2010-10-26 15:05:12

Tarek Aziz condannato a morte: l’Ue fa sapere che chiederà di bloccare l’esecuzione


L’Alta Corte penale dell’Iraq ha condannato a morte per impiccagione l’ex vice premier Tareq Aziz. Media locali riferiscono che i giudici hanno emesso l’ordine di esecuzione per il suo ruolo nell’eliminazione dei partiti religiosi durante il regime di Saddam Hussein. La pena di morte “non è accettabile” per l’Unione Europea e un portavoce dell’Alto Rappresentante della politica estera dell’Unione, Catherine Ashton, ha fatto sapere che la stessa Ashton chiederà alle autorità irachene di sospendere l’esecuzione. Dal canto suo, il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti, in un’intervista, ha affermato che un atto di clemenza potrebbe rappresentare un “forte gesto di riconciliazione” per il Paese.

Questione nucleare iraniana aperta. Si discute del ruolo di Teheran in Afghanistan
L’Iran ha cominciato ad immettere combustibile nel reattore della centrale nucleare di Bushehr. La costruzione dell’impianto è stata completata con l’aiuto della Russia: l'uranio arricchito per alimentare la centrale è stato fornito da Mosca in base a un accordo che prevede la restituzione del materiale una volta utilizzato, in modo da evitare eventuali impieghi per ordigni atomici. Intanto, Teheran ha ammesso pure di aver fornito finanziamenti all'Afghanistan, ma solo per la "ricostruzione" del Paese. Ieri il presidente Karzai aveva parlato degli aiuti da parte della Repubblica islamica e gli Stati Uniti si erano detti “preoccupati” per quelli che avevano definito “tentativi di Teheran di esercitare un'influenza negativa sull'Afghanistan”. Per un commento, ascoltiamo Antonello Sacchetti, profondo conoscitore della realtà iraniana, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. - L’Iran ha tradizionalmente una secolare influenza sull’Afghanistan. La ha dal punto di vista culturale e non solo da quello politico. Basti pensare che la lingua ufficiale dell’Afghanistan è il dari, che è una variante del persiano. Sfido chiunque a trovare un Paese - tra quelli che sono intervenuti in Afghanistan - che non abbia dato soldi all’Afghanistan, in particolare anche ai governanti di quel Paese. Ci sono tanti motivi che legano poi questa situazione degli interessi nazionali dell’Iran: ci sono migliaia di chilometri di frontiere tra i due Paesi, ma tra i due Paesi c’è anche una continua - e mai interrotta - disputa riguardo alle responsabilità sul traffico di droga. Al di là di questo, però, diciamo che l’Iran esercita la sua naturale vocazione a potenza media regionale, a Paese cioè che comunque influisce sulle sorti degli Stati vicini.

D. - A livello interno, l’Iran si sta concentrando sul reattore di Bushehr, dove avvierà la produzione di energia elettrica all’inizio del 2011. Bushehr che capitolo rappresenta del programma nucleare iraniano?

R. - Direi che forse è il primo capitolo di una storia veramente infinita, perché Bushehr è il reattore che si cominciò a costruire addirittura nel 1975. Di fatto, i lavori in questo reattore avvengono sotto la supervisione dell’Aiea, in un momento in cui forse si sta saggiando il terreno in vista di una ripresa dei colloqui sul nucleare del Gruppo 5+1.

Aspri scontri nella regione tribale nord occidentale di Orakzai in Pakistan
Sei sospetti militanti islamici e un soldato pachistano sono stati uccisi nel corso di una battaglia nella regione tribale nord occidentale di Orakzai, teatro di recente di un aumento delle violenze talebane. Lo riferisce il quotidiano "The Dawn" citando una fonte del governo locale. I ribelli avevano attaccato una base militare provocando lo scontro a fuoco. Intanto sempre secondo il quotidiano, dalle conclusioni di un'inchiesta condotta dall'Agenzia federale investigativa (Fia) emerge che l'ex premier Benazir Bhutto è stata uccisa dai talebani pachistani. Il quotidiano anticipa un rapporto previsto per la fine del mese. La leader del Ppp (Partito Popolare pachistano) è stata vittima di un attentato suicida avvenuto il 27 dicembre del 2007 mentre si trovava a bordo di un veicolo dopo un comizio a Rawalpindi. La violenza in Pakistan non si è mai interrotta neanche di fronte all’emergenza, sottolinea al microfono di Linda Giannattasio, Daniele Scaglione, direttore campagne di "Actionaid", associazione presente da oltre 18 anni sul territorio pakistano:RealAudioMP3

