Trascrizione integrale delle parole del Papa in aereo
Nostra trascrizione integrale del colloquio del Papa con i giornalisti durante il
volo verso Santiago de Compostela:
Santità, benvenuto per questo abituale
incontro con i colleghi giornalisti all’inizio di questo bel viaggio. E’ un viaggio
breve, un viaggio che suscita molto interesse. Posso dire che secondo le informazioni
dei giorni scorsi, in Spagna ci sono più di 3.000 giornalisti accreditati per seguire,
tra Santiago e Barcellona, di oltre 300 testate diverse. Quindi, è veramente molto
interesse. E qui, nel volo, con lei, abbiamo 61 giornalisti, 61 colleghi, e c’è una
grossa rappresentanza spagnola, naturalmente: otto sono i colleghi spagnoli accreditati
a Roma, che viaggiano con lei, e otto sono i colleghi spagnoli venuti apposta dalla
Spagna per fare tutto il viaggio, compreso questo volo, con lei. Voglio segnalare
la presenza della televisione di Galizia, della televisione di Catalogna che garantiranno
la copertura completa degli eventi di questo viaggio, anche con il loro lavoro, e
ne siamo molto grati. Allora, come al solito, le propongo alcune domande che sono
state formulate dai colleghi in questi giorni e che poi abbiamo scelto con un criterio
di interesse comune per illuminare il significato di questo viaggio. Partiamo naturalmente
da Santiago:
Santità, nel messaggio per il recente Congresso dei Santuari
che si svolgeva proprio a Santiago de Compostela, Lei ha detto di vivere il suo pontificato
“con i sentimenti del pellegrino”. Anche nel Suo stemma, c’è la conchiglia del pellegrino.
Vuole dirci qualcosa sulla prospettiva del pellegrinaggio, anche nella Sua vita personale
e nella Sua spiritualità, e sui sentimenti con cui si reca come pellegrino a Santiago?
Buongiorno!
Potrei dire che l’essere in cammino è già iscritto nella mia biografia – Marktl, Tittmoning,
Aschau, Traunstein, München, Freising, Bonn, Münster, Tübingen, Regensburg, München,
Roma – ma forse questa è una cosa esteriore. Tuttavia, mi ha fatto pensare all’instabilità
di questa vita, l’essere in cammino … Naturalmente, contro il pellegrinaggio uno potrebbe
dire: Dio è dappertutto, non c’è bisogno di andare in un altro luogo. Ma è anche vero
che la fede, secondo la sua essenza, è un essere pellegrino. La Lettera
agli Ebrei dimostra che cosa è fede nella figura di Abramo che esce nella sua terra
e rimane un pellegrino verso il futuro per tutta la vita, e questo movimento abramico
rimane nell’atto della fede, è un essere pellegrino soprattutto interiormente, ma
deve anche esprimersi esteriormente. Qualche volta, uscire dalla quotidianità, dal
mondo dell’utile, dell’utilitarismo, uscire solo per essere realmente in cammino verso
la trascendenza, trascendere se stesso, trascendere la quotidianità e così trovare
anche una nuova libertà, un tempo di ripensamento interiore, di identificazione di
se stesso, di vedere l’altro, Dio, e così è anche il pellegrinaggio sempre: non solo
un uscire da se stesso verso il più grande ma anche un andare insieme. Il pellegrinaggio
riunisce: andiamo insieme verso l’altro e così ci troviamo reciprocamente. Basta dire
che i cammini di San Giacomo sono un elemento nella formazione dell’unità spirituale
del Continente europeo. Qui peregrinando si sono trovati, hanno trovato l’identità
comune europea, e anche oggi rinasce questo movimento, questo bisogno di essere in
movimento spiritualmente e fisicamente, di trovarsi l’un l’altro e di trovare così
silenzio, libertà, rinnovamento, e di trovare Dio. Quale
significato può avere la consacrazione di un tempio come la Sagrada Familia all’inizio
del secolo XXI? E c’è qualche aspetto specifico della visione di Gaudí che L’ha colpita
in particolare? In realtà, questa cattedrale è un anche segno
proprio per il nostro tempo. Trovo nella visione di Gaudí soprattutto tre elementi.
