2010-11-06 16:03:56

La crisi economica al centro del convegno a Milano per i 60 anni della rivista "Aggiornamenti Sociali"


La crisi economica che stiamo vivendo produce effetti devastanti sui diritti della persona. E’ la premessa da cui parte il convegno ‘La crisi e i diritti umani’ in programma oggi a Milano, al Centro San Fedele. L’incontro di studi, al quale partecipano tra gli altri il cardinal Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e l’economista Stefano Zamagni, è stato organizzato in occasione del 60.mo anniversario della rivista dei gesuiti ‘Aggiornamenti Sociali’, dalla Fondazione Culturale San Fedele e dall’Istituto Internazionale Jacques Maritain. Fabio Colagrande ne ha parlato con il prof. Roberto Papini, docente all’università Lumsa di Roma e segretario generale dell’istituto Internazionale Maritain.RealAudioMP3

R. – Innanzitutto, probabilmente all’inizio la crisi è stata sottovalutata; non si è compreso che andava in profondità, nelle trasformazioni della società nazionale ed internazionale. La crisi materiale è diventata crisi finanziaria, impattando quindi i flussi finanziari internazionali che svolgono un ruolo chiave nella congiunzione della società globale, senza che ci sia un burattinaio. Di fatto, però, gli interessi di multinazionali, di hedge funds, di fondi sovrani eccetera, sono andati – nonostante la crisi – alla ricerca del maggiore profitto. Ora, questa ricerca del maggiore profitto che è legata al modello dominante, amplificata enormemente da questa finanziarizzazione dell’economia, come si dice, cioè da questa autonomia della finanza rispetto all’economia reale, ha profondamente inciso nella società e ci si trova quindi di fronte ad un problema relativamente nuovo – la crisi del ’29 non aveva questo aspetto della ‘finanziarizzazione’ così forte; gli accordi di Bretton-Woods nel dopoguerra sulla cooperazione economica e finanziaria sono saltati o stati superati da questa globalizzazione, e quindi l’attenzione degli osservatori si è accentrata sulle ragioni e la natura di questa crisi. Meno ci si è soffermati a vedere quale impatto questa crisi provocasse sulla società: ha fatto saltare il welfare-state in molti Stati o lo ha ridimensionato, ha creato 30 milioni di disoccupati nel giro di pochissimo tempo. In realtà, dietro c’è una società che è stata educata alla ricerca del profitto e del consumismo più sfrenato e quindi, naturalmente, il problema è un problema morale e culturale. Abbiamo educato, in questi ultimi decenni, generazioni di persone a pensare che la salvezza fosse nell’avere di più, non nell’essere di più.

D. – Quindi, se è vero che la crisi economica ha avuto un impatto sui diritti umani, è dunque anche vero che si può partire proprio da una filosofia dei diritti e dei doveri, sulla quale voi riflettete, per trasformare la crisi in un motivo di riscatto …

R. – Ogni crisi, anche quella del ’29, è stata in qualche modo foriera di ripensamenti. Il problema è che bisognerebbe passare da una società basata sul profitto tout court e ad ogni costo, ad una società che vegli sul rispetto dei diritti, e naturalmente dei doveri, delle persone. Questo passaggio comporterebbe una revisione del modello dominante: non tornare ad un modello socialista, non è questo il problema. Ma ci sono tante altre formule in modo che l’economia di mercato sia condotta in altri modi, in cui – cioè – la partecipazione degli stake holders, dei cittadini, sia maggiore anche nelle imprese economiche, e quindi maggiore la loro possibilità di intervento per poter guidare questa dimensione che è diventata la dimensione centrale. Se prima il rapporto era tra diritti umani e Stato, e politica, oggi il rapporto è tra diritti umani e chi governa l’economia. E’, quindi, una società da ripensare; naturalmente, con fortissime resistenze da parte di coloro che invece hanno guadagnato e continuano a guadagnare su questa crisi. (gf)







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