R. - Le tensioni in questa regione del Paese rimangono alte. Sicuramente un’aggravante è nel contesto delle situazioni di emergenza che sta vivendo il Paese, però, non è un dato nuovo.

D. – Voi siete storicamente presenti sul territorio pakistano. Qual è il volto del Pakistan oggi a 10 settimane dalle alluvioni?

R. – È un Paese sicuramente compromesso nella sua possibilità di sviluppo. Ci sono delle stime che fanno pensare a un Paese che dipenderà fortemente dagli aiuti, almeno fino al novembre del 2012. Il numero di persone che ancora non solo sono uscite dal circuito produttivo, quindi non aiutano più il Paese a crescere e a svilupparsi ma, al contrario, hanno bisogno di aiuti, è un numero ancora nell’ordine di vari milioni. Qualcosa come oltre un milione di persone si trova ancora in 6.300 campi. Sta arrivando l’inverno, la situazione non è migliorata in questi ultimi giorni; regioni come quelle del Sindh ancora vivono una situazione molto problematica e, quindi, c’è da preoccuparsi rispetto a tutto quello che occorre come sforzi per aiutare queste persone ancora senza casa.

D. – Come si stanno muovendo le autorità locali dal punto di vista della ricostruzione?

R. - Si stanno muovendo in modo indubbiamente diverso a seconda delle regioni però stanno cercando di fare tutto quello che è possibile, compatibilmente con una situazione di un Paese comunque difficile, in difficoltà, e con le situazioni classiche di un Paese in via di sviluppo, per quanto il Pakistan abbia già dimostrato la capacità di crescere molto valida. Il problema forte da affrontare da parte delle autorità locali è un problema sicuramente anche logistico. Le comunicazioni sono piuttosto malmesse e gli spostamenti sono molto difficili. Quello che si sta cercando di fare veramente è di integrarsi tra organizzazioni non governative e istituzioni governative. Certo laddove la situazione è di violenza evidentemente la situazione è ancora più complicata.

D. – Di cosa c’è più bisogno?

R. – C’è più bisogno di progetti che diano un pò di respiro al Paese che affrontino non solo l’emergenza immediata ma che riescano, in qualche modo, a considerare quegli elementi che sono necessari perché il Paese riparta. Noi non possiamo pensare che le scuole possono essere utilizzate ancora a lungo come posti dove mettere le persone, non solo perché le persone hanno diritto a ritornare nelle loro case, ma anche perché le scuole servono per poter tornare alla normalità, per poter far crescere un Paese che altrimenti, a distanza ancora di anni e anni, patirà le conseguenze dell’alluvione.

D. – C’è qualcosa che può fare anche la gente comune? C’è una raccolta di fondi in questo momento?

R. – “Agire” continua a raccogliere fondi. Chi voglia trova tutte le informazioni su agire.it. Continuiamo a raccogliere fondi perché davvero - questo non è stato detto a sufficienza - è la più grave emergenza umanitaria con cui ci troviamo ad avere a che fare negli ultimi anni: molto più grande di quello che è accaduto in Haiti, molto più grande di quella che è stata l’emergenza Tsunami. C’è un’area paragonabile all’intera Inghilterra che è stata colpita e che praticamente ha necessità di aiuti.

