2010-11-07 15:10:45

La riforma del Fondo monetario internazionale: più peso a Cina, India e Brasile


I vertici del Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno approvato venerdì sera a Washington l’accordo per la riforma dell’istituzione. Previste una ripartizione dei diritti di voto più conforme al peso delle economie emergenti, in particolare per la Cina, che ora diventa il terzo Paese più importante del direttivo, dopo Stati Uniti e Giappone e prima di Germania, Francia e Regno Unito. Il board del Fondo monetario internazionale rimane a 24 posti, con le economie avanzate dell'Unione Europea che perdono due seggi. Sul significato di questa intesa, Marco Guerra ha sentito Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo alla Statale di Milano e direttore della Fondazione “Giustizia e Solidarietà” della Conferenza episcopale italiana:RealAudioMP3

R. - Da sempre si è contestato al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale di aver dei meccanismi decisionali interni in cui erano fondamentalmente rappresentati i Paesi del Nord del mondo e sostanzialmente esclusi tutti gli altri. Una riforma interna al Fondo e alla Banca, che si chiama “delle voci e del voto”, è stata avviata diversi anni fa: questo è, forse, il passo più significativo, proprio perché vede un ruolo decisamente più rilevante della Cina ma anche degli altri Paesi emergenti. Da un lato, nulla da stupirsi perché si tratta di una ricomposizione, di un riequilibrio per certi aspetti necessario e dall’altro, va fatto notare che in questo riequilibrio i più poveri rimangono comunque fuori. Le quote dell’Africa non variano significativamente e nella "stanza dei bottoni", sostanzialmente, assieme agli europei e agli occidentali adesso ci saranno un po’ di più la Cina, l’India e il Brasile, ma certamente non quelli che sono gli ultimi del pianeta.

D. - Che cosa comporterà il maggiore spostamento d’influenza in favore delle economie emergenti?

R. - Forse un processo più democratico in ambito decisionale. La crisi finanziaria del 2008 ha mostrato una maggiore vulnerabilità di Europa, Giappone e Nord America e, viceversa, una più forte capacità di stabilità in modo particolare dell’America Latina, ma anche di diversi Paesi dell’Asia. Il Fondo monetario internazionale è ora chiamato, maggiormente rispetto al passato, ad un ruolo di governance o quanto meno di monitoraggio e di consiglio. E’ interessante il fatto che questo monitoraggio non sia più soltanto nelle mani dei Paesi occidentali. E’ una sorta di riapertura dei giochi che si sta verificando da qualche anno e che sicuramente l’elezione di Obama da un lato e la crisi del 2008 dall’altro hanno reso più evidente e necessario.

D. - A proposito di Obama, il peso crescente di Cina e India e le attenzioni del presidente americano rivolte all’Asia sembrano dimostrare che il nuovo asse dell’economia mondiale si sia spostato dall’Atlantico al Pacifico...

R. - Non vi è dubbio che vi sia una forte attenzione americana, o meglio statunitense, nei confronti dell’Asia e non vi è dubbio che vi sia una forte attenzione nei confronti della Cina. E’ in corso una decisa tensione affinché la Cina promuova il mercato interno, sposti verso il proprio interno una parte della propria produzione e abbia un corso dello yuan che sia più rappresentativo dei poteri di forza in gioco. Per fare tutto questo, gli Stati Uniti si stanno rivolgendo, in modo particolare, al Sudest asiatico non cinese e all’America Latina: fra qualche anno potremmo vedere una crescita consistente, da parte degli Stati Uniti, delle relazioni commerciali nord-sud interamericane e delle relazioni con il Pacifico non cinese. (mg)







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