Messaggio di Benedetto XVI nel quarto centenario della canonizzazione di San Carlo
Borromeo
Messaggio del Santo Padre al cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi nel
IV centenario della canonizzazione di San Carlo Borromeo. Testo integrale:
Al
venerato Fratello Cardinale DIONIGI TETTAMANZI Arcivescovo di
Milano
Lumen caritatis. La luce della carità di san Carlo Borromeo ha
illuminato tutta la Chiesa e, rinnovando i prodigi dell’amore di Cristo, nostro Sommo
ed Eterno Pastore, ha portato nuova vita e nuova giovinezza al gregge di Dio, che
attraversava tempi dolorosi e difficili. Per questo mi unisco con tutto il cuore alla
gioia dell’Arcidiocesi ambrosiana nel commemorare il quarto centenario della canonizzazione
di questo grande Pastore, avvenuta il 1° novembre 1610.
1. L’epoca in
cui visse Carlo Borromeo fu assai delicata per la Cristianità. In essa l’Arcivescovo
di Milano diede un esempio splendido di che cosa significhi operare per la riforma
della Chiesa. Molti erano i disordini da sanzionare, molti gli errori da correggere,
molte le strutture da rinnovare; e tuttavia san Carlo si adoperò per una profonda
riforma della Chiesa, iniziando dalla propria vita. È nei confronti di se stesso,
infatti, che il giovane Borromeo promosse la prima e più radicale opera di rinnovamento.
La sua carriera era avviata in modo promettente secondo i canoni di allora: per il
figlio cadetto della nobile famiglia Borromeo si prospettava un futuro di agi e di
successi, una vita ecclesiastica ricca di onori, ma priva di incombenze ministeriali;
a ciò si aggiungeva anche la possibilità di assumere la guida della famiglia dopo
la morte improvvisa del fratello Federico.
Eppure, Carlo Borromeo,
illuminato dalla Grazia, fu attento alla chiamata con cui il Signore lo attirava a
sé e lo voleva consacrare al servizio del suo popolo. Così fu capace di operare un
distacco netto ed eroico dagli stili di vita che erano caratteristici della sua dignità
mondana, e di dedicare tutto se stesso al servizio di Dio e della Chiesa. In tempi
oscurati da numerose prove per la Comunità cristiana, con divisioni e confusioni dottrinali,
con l’annebbiamento della purezza della fede e dei costumi e con il cattivo esempio
di vari sacri ministri, Carlo Borromeo non si limitò a deplorare o a condannare, né
semplicemente ad auspicare l’altrui cambiamento, ma iniziò a riformare la sua propria
vita, che, abbandonate le ricchezze e le comodità, divenne ricolma di preghiera, di
penitenza e di amorevole dedizione al suo popolo. San Carlo visse in maniera eroica
le virtù evangeliche della povertà, dell’umiltà e della castità, in un continuo cammino
di purificazione ascetica e di perfezione cristiana.
Egli era consapevole
che una seria e credibile riforma doveva cominciare proprio dai Pastori, affinché
avesse effetti benefici e duraturi sull’intero Popolo di Dio. In tale azione di riforma
seppe attingere alle sorgenti tradizionali e sempre vive della santità della Chiesa
cattolica: la centralità dell’Eucaristia, nella quale riconobbe e ripropose la presenza
adorabile del Signore Gesù e del suo Sacrificio d’amore per la nostra salvezza; la
spiritualità della Croce, come forza rinnovatrice, capace di ispirare l’esercizio
quotidiano delle virtù evangeliche; l’assidua frequenza ai Sacramenti, nei quali accogliere
con fede l’azione stessa di Cristo che salva e purifica la sua Chiesa; la Parola di
Dio, meditata, letta e interpretata nell’alveo della Tradizione; l’amore e la devozione
per il Sommo Pontefice, nell’obbedienza pronta e filiale alle sue indicazioni, come
garanzia di vera e piena comunione ecclesiale.
