In Cina cerimonia di chiusura dell’Esposizione Universale di Shanghai
In queste ore a Shanghai si sta svolgendo la cerimonia di Chiusura dell’Esposizione
Universale di Shanghai, apertasi sei mesi fa: un successo senza precedenti per la
città e il Bureau International d’Expositions, che ha scelto la città cinese come
sede dell’evento. Oltre 73 milioni di persone hanno visitato i 270 padiglioni, una
realizzazione visibile della forza economica e organizzativa della nazione cinese.
I prossimi appuntamenti saranno quelli di Yeosu, in Corea del Sud, per l’Esposizione
Internazionale del 2012 dedicata a “L’Oceano che vive e le coste: diversità di risorse
e attività sostenibili”, e di Milano, per l’Esposizione Universale del 2015, sul tema
“Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Il servizio di Luca Pellegrini:
E’ stata
l’Esposizione delle meraviglie, dei numeri, un palcoscenico sfavillante e perfettamente
organizzato per la curiosità, lo stupore e il divertimento, soprattutto della popolazione
cinese. A due anni dalle Olimpiadi di Pechino, l’avveniristica e antica Shanghai ha
ospitato l’esposizione universale più imponente della storia, da quando il Crystal
Palace di Londra aveva stupefatto i visitatori nel lontanissimo 1851 o la Tour Eiffel
quelli che varcarono le porte di Parigi nel 1889 e l’Atomium quelle di Bruxelles nel
1958. Questa volta i Paesi aderenti con i loro padiglioni, alcuni sontuosi e spettacolari,
sono stati 190, un vero record storico, visitati – anch’esso un record probabilmente
imbattibile – da oltre 73 milioni di visitatori. Ogni giorno, in questi sei mesi,
per aggiudicarsi la possibilità di visitare i padiglioni più richiesti, tra cui l’Arabia
Saudita, il Giappone, la Corea del Sud, gli Emirati Arabi Uniti, la Germania, la Spagna
e l’Italia, le ore di coda potevano essere anche otto, pazientemente e ordinatamente
vissute dai cinesi. Costruzioni architettonicamente ardite, fantasiose nella ricerca
dei materiali e nella suddivisione degli spazi, dai deserti ricostruiti in tre dimensioni
all’Orchestra della Scala messa letteralmente in verticale su una parete, dalla ricostruzione
perfetta di un riad del Marocco alla possibilità di saggiare la pace di un giardino
svizzero comodamente seduti in seggiovia o emozionarsi allo splendido, piccolo film
degli Stati Uniti, che racconta di una bambina e di come riesce a trasformare il suo
quartiere anonimo semplicemente piantando un fiore in un giardino. Sono stati seimila
i volontari che ogni giorno hanno gentilmente fornito indicazione e aiutato i tantissimi
cinesi e pochi stranieri che sono entrati all’expo – distesa ordinatamente su quasi
6 km quadrati - utilizzando i varchi disposti sulle due rive del fiume Huangpu che
attraversa Shanghai e che veniva solcato da un ponte come un arcobaleno, da una nuovissima
linea di metropolitana e da decine di battelli. Oltre ai paesi, hanno aderito 57 organizzazioni
internazionali, dall’Onu al Wwf, per parlare di un mondo bellissimo e in pericolo.
Proprio il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel suo discorso
al Forum di chiusura dell’evento, ricordando il tema dell’esposizione “Migliore città,
migliore vita” ha voluto sottolineare come “grazie a questa Expo milioni di persone
hanno imparato le possibilità di costruire città più salubri e sicure, che sappiano
meglio integrare natura e tecnologia…l’Expo ha offerto speranza e la Cina può diventare
un pioniere nell’urbanizzazione”. Finendo per chiedere direttamente alla grande nazione
di aderire, senza perdere lo “spirito di Shanghai”, agli sforzi tesi alla creazione
di un mondo più sostenibile e responsabile nei confronti della natura e dei popoli.
La
Cina risponde indirettamente con le sue grandi realizzazioni poste in gigantesche
vetrine: le ferrovie, l’aviazione, la marina, i trasporti, l’energia, lo sfruttamento
delle risorse, l’urbanizzazione. L’expo è stata però, prima di tutto, una finestra
sul mondo per i milioni di cinesi che il mondo non avranno la possibilità di visitarlo:
si sono per questo confrontati con culture, tecnologie, nature e paesaggi, nozioni
d‘arte e di scienza, fatti e notizie che si auspica lasceranno, nelle generazioni
più giovani, un segno positivo. L’orgoglio della Cina non poteva essere più visibile:
all’ingresso, il suo gigantesco padiglione rosso lacca, simboleggiante una corona
orientale, che rimarrà intatto per i visitatori di domani, portava nelle sue fondamenta
a scoprire le trentuno provincie cinesi e, nella sommità, a vivere un dialogo tra
il passato e il presente della Cina. Ora che i battenti si chiudono, non tutto sarà
smantellato: molte nazioni lasceranno in omaggio parte delle loro strutture, molti
arredi verranno riciclati e riposizionati, dalle fontane alle panchine, e tutto il
materiale di cancelleria utilizzato verrà donato alle scuole cinesi. Si spengono le
luci, la Cina già volge lo sguardo al suo futuro. Che, in fondo, ci riguarda tutti.