2010-11-03 14:16:47

Diritti umani e riconciliazione in Sri Lanka: la società civile in rotta con il governo


Un gruppo di Organizzazioni non governative internazionali e settori della società civile dello Sri Lanka hanno rifiutato di far parte della Commissione per la Riconciliazione nazionale, istituita dal governo del presidente Rajapaksa (la cosiddetta “Lessons Learnt and Reconciliation Commission”), accusando l’esecutivo di “mancanza di credibilità”. Associazioni di calibro internazionale come “Human Rights Watch”, “Amnesty International” e “International Crisis Group” hanno scritto una lettera aperta al governo, affermando di essere disposte a partecipare a un processo di riconciliazione autentico, trasparente e credibile, e notando che la Commissione è priva di tali requisiti. La posizione delle Ong sta trovando crescenti consensi in associazioni della società civile – in Sri Lanka e in altri paesi asiatici – che nei mesi scorsi hanno criticato l’operato del governo, il cambiamento della Costituzione, la mancanza di legalità e di giustizia nella società. Secondo le organizzazioni promotrici, la Commissione non solo non risponde agli standard minimi di indipendenza e imparzialità, ma può diventare anche uno strumento per garantire l’impunità e continuare l’abuso dei diritti umani: nonostante la “litania di lamentele”, registrate nei mesi scorsi per lo scarso rispetto dei diritti umani – notano le Ong – non è stato compiuto nessun progresso, a partire dalla fine della guerra civile. Sebbene numerosi testimoni abbiano fornito prove sulle violazioni dei diritti umani compiute dall’esercito di Colombo, prosegue la missiva, la Commissione non ha mostrato alcun interesse per indagare su tali questioni, cruciali per costruire giustizia, pace e sviluppo nel paese. Il problema, si afferma, è che i membri della Commissione non sono indipendenti, ma sono rappresentanti governativi. Inoltre le Ong lanciano l’allarme per la vita dei testimoni, che possono essere considerati “traditori”, in quanto sostengono accuse verso le forze armate, e dunque necessitano di una protezione adeguata. In tale situazione, e mentre il Paese è ancora sotto lo “stato di emergenza” che non garantisce la normale legalità, che punisce il dissenso politico o di opinione, non vi sono le condizioni basilari – concludono le Ong – per condurre una indagine seria sugli abusi e un’opera efficace per la riconciliazione. (R.P.)







All the contents on this site are copyrighted ©.