Dalla sua vita santa
e conformata sempre più a Cristo nasce anche la straordinaria opera di riforma che
san Carlo attuò nelle strutture della Chiesa, in totale fedeltà al mandato del Concilio
di Trento. Mirabile fu la sua opera di guida del Popolo di Dio, di meticoloso legislatore,
di geniale organizzatore. Tutto questo, però, traeva forza e fecondità dall’impegno
personale di penitenza e di santità. In ogni tempo, infatti, è questa l’esigenza primaria
e più urgente nella Chiesa: che ogni suo membro si converta a Dio. Anche ai nostri
giorni non mancano alla Comunità ecclesiale prove e sofferenze, ed essa si mostra
bisognosa di purificazione e di riforma. L’esempio di san Carlo ci sproni a partire
sempre da un serio impegno di conversione personale e comunitaria, a trasformare i
cuori, credendo con ferma certezza nella potenza della preghiera e della penitenza.
Incoraggio in modo particolare i sacri ministri, presbiteri e diaconi, a fare della
loro vita un coraggioso cammino di santità, a non temere l’ebbrezza di quell’amore
fiducioso a Cristo per cui il Vescovo Carlo fu disposto a dimenticare se stesso e
a lasciare ogni cosa. Cari fratelli nel ministero, la Chiesa ambrosiana possa trovare
sempre in voi una fede limpida e una vita sobria e pura, che rinnovino l’ardore apostolico
che fu di sant’Ambrogio, di san Carlo e di tanti vostri santi Pastori!
2. Durante
l’episcopato di san Carlo, tutta la sua vasta Diocesi si sentì contagiata da una corrente
di santità che si propagò al popolo intero. In che modo questo Vescovo, così esigente
e rigoroso, riuscì ad affascinare e conquistare il popolo cristiano? È facile rispondere:
san Carlo lo illuminò e lo trascinò con l’ardore della sua carità. “Deus caritas est”,
e dove c’è l’esperienza viva dell’amore, lì si rivela il volto profondo di Dio che
ci attira e ci fa suoi.
Quella di san Carlo Borromeo fu anzitutto la
carità del Buon Pastore, che è disposto a donare totalmente la propria vita per il
gregge affidato alle sue cure, anteponendo le esigenze e i doveri del ministero ad
ogni forma di interesse personale, comodità o tornaconto. Così l’Arcivescovo di Milano,
fedele alle indicazioni tridentine, visitò più volte l’immensa Diocesi fin nei luoghi
più remoti, si prese cura del suo popolo nutrendolo continuamente con i Sacramenti
e con la Parola di Dio, mediante una ricca ed efficace predicazione; non ebbe mai
timore di affrontare avversità e pericoli per difendere la fede dei semplici e i diritti
dei poveri.
San Carlo fu riconosciuto, poi, come vero padre amorevole
dei poveri. La carità lo spinse a spogliare la sua stessa casa e a donare i suoi stessi
beni per provvedere agli indigenti, per sostenere gli affamati, per vestire e dare
sollievo ai malati. Fondò istituzioni finalizzate all’assistenza e al recupero delle
persone bisognose; ma la sua carità verso i poveri e i sofferenti rifulse in modo
straordinario durante la peste del 1576, quando il santo Arcivescovo volle rimanere
in mezzo al suo popolo, per incoraggiarlo, per servirlo e per difenderlo con le armi
della preghiera, della penitenza e dell’amore.
La carità, inoltre,
spinse il Borromeo a farsi autentico e intraprendente educatore. Lo fu per il suo
popolo con le scuole della dottrina cristiana. Lo fu per il clero con l’istituzione
dei seminari. Lo fu per i bambini e i giovani con particolari iniziative loro rivolte
e con l’incoraggiamento a fondare congregazioni religiose e confraternite laicali
dedite alla formazione dell’infanzia e della gioventù.