Il primo, questa sintesi tra continuità e novità, tradizione e creatività. Gaudí ha
avuto questo coraggio di inserirsi nella grande tradizione delle cattedrali, di osare
nel suo secolo, con una visione totalmente nuova, di nuovo questa realtà: cattedrale
luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo in una grande solennità, e questo coraggio di
stare nella tradizione, ma di un creatività nuova che rinnova la tradizione e dimostra
così l’unità e il progresso della storia, è una cosa bella. Secondo, Gaudí voleva
questo trinomio: libro della Natura, libro della Scrittura, libro della Liturgia.
E questa sintesi è proprio oggi di grande importanza. Nella liturgia, la Scrittura
diventa presente, diventa realtà oggi, non è più una Scrittura di duemila anni fa
ma va celebrata, realizzata. E nella celebrazione della Scrittura parla la creazione,
parla il creato e trova la sua vera risposta perché, come ci dice San Paolo, la creatura
soffre, e invece di essere distrutta, disprezzata, aspetta i figli di Dio, cioè quelli
che la vedono nella luce di Dio. E così questa sintesi tra senso del creato, Scrittura
e adorazione è proprio un messaggio molto importante per l’oggi. E finalmente, terzo
punto, è nata questa cattedrale da una devozione tipica dell’Ottocento: San Giuseppe,
la Sacra Famiglia di Nazareth, il mistero di Nazareth, ma proprio questa devozione
di ieri, si potrebbe dire, è di grandissima attualità perché il problema della famiglia,
del rinnovamento della famiglia come cellula fondamentale della società è il grande
tema di oggi e ci indica dove possiamo andare sia nella costruzione della società
sia nella unità tra fede e vita, tra religione e società. Famiglia è il tema fondamentale
che si esprime qui, dicendo che Dio stesso si è fatto figlio in una famiglia e ci
chiama a costruire e vivere la famiglia. Gaudí e la Sagrada
Familia rappresentano con particolare efficacia il binomio fede-arte. Come può la
fede ritrovare oggi il suo posto nel mondo dell’arte e della cultura? E’ questo uno
dei temi importanti del Suo pontificato? E’ così. Voi sapete
che io insisto molto sulla relazione tra fede e ragione, che la fede, e la fede cristiana,
ha la sua identità solo nell’apertura alla ragione, e che la ragione diventa se stessa
se si trascende verso la fede. Ma ugualmente importante è la relazione tra fede e
arte, perché la verità, scopo e meta della ragione, si esprime nella bellezza e diventa
se stessa nella bellezza, si prova come verità. E quindi dove c’è la verità deve nascere
la bellezza, dove l’essere umano si realizza in modo corretto, buono, si esprime nella
bellezza. La relazione tra verità e bellezza è inscindibile e perciò abbiamo bisogno
della bellezza. Nella Chiesa, dall’inizio, anche nella grande modestia e povertà del
tempo delle persecuzioni, l’arte, la pittura, l’esprimersi della salvezza di Dio nelle
immagini del mondo, il canto, e poi anche l’edificio, tutto questo è costitutivo per
la Chiesa e rimane costitutivo per sempre. Così la Chiesa è stata madre delle arti
per secoli e secoli: il grande tesoro dell’arte occidentale - sia musica sia architettura
sia pittura - è nato dalla fede nella Chiesa. Oggi c’è un certo dissenso, ma questo
fa male sia all’arte sia alla fede: l’arte che perdesse la radice della trascendenza,
non andrebbe più verso Dio, sarebbe un’arte dimezzata, perderebbe la radice viva;
e una fede che avesse l’arte solo nel passato, non sarebbe più fede nel presente,
ed oggi deve esprimersi di nuovo come verità che è sempre presente. Perciò il dialogo
o l’incontro, direi, l’insieme tra arte fede è inscritto nella più profonda essenza
della fede; dobbiamo fare di tutto perché anche oggi la fede si esprima in autentica
arte, come Gaudí, nella continuità e della novità, e perché l’arte non perda il contatto
con la fede. In questi mesi si sta avviando il nuovo Dicastero
per la “nuova evangelizzazione”. E molti si sono domandati se proprio la Spagna, con
gli sviluppi della secolarizzazione e della diminuzione rapida della pratica religiosa,
