Nuova eruzione del vulcano Merapi in Indonesia:120 i morti, 75 mila gli sfollati
Non c'è pace per l'Indonesia, funestata appena una settimana fa da un violento tzunami,
al largo di Sumatra, che ha ucciso 431 persone. A mietere vittime questa notte una
nuova eruzione del vulcano Merapi, sull'isola di Giava: almeno 70 i morti, un centinaio
il numero di coloro che hanno riportato gravi ustioni mentre tentavano la fuga. Tra
le vittime secondo quanto riferito da fonti ospedaliere, ci sarebbero anche sette
neonati. Dalla prima eruzione del 26 ottobre scorso, il bilancio sale così in modo
drammatico a oltre 120 morti. Tra le località più colpite, il villaggio di Argomulyo,
18 chilometri a sud dal cratere: qui, nonostante l’ordine di evacuazione la gente
è stata sorpresa nel sonno. Prima una nube di cenere e lapilli alta 4 chilometri,
poi la colata di fango che ha avvolto le case in un catrame incandescente. Molte abitazioni
sono crollate e così alberi e infrastrutture, sommerse dalla lava le strade, le auto.
In tilt il trasporto aereo: in mattinata è stato chiuso l’aereoporto di Yogyacarta,
con i voli dirottati sul vicino scalo di Solo. Disagi anche per il trasporto pubblico.
A preoccupare le autorità anche il numero degli sfollati, saliti a 75 mila. In prima
linea nell’aiuto ai senza tetto ci sono i religiosi e i laici dell’arcidiocesi di
Samarang che oltre ad aprire le porte di chiese istituti e scuole, per dare un rifugio
temporaneo hanno anche provveduto a realizzare un ambulatorio e una mensa nelle aree
colpite. “Insieme a decine di volontari siamo impegnati a fornire cibo e un rifugio
temporaneo ai rifugiati. Stare con questa gente è la chiamata di Dio a proclamare
il Suo amore”, ha detto suor Teresa Wiji Kartini, delle Figlie di Gesù Cristo, che
ha raccontato come la decisione di restare sul posto è stata presa dopo l’evacuazione
di un orfanotrofio dell’ordine posto a soli 8 km dal vulcano. La necessità di portare
aiuto ai bambini e alle religiose ha spinto anche alcuni laici cattolici a creare
un altro ambulatorio a Srumbung, ai piedi del monte Merapi, per soccorrere anche
gli altri residenti bisognosi. (A cura di Cecilia Seppia)