Sempre la carità
fu la motivazione profonda delle asprezze con cui san Carlo viveva il digiuno, la
penitenza e la mortificazione. Per il santo Vescovo non si trattava solo di pratiche
ascetiche rivolte alla propria perfezione spirituale, ma di un vero strumento di ministero
per espiare le colpe, invocare la conversione dei peccatori e intercedere per i bisogni
dei suoi figli. In tutta la sua esistenza possiamo dunque contemplare la
luce della carità evangelica, la carità longanime, paziente e forte che “tutto scusa,
tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,7). Rendo grazie a Dio perché la
Chiesa di Milano è sempre stata ricca di vocazioni particolarmente consacrate alla
carità; lodo il Signore per gli splendidi frutti di amore ai poveri, di servizio ai
sofferenti e di attenzione ai giovani di cui può andare fiera. L’esempio e la preghiera
di san Carlo vi ottengano di essere fedeli a questa eredità, così che ogni battezzato
sappia vivere nella società odierna quella profezia affascinante che è, in ogni epoca,
la carità di Cristo vivente in noi.
3. Non si potrebbe comprendere,
però, la carità di san Carlo Borromeo se non si conoscesse il suo rapporto di amore
appassionato con il Signore Gesù. Questo amore egli lo ha contemplato nei santi misteri
dell’Eucaristia e della Croce, venerati in strettissima unione con il mistero della
Chiesa. L’Eucaristia e il Crocifisso hanno immerso san Carlo nella carità di Cristo,
e questa ha trasfigurato e acceso di ardore tutta la sua vita, ha riempito le notti
passate in preghiera, ha animato ogni sua azione, ha ispirato le solenni liturgie
celebrate con il popolo, ha commosso il suo animo fino a indurlo sovente alle lacrime.
Lo
sguardo contemplativo al santo Mistero dell’Altare e al Crocifisso risvegliava in
lui sentimenti di compassione per le miserie degli uomini e accendeva nel suo cuore
l’ansia apostolica di portare a tutti l’annuncio evangelico. D’altra parte, ben sappiamo
che non c’è missione nella Chiesa che non sgorghi dal “rimanere” nell’amore del Signore
Gesù, reso presente a noi nel Sacrificio eucaristico. Mettiamoci alla scuola di questo
grande Mistero! Facciamo dell’Eucaristia il vero centro delle nostre comunità e lasciamoci
educare e plasmare da questo abisso di carità! Ogni opera apostolica e caritativa
prenderà vigore e fecondità da questa sorgente!
4. La splendida figura
di san Carlo mi suggerisce un’ultima riflessione rivolta, in particolare, ai giovani.
La storia di questo grande Vescovo, infatti, è tutta decisa da alcuni coraggiosi “sì”
pronunciati quando era ancora molto giovane. A soli 24 anni egli prese la decisione
di rinunciare a guidare la famiglia per rispondere con generosità alla chiamata del
Signore; l’anno successivo accolse come una vera missione divina l’ordinazione sacerdotale
e quella episcopale. A 27 anni prese possesso della Diocesi ambrosiana e dedicò tutto
se stesso al ministero pastorale. Negli anni della sua giovinezza, san Carlo comprese
che la santità era possibile e che la conversione della sua vita poteva vincere ogni
abitudine avversa. Così egli fece della sua giovinezza un dono d’amore a Cristo e
alla Chiesa, diventando un gigante della santità di tutti i tempi.
Cari
giovani, lasciate che vi rinnovi questo appello che mi sta molto a cuore: Dio vi vuole
santi, perché vi conosce nel profondo e vi ama di un amore che supera ogni umana comprensione.
Dio sa che cosa c’è nel vostro cuore e attende di vedere fiorire e fruttificare quel
meraviglioso dono che ha posto in voi. Come san Carlo, anche voi potete fare della
vostra giovinezza un’offerta a Cristo e ai fratelli. Come lui, potete decidere, in
questa stagione della vostra vita, di “scommettere” su Dio e sul Vangelo. Voi, cari
giovani, non siete solo la speranza della Chiesa; voi fate già parte del suo presente!
E se avrete l’audacia di credere alla santità, sarete il tesoro più grande della vostra
Chiesa ambrosiana, che si è edificata sui Santi.
Con gioia Le affido,
venerato Fratello, queste riflessioni, e, mentre invoco la celeste intercessione di
san Carlo Borromeo e la costante protezione di Maria Santissima, di cuore imparto
a Lei e all’intera Arcidiocesi una speciale Benedizione Apostolica.
Dal
Vaticano, 1° novembre 2010, IV Centenario della Canonizzazione di san Carlo Borromeo.