Presentato un nuovo libro su Matteo Ricci, missionario gesuita in Cina
L’amicizia e la fede i due pilastri sui quali padre Matteo Ricci ha costruito un ponte
fra Oriente e Occidente: è quanto emerge dal libro “Matteo Ricci in China” presentato
ieri nella Sala Marconi della nostra emittente. Pubblicato dalla Pontificia Università
Gregoriana in collaborazione con il ministero degli Affari Esteri della Repubblica
di Cina, il volume include il Trattato sull’amicizia e alcune lettere dell’illustre
gesuita, oltre ad un cd, realizzato dalla nostra redazione cinese, che ne racconta
la vita. Il servizio di Tiziana Campisi:
Per i cinesi
è Li Madou, quel gesuita che fra il XVI e XVII secolo ha saputo dialogare con la loro
cultura ed è giunto anche alla corte della dinastia Ming. A noi è noto come padre
Matteo Ricci. Di origini marchigiane, matematico, astronomo, cartografo e amante della
letteratura, a lui si deve l’evangelizzazione della cultura cinese e la inculturazione
in Oriente della fede. Ha fatto conoscere il Vangelo alla Cina e della Cina ha aperto
la porta all’Occidente. Ora un nuovo libro svela che soprattutto attraverso l’amicizia
l’illustre religioso ha gettato un ponte fra Occidente e Oriente, tessendo rispetto
dell’altro, curiosità verso sconosciute tradizioni e valori cristiani. Lo sottolineano
padre Christopher Shelke, gesuita, e Mariella Demichele,
curatori del volume:
R. - Matteo Ricci ha certamente aperto una porta
tra la Cina e l’Occidente, tra l’Oriente e l’Occidente. Oggi come si apre questa porta?
Matteo Ricci era aperto alle altre civiltà. Molte volte siamo molto forti nel difendere
la nostra civiltà, la nostra opinione e la nostra scienza, ma la nostra scienza diventa
perfetta proprio quando siamo in contatto con l’altro. Amore significa incontrare
l’altro ed è in questo modo che Gesù ha insegnato a noi ad incontrare gli altri. Lui
è il ponte che raggiunge l’umanità, e la divinità chiede a noi di raggiungere altre
persone, altri uomini, altre donne, altre culture. In questo amore è importante per
noi l’apertura.
D. - Quella di Matteo Ricci è un’eredità da raccogliere
e da far fruttificare ancora?
R. - Sì, certamente. E questo perché usava
non soltanto pensieri spirituali, ma portava anche pensieri scientifici, portava le
scienze. E’ attraverso le nostre conoscenze da condividere con gli altri che possiamo
rendere fruttuoso l’incontro con gli altri, sviluppando la fede in noi stessi e la
fede nell’altra persona.
(Mariella Demichele)
R. - Quello
che affascina o che ha affascinato me durante la preparazione di questo volume è la
modernità di questo personaggio. Il porsi in una relazione di amicizia, come condizione
preliminare per l’evangelizzazione è un grande messaggio per i nostri giorni: la comprensione
dell’altro, la sospensione di qualunque giudizio che impedisce l’amicizia, e quindi
la conoscenza profonda e quindi la possibilità di parlare dei contenuti del Vangelo.
Questa continua ricerca di vicinanza, di comprensione, questo sguardo di benevolenza
sulla cultura cinese mi ha molto colpito sul piano umano, e ritengo sia uno dei valori
fondamentali di questa figura.
D. - Cosa ancora da scoprire di Matteo
Ricci?
R. - Sicuramente, insistere sull’aspetto di Matteo Ricci come
missionario, perché paradossalmente è quello meno noto. Conosciamo tanto di lui, della
sua opera di studioso, di scienziato, di matematico, di astronomo, però sono stati
poco approfonditi gli aspetti che riguardano invece proprio la sua attività missionaria
e le sue modalità di attività missionaria. E proprio sul modo in cui si può portare
Cristo ai popoli, penso che consista l’attualità di questa figura, la modernità di
questa figura e il fascino di questa figura per i nostri tempi.
Padre
Matteo Ricci ricevette il privilegio imperiale di essere seppellito in terra cinese.
Le sue spoglie si trovano oggi all'interno del Cimitero di Zhalan di Pechino; tra
quanti vi hanno reso omaggio, anche il presidente della repubblica italiana Giorgio
Napolitano, in questi giorni in Cina, proprio nei luoghi in cui è vissuto il gesuita.