L’Ue chiede alla Serbia di arrestare Mladic
Nelle ricerche di Ratko Mladic, uno dei due ultimi criminali di guerra serbi ricercati dalla giustizia internazionale, sono stati impegnati finora non meno di 10 mila uomini. Lo scrive oggi il quotidiano belgradese "Blic", precisando che tale numero comprende sia coloro che lavorano sul terreno sia il personale logistico di appoggio. L’arresto è stato posto ieri come condizione dalla Ue per ulteriori progressi della Serbia sulla strada verso l'integrazione nella Ue. Mladic è l'ex capo militare dei serbi di Bosnia accusato di genocidio e crimini contro l'umanità in primo luogo per l'assedio di Sarajevo nella guerra di Bosnia (1992-1995) e per il massacro di ottomila musulmani a Srebrenica nel luglio 1995. L’Ue chiede anche l’arresto di Goran Hadzic, ex capo politico dei serbi di Croazia. I ministri degli Esteri dei 27 hanno infatti accettato di inoltrare all'esame della Commissione europea la domanda della Serbia di adesione all'Unione, ma hanno al tempo stesso sottolineato che ogni ulteriore passo avanti di Belgrado nel processo negoziale sarà condizionato alla constatazione unanime dei 27 di progressi nella sua collaborazione con il Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi).

Continua il dibattito sulle nuove sanzioni in tema di questioni finanziarie nell'Ue
Le conseguenze per i Paesi che deviano dalle regole del Patto Ue devono essere “più automatiche e meno soggette alle decisioni politiche”: lo afferma il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, spiegando che questo è lo spirito della proposta avanzata dalla Commissione Ue a fine settembre. Proposta dalla quale per Rehn si dovrà ripartire al tavolo dei negoziati nel Consiglio Ue e al Parlamento europeo. In alternativa, c’è la proposta del rapporto finale della task force guidata dal presidente Ue, Herman Van Rompuy. Rapporto che è stato molto criticato, soprattutto dalla Bce che lo ritiene troppo debole sul fronte delle sanzioni rispetto alla proposta della Commissione Ue.

In Francia sciopero degli studenti alla vigilia del voto in Senato
In Francia oggi sciopero degli studenti contro la riforma delle pensioni, che domani passa in Senato per l’ultimo voto. Secondo l’Eliseo l’ondata di manifestazioni non inciderà sulla crescita del 2010, stimata intorno all’1,5 per cento.

In Nigeria epidemia di colera
Emergenza colera in Nigeria. Oltre 1.500 persone sono morte in Nigeria dall'inizio dell'anno. Lo rende noto l'Unicef, precisando che i casi sono triplicati rispetto all’anno scorso. Intanto, le autorità hanno scoperto 13 cadaveri bruciati. Si tratta di un episodio legato alle recenti violenze generate da un conflitto sul possedimento di terre che ha anche provocato l’incendio di decine di abitazioni e di chiese.

Si parla di 40 morti per il terremoto di ieri in Indonesia
È salito a 40 morti e 380 dispersi il bilancio del terremoto di magnitudo 7.7 che ieri ha colpito Sumatra, in Indonesia. Ed è cresciuto a 167 il numero di persone disperse dopo l'onda di tsunami che ha colpito la costa. Almeno 10 villaggi situati su isole isolate sono stati spazzati via dallo tsunami. Non risultano italiani coinvolti. Lo rendono noto fonti della Farnesina, in seguito agli accertamenti svolti dall'Unità di Crisi che ha immediatamente attivato tutti i canali in contatto con l'ambasciata locale.

Almeno 56 vittime per inondazioni in Thailandia
Hanno fatto almeno 56 vittime le inondazioni che da due settimane sconvolgono la Thailandia, le peggiori da decenni per certe regioni del nordest. Circa 2,8 milioni di persone sono state colpite dalle intemperie, perdendo la casa, la terra o il bestiame. A Bangkok, a sud delle regioni inondate, le autorità si preparano dopo molti giorni alla tracimazione del fiume Chao Praya, che potrebbe comportare una grande esondazione e inondare certi quartieri. Migliaia di sacchi di sabbia sono state installate nelle zone più esposte, ma fino ad ora non è stata segnalata alcuna esondazione nella capitale.

