Nuovo sciopero generale in Francia contro la riforma delle pensioni approvata ieri
In Francia il via libera definitivo alla riforma delle pensioni - approvata ieri dall’Assemblea
nazionale - non placa le proteste. Oggi, infatti, nuova giornata di sciopero generale
contro il provvedimento, che non sarà ancora promulgato perché il Partito socialista
ha annunciato l’intenzione di ricorrere al Consiglio costituzionale. La sentenza è
attesa per la metà di novembre. Ma come valutare le agitazioni odierne? Eugenio Bonanata
lo ha chiesto a Domenico Quirico, corrispondente da Parigi per il quotidiano La Stampa:
R. - Questa giornata
di lotta ulteriore, appare - diciamo - francamente un po’ metafisica, perché non può
portare più a nulla. Ormai, infatti, la legge c’è e non è che il governo la può abrogare.
Anche se il provvedimento non è ancora in funzione e quindi in teoria potrebbe essere
ancora sospeso, ma questo è un marchingegno costituzionale veramente un po’ fantasioso.
Queste nuove forme di lotta potrebbero diventare una cometa di piccoli scioperi in
settori particolari e ristretti dell’attività economica, ma cruciali per la vita economica
del Paese. La benzina sta tornando nelle stazioni di servizio, ma fra un po’ non ce
ne sarà più perché le raffinerie continuano a non essere aperte. Potranno esserci
degli scioperi - ad esempio - nei trasporti, dove c’è un sindacato radicale molto,
molto forte. C’è sempre, poi, la grande incognita degli studenti. Questa settimana
sono in vacanza per cui le loro possibilità di mobilitazione sono assai ridotte, ma
da lunedì tornano a scuola e sono abbastanza arrabbiati. In Francia c’è un malessere
giovanile molto forte, che va oltre la riforma delle pensioni e che cerca semplicemente
delle bandiere sotto cui allinearsi.
D. - Chi ha vinto e chi ha perso in questa
vicenda?
R. - Direi che sostanzialmente non ha vinto nessuno. Nel senso che
i sindacati non sono riusciti a far retrocedere il governo: la legge è lì e i 62 anni
sono lì. Anche se l’unità sindacale ha tenuto, al di là - forse - delle stesse previsioni
dei sindacati… Sarkozy non ha vinto, perché esce "malmenato" da questa vicenda e con
un favore popolare ridotto veramente al minimo: è il presidente più impopolare della
Quinta Repubblica. L’anno e mezzo che lo separa dalle presidenziali sarà un vero e
proprio calvario per lui; risalire la china è difficilissimo.
D - Per altri
versi è stata confermata la resistenza dei francesi nei confronti di una riforma dettata
dalla crisi…
R. - La difficoltà di riformare in questo Paese è enorme. Di questo
lo stesso Sarkozy ha dovuto rendersi conto: non è riuscito di fatti a riformare praticamente
nulla e questa è la prima riforma che porta - possiamo dire con tanta fatica - a conclusione.
Il vero problema era non tanto la pensione a 60, a 62 o a 65 anni: il vero problema
è sormontare questo rifiuto della Francia di riconoscere le condizioni in cui oggi
si trova nel mondo, nell’economia, nella società, in Europa.
D. - Una difficoltà
imprevista per la strategia di Sarkozy…
R. - Il problema è - come dire - la
decadenza e la crisi della Francia che è iniziata prima di Sarkozy. E’ iniziata prima
di Sarkozy e che Sarkozy ha ereditato, ma che aveva promesso di fermare e addirittura
di capovolgere. Questo è un dato riconosciuto addirittura da alcuni dei consiglieri
di Sarkozy ma la crisi non era naturalmente nel conto nel momento in cui è diventato
presidente.