Mons. Celata a Doha: fede, ragione e libertà, pilastri dell’educazione dei giovani
“Le religioni, con la loro specifica proposta educativa, possono offrire un notevole
contributo nell’aiutare le nuove generazioni a conoscere e far proprio un patrimonio
di valori che rendono più umano sia il singolo individuo che l’intera comunità umana”:
è quanto ha detto l’arcivescovo Pier Luigi Celata, segretario del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso, intervenuto in questi giorni a Doha, in Qatar, all’ottava
Conferenza sul dialogo interreligioso dedicata al tema dell’educazione. Il servizio
di Sergio Centofanti:
Il presule
ha parlato innanzitutto del “diritto inalienabile all’educazione”. “I primi e principali
responsabili dell’educazione – ha affermato - sono i genitori”, anche se è ovvio –
ha aggiunto – “che un’adeguata educazione richiede il contributo di tutta la società”:
dello Stato, anzitutto, ma anche delle libere aggregazioni sociali e delle istituzioni
religiose. “Per quel che la concerne, la Chiesa Cattolica – ha rilevato - è consapevole
– come lo indica anche la sua tradizione - del suo diritto-dovere di collaborare all’educazione
dei suoi figli perché la loro vita sia penetrata dallo spirito di Gesù Cristo, ma
nel contempo essa offre la sua opera a tutti i popoli per promuovere lo sviluppo integrale
della persona umana, come anche il bene della società ed un mondo più umano”.
Mons.
Celata ha parlato dell’attuale contesto culturale caratterizzato da “individualismo,
relativismo, materialismo, consumismo, edonismo, tecnicismo, ricorso alla violenza”,
che si accompagnano “col crescente fenomeno della secolarizzazione della cultura e
della società, non solo nel senso – per sé accettabile ed anche auspicabile – di un
doveroso rispetto di tutto ciò che è espressione della capacità razionale dell’uomo,
ma anche nel senso della esclusione pregiudiziale, dall’orizzonte dell’individuo
e della società, di ogni riferimento a Dio e addirittura di qualunque apertura al
Trascendente”. Ha sottolineato quindi che “operatori culturali e responsabili delle
società hanno cominciato a rendersi conto che, private del riferimento a Dio, le persone
si trovano necessariamente private anche di un solido fondamento etico per il loro
vivere insieme. Constatiamo, così – ha affermato - un’attenzione nuova alla dimensione
religiosa sia nella vita delle singole persone che nella vita associata” con lo scopo
di rafforzare il tessuto etico della società, la legalità, la lotta alla corruzione,
l’impegno per la giustizia, la solidarietà e contro la violenza terroristica.
Il
segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha poi fatto una
precisazione: “la proposta religiosa, specialmente per i giovani, non può e non deve
trascurare l’importanza della ragione umana: è proprio essa che offre all’uomo un
fondamento razionale per accettare il dono della fede. Ed è la ragione che può salvaguardare
l’esperienza religiosa da un eccessivo influsso della dimensione psicologico-emotiva
come pure dalla tentazione del fondamentalismo e della violenza. Fede e ragione sono
due doni, due potenzialità che, provenienti dall’unico Dio, sono chiamate ad incontrarsi
ed integrarsi fruttuosamente anche nella dinamica educativa delle nuove generazioni.
Non dobbiamo pertanto aver paura dell’atteggiamento spesso critico dei giovani, ma,
al contrario, dovremmo in certo modo favorirlo ed educarlo, perché, con l’aiuto della
ragione, essi siano stimolati ad affrontare i loro dubbi ed a considerare seriamente
la proposta della fede. Analogamente – ha aggiunto - per quel che riguarda la libertà,
così ambita dai giovani, non dobbiamo temerla, ma rispettarla senza infingimenti e,
attraverso un’adeguata opera educativa, aiutare a scoprirne il senso più autentico
come potenzialità per scelte responsabili di verità e di bene per se stessi e per
l’intera società. Una mancanza di rispetto, a livello teorico o pratico, per la libertà
di ogni individuo nell’aderire ad una proposta religiosa, o nel cambiare la sua scelta
religiosa o nel rifiutarla del tutto, sarebbe in contraddizione con la natura stessa
della vera fede ed anche di un’autentica opera educativa”.
Il presule
ha quindi concluso: “Le nostre diverse tradizioni religiose sono chiamate a raccogliere
la sfida e ad attingere dal loro specifico patrimonio luce e forza per aiutare i giovani
a entrare responsabilmente nella società con tutta la loro capacità profetica … L’impegno
educativo a favore dei giovani alimenta il nostro coraggio a guardare al nostro futuro
con sicura speranza”.