Elezioni in Myanmar. L'opposizione accusa: brogli e minacce
Il Myanmar torna domani alle urne, dopo 20 anni, per le elezioni politiche, che già
si preannunciano all’insegna delle polemiche. I due principali partiti di opposizione,
Il Partito democratico e la Forza democratica nazionale, hanno, infatti, accusato
la Giunta militare di brogli e minacce sugli elettori, sottolineando che l'Unione
per la solidarietà e lo sviluppo, ha raccolto illegalmente voti in anticipo. Tutti
gli occhi sono puntati ora sulla leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, che dovrebbe
essere scarcerata subito dopo le elezioni. Il suo partito, lo ricordiamo, era uscito
vincitore dalle elezioni del 90. Una vittoria mai riconosciuta dalla Giunta. Quale
il significato di questa tornata elettorale? Salvatore Sabatino lo ha chiesto
a Marzia Casolari, docente di Storia dell’Asia all’Università di Perugia:
R. – Il significato
di questa tornata elettorale penso sia quello di un regime che deve rispondere ad
esigenze di facciata, sostanzialmente; che quindi deve darsi una parvenza di presunta
democraticità, di aver avviato un processo di democratizzazione del Paese che aveva
promesso di avviare fin dalle elezioni del 1990, che poi, però, ha sempre smentito
nei fatti, attuando un sistema di governo che in realtà è un sistema di controllo
totale sul Paese che, come ben sappiamo, ha soffocato qualsiasi tipo di opposizione
che venisse dai sindacati, dal principale partito di opposizione o dai circoli religiosi
legati al clero buddista.
D. – Non è un caso che la Giunta militare
abbia vietato la presenza di osservatori internazionali e giornalisti stranieri durante
il voto; un dato, questo, professoressa, su cui riflettere …
R. – Questo
è un dato senz’altro molto grave. D’altra parte, la giunta militare ha impedito l’ingresso
di personale umanitario anche successivamente al tifone Nargis … Il governo birmano
ha un rapporto estremamente conflittuale con le Nazioni Unite, per ovvi motivi; le
Nazioni Unite hanno, da parte loro, peccato perché rispetto a molte altre situazioni,
non hanno mai adottato misure drastiche nei confronti della Birmania.
D.
– La leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi dovrebbe essere scarcerata subito dopo
le elezioni. La sua figura continua ad essere comunque una guida per il Paese?
R.
– Io credo che abbia ancora molto seguito e credo che sia abbastanza scontato che
i birmani votino in maggioranza per lei ... ma credo che i brogli possano farle ottenere
pochi risultati. Tuttavia, credo che la gente abbia voglia di andare a votare … Insomma,
la Birmania non è l’Afghanistan: la società civile birmana comunque ha la voglia di
esprimersi, ammesso che ne abbia la possibilità. L’abbiamo visto dalle rivolte che
ci sono state negli anni passati. Però, Aung San Suu Kyi forse non rappresenta più
la sola voce di opposizione alla Giunta militare; credo che l’opposizione si stia
articolando in varie direzioni, che non sempre concordano con la posizione assolutamente
non violenta, di grande rispetto delle regole che viene incarnata appunto dalla figura
di Aung San Suu Kyi. (gf)