l’abbiamo sempre, alla Sagrada Familia. E la Provvidenza mi ha portato a lavorare per oltre 25 anni per arrivare alla copertura di tutta la chiesa: 4.500 metri quadrati, con una capacità che arriva a 7-8 mila persone all’interno. E’ vero che mi sono trovato a dover tenere in conto la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, come pure la volontà del nostro cardinale arcivescovo di fare della basilica la sua sede. Infatti, nel primo progetto di Gaudì la basilica non era sede vescovile, e nel progetto non era previsto l’ambone. Mi sono quindi trovato nella necessità di progettare tutto il presbiterio, e questo implica un processo interpretativo importante, ma ero senza il Gaudí e la continuazione sembrava impossibile. E qui, c’è stato l’importantissimo aiuto dell’informatica, perché – per esempio – là dove si impiegava un mese per tagliare a mano la pietra, il granito in queste forme, con il computer, invece, è stato possibile in una notte. Una cosa che sarebbe stato possibile realizzare in due secoli, ora si potrà compiere in due anni.

D. – Questo tempio, architettonicamente parlando, non è costruito con cemento armato, ma semplicemente in pietra lavorata e si basa, quindi, su leggi del tutto diverse dai moderni metodi di costruzione…

R. – Il cemento armato non sappiamo quanto durerà: 100 anni?, 150? Perché il ferro e l’acciaio e l’acqua non sono amici... Tutta la copertura, per desiderio del Gaudí, non porta un solo grammo di acciaio: è stata fatta unicamente con la ceramica e con la pietra, con il granito. E così siamo sicuri di una lunga durata.

D. – Lei ha raccolto l’eredità nel proseguire i lavori. Però, mi veniva in mente che lei ha raccolto anche l’eredità spirituale di Gaudí, perché Gaudí oltre ad essere artista era anche uomo di fede. L’essere artista non può prescindere dall’essere uomo di fede, lavorando ad un’opera del genere?

R. – Questo è un mistero, perché la grazia della fede non dipende dalla persona: è un dono. Anche l’arte è un dono: non tutti sono artisti. Le dico una cosa curiosa: la facciata della Passione arriva alla morte e alla sepoltura di Gesù. La resurrezione non si vede. Perché? Perché nessuno ha visto la resurrezione. Bisogna entrare nella Chiesa per credere alla resurrezione: questo era il pensiero del Gaudí … (gf)

La cerimonia di dedicazione dei una Chiesa è un momento liturgico di particolare cura e complessità per la ricchezza della sua simbologia. Il nostro inviato, Paolo Ondarza, ha chiesto prima della celebrazione a padre Josep Arenas e Sampera, membro del Comitato liturgico per la celebrazione della Sagrada Familia, cosa abbia comportato la preparazione dell'evento di questa mattina, in rapporto a una Basilica così innovativa come quella progettata dal Gaudí:RealAudioMP3

R. – E’ un monumento conosciuto in tutta Europa e penso in tutto il mondo, come un’opera di grande valore artistico. Ma il pensiero di Gaudí era per Dio: una grande opera d’arte dedicata al Signore. Gaudí dceva: “Quando si suonerà il “Tantum ergo”, tutta Barcellona dovrà cadere in ginocchio”, perché voleva che le campane, l’organo si sentissero per tutta la città!

D. – Padre, quali sono stati i punti salienti della liturgia odierna?

R. – Per la Messa della dedicazione di una chiesa, il rituale è molto ricco. E’ come se fosse il battesimo della chiesa: il simbolo della chiesa-edificio è il simbolo della Chiesa reale che siamo noi: pietre vive. Quindi, si è iniziato con l’aspersione con l’acqua benedetta delle pareti e della gente. Poi, c’è stata la lettura della Parola di Dio, con l’omelia del Papa e quindi la liturgia di dedicazione, e ancora l’unzione dell’altare, l’incenso che come una colonna si eleva, e sono state illuminate tutte le colonne, che hanno una croce: 12 sono le colonne in questa chiesa, simbolo degli Apostoli. Gesù ha detto: “Voi siete la luce del mondo!”.

D. – Perché è tanto importante riscoprire i simboli, oggi?

R. – Perché io penso che sia molto umano: quando noi trascuriamo i simboli, la gente ne cerca altri.

D. – Ritiene che questo connubio tra arte e liturgia, così ben rappresentato nel Tempio della Sagrada Familia possa essere d’esempio anche per la costruzione di nuove chiese, oggi?

R. – Credo di sì. Gaudí ha vissuto in altri tempi. Alcune cose oggi le faremmo in maniera diversa. Penso che una bella chiesa faccia una degna liturgia … (gf)







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