Elezioni in Myanmar, critica di Obama: non sono libere né corrette
In primo piano le elezioni politiche in Birmania, le prime dopo 20 anni indette dalla
giunta militare al potere. I seggi si sono chiusi stamattina senza incidenti. In attesa
dei risultati ufficiali, è arrivato il commento del presidente americano, Barack Obama,
che da Mumbai, in India, ha definito le consultazioni “tutt’altro che libere o corrette”,
lanciando un appello al regime per la liberazione della dissidente Premio Nobel, Aung
San Suu Kyi. Il servizio di Eugenio Bonanata:
L’opinione
del capo della Casa Bianca è in linea con il pensiero dell’Occidente che parla di
elezioni-farsa. “Il popolo birmano – ha detto Obama – da troppo tempo si vede negare
il diritto di decidere del proprio destino”. Il riferimento è alle elezioni del 1990,
vinte da Aung San Suu Kyi ma annullate dalla giunta militare che per la tornata odierna
ha vietato l’ingresso nel Paese agli osservatori stranieri e ai giornalisti. Numerose
le denunce di diffuse irregolarità, come suggerimenti di voto da parte di funzionari
ai seggi e urne riempite di schede votate in anticipo. Sembra scontata la vittoria
dell’Usdp, il partito espressione del regime. Secondo gli analisti è impopolare tra
i 29 milioni di aventi diritto, ma garantirà ai militari la conquista della maggioranza
dei futuro parlamento a prescindere dell’esito delle urne. Testimoni oggi hanno riferito
di un clima tranquillo e di scarsa euforia alle sezioni elettorali della capitale
Rangoon, mentre la stampa di regime parla di partecipazione di massa. Le autorità
puntano infatti all’alta affluenza per legittimare il cammino verso la democrazia.
In assenza di exit pool, tutto sarà sancito dai risultati ufficiali di cui
si ignora la data di pubblicazione. Il conteggio partirà nelle prossime ore ma a sezioni
chiuse. Membri dei partiti dell’opposizione hanno chiesto al regime di annullare le
schede elettorali irregolari. Dai vertici militari nessun commento. Ieri, il premier,
Thein Sein, ha ricordato che “votare è un dovere”, mentre qualcuno guarda già al dopo-elezioni
ipotizzando la liberazione di Aung San Suu Kyi, in vista della scadenza della sua
prigionia fissata per sabato prossimo. Ad alimentare questa speranza non solo le parole
di Obama, ma anche l’arrivo del figlio della dissidente a Bangkok, in Thailandia,
con l’obiettivo di ottenere un visto per la Birmania.