sia uno dei Paesi a cui lei ha pensato come obiettivo per questo nuovo Dicastero,
o addirittura se non ne sia l’obiettivo principale:
Con questo dicastero
ho pensato, di per sé, al mondo intero perché la novità del pensiero, la difficoltà
di pensare nei concetti della Scrittura e della teologia, è universale, ma c’è naturalmente
un centro e questo è il mondo occidentale con il suo secolarismo, la sua laicità,
e la continuità della fede che deve cercare di rinnovarsi per essere fede, oggi, e
per rispondere alla sfida della laicità. Nell’Occidente, tutti i grandi Paesi hanno
il loro proprio modo di vivere questo problema: abbiamo avuto ad esempio i viaggi
in Francia, nella Repubblica Ceca, nel Regno Unito, dove dappertutto è presente in
modo specifico per ciascuna nazione, per ciascuna storia, lo stesso problema, e questo
vale anche in modo forte per la Spagna. La Spagna era sempre da una parte un Paese
originario della fede: pensiamo che la rinascita del cattolicesimo nell’epoca moderna
avviene soprattutto grazie alla Spagna. Figure come Sant’Ignazio di Loyola, Santa
Teresa e San Giovanni d’Avila, sono figure che hanno realmente rinnovato il cattolicesimo
e formato la fisionomia del cattolicesimo moderno. Ma è ugualmente vero che in Spagna
è nata anche una laicità, un anticlericalismo, un secolarismo forte e aggressivo come
abbiamo visto proprio negli anni Trenta, e questa disputa, più questo scontro tra
fede e modernità, ambedue molto vivaci, si realizza anche oggi di nuovo in Spagna:
perciò per il futuro della fede e dell’incontro – non scontro, ma incontro – tra fede
e laicità, ha un punto centrale anche proprio nella cultura spagnola. In questo senso,
ho pensato a tutti i grandi Paesi dell’Occidente ma soprattutto anche alla Spagna. Con il viaggio a Madrid dell’anno prossimo per la Giornata Mondiale della
Gioventù, Lei avrà fatto tre viaggi in Spagna, cosa che non avviene per nessun altro
Paese. Come mai questo privilegio? E’ un segno di amore o di particolare preoccupazione?
Naturalmente
è un segno di amore. Si potrebbe dire che è per caso che vengo tre volte in Spagna.
La prima, è stata per il grande Incontro internazionale delle famiglie, a Valencia:
come il Papa potrebbe essere assente, se le famiglie del mondo si incontrano? Il prossimo
anno c’è la Gmg, l’incontro della gioventù del mondo a Madrid: il Papa non può essere
assente in questa occasione. E in fine abbiamo l’Anno Santo di San Giacomo, abbiamo
la consacrazione – dopo più di cento anni di lavoro – della cattedrale della Sagrada
Familia di Barcellona: come potrebbe non venire il Papa? Di per sé, quindi, le occasioni
sono delle sfide, quasi una necessità di andarci. Ma proprio il fatto che proprio
in Spagna si concentrino tante occasioni, mostra anche che è realmente un Paese pieno
di dinamismo, pieno di forza della fede, e la fede risponde alle sfide che sono ugualmente
presenti in Spagna. Perciò, diciamo il caso ha fatto sì che venga, ma questo caso
dimostra una realtà più profonda: la forza della fede e la forza della sfida per la
fede. C’è un messaggio particolare che Lei spera di dare
alla Spagna e al mondo di oggi con questo viaggio? Io direi
che questo viaggio ha due temi. Ha il tema del pellegrinaggio, dell’essere in cammino,
e ha il tema della bellezza, della espressione della verità nella bellezza, della
continuità tra tradizione e rinnovamento. Io penso che questi due temi del viaggio
siano anche un messaggio: essere in cammino, non perdere il cammino della fede, cercare
la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa
incontrarsi con la bellezza moderna, con il mondo di oggi. Grazie.
Grazie
a Lei, Santità, per avere passato questo tempo con noi e per averci dato queste risposte
così belle. Credo che questo viaggio sia, in particolare, un bel viaggio per i temi
che affronta, per le circostanze che andremo a vivere insieme e credo che tutti noi
che siamo qui presenti come comunicatori, cercheremo di accompagnare e di collaborare
nel mondo migliore perché Lei possa dare il Suo messaggio di gioia e di speranza.
Grazie, Santità!