Negoziati per la riforma del Consiglio di Sicurezza Onu
I negoziati per la riforma del Consiglio di Sicurezza dell'Onu riprenderanno l'11 novembre con un dibattito all'Assemblea Generale. Lo ha annunciato Zahir Tanin, ambasciatore dell'Afghanistan alle Nazioni Unite e responsabile per le trattative tra i delegati del Palazzo di Vetro. La scorsa settimana Tanin, d'intesa con il presidente dell'Assemblea Generale, lo svizzero Joseph Deiss, aveva presieduto una prima sessione informale dedicata alla riforma, nel corso della quale è emersa una conferma delle posizioni degli anni scorsi. Da un lato i Paesi del cosiddetto G4 (Germania, Giappone, India e Brasile), premono per nuovi seggi permanenti. Dall'altro il gruppo Uniting for Consensus, che include anche l'Italia punta su nuovi seggi, con mandati lunghi e rinnovabili, da assegnare su base regionale. Tre dei G4 (Germania, India e Brasile) siederanno in Consiglio nel biennio 2011-12, e probabilmente sfrutteranno l'occasione per rilanciare la loro candidatura per un futuro seggio permanente. Il Portogallo (eletto anch'esso per il biennio 2011-12), con una mossa inedita, ha proposto dal canto suo di ospitare nella sua delegazione in Consiglio un rappresentante dell'Unione europea. L'obiettivo è accrescere la visibilità dell'Ue dopo i cambiamenti intervenuti con il Trattato di Lisbona. I delegati europei all'Onu avevano tentato di rafforzare lo status di osservatore dell'Unione, chiedendo che l'Ue potesse intervenire in quanto tale nel cuore e non in coda ai dibattiti come succede per gli osservatori. L'Assemblea aveva bocciato la richiesta.

Nuovi scontri a Mogadiscio
Nuovi scontri ieri a Mogadiscio con almeno due morti e tre feriti nei quartieri di Hawl-wadag, Wardigley e nel centrale mercato di Bakara. Secondo quanto riferiscono le emittenti locali che citano testimoni i combattimenti si sono verificati fra i ribelli Shabaab, legati ad al Qaeda e i peacekeeper dell'Unione africana (Ua) che hanno bombardato postazioni degli integralisti. Intanto, continua lo stallo all'interno del Parlamento somalo per il voto di fiducia al neo premier Mohamed Abdullahi Mohamed 'Farmajo', designato dal presidente Sheikh Sharif Sheikh Ahmed. Le votazioni di ieri, interrotte per una disputa che ha contrapposto il presidente e lo speaker Sharif Hassan Aden, sono state nuovamente e rimandate ad oggi.

In Yemen 15 presunti terroristi si consegnano alle autorità
Quindici presunti appartenenti alla rete terroristica di al Qaeda si sono arresi alle autorità yemenite nella provincia meridionale di Abyan, in seguito ad una mediazione tribale. Lo hanno annunciato i servizi di sicurezza secondo i quali i 15 uomini si sono consegnati al Governatore di Abyan in presenza di dignitari tribali e di loro parenti. Secondo le fonti tutti erano entrati nella rete un anno fa ed “alcuni hanno svolto un importante ruolo nei recenti scontri tra militanti di al Qaeda ed esercito a Loder e Munia”, due città della provincia del sud. La resa sarebbe stata ottenuta attraverso le pressioni delle famiglie e delle autorità tribali; inoltre “sei dei 15 uomini che si sono arresi sono molto pericolosi e figurano tra i più ricercati dello Yemen”.

Cerimonia ufficiale di ringraziamento in Cile per la conclusione positiva della difficile vicenda dei 33 cileni
Dopo l'incubo della miniera, sono tornati alla vita i 33 cileni usciti da San José dopo oltre due mesi di permanenza forzata sotto terra. E proseguono le cerimonie di ringraziamento per il positivo esito della loro vicenda. Il servizio di Francesca Ambrogetti:RealAudioMP3

Una messa di ringraziamento, una cerimonia nella sede della presidenza, una partita di calcio con funzionari del governo: così i minatori cileni hanno vissuto ieri la loro giornata più importante dopo il riscatto. Il presidente Sebastián Piñera ha voluto rendere omaggio ai lavoratori della miniera di San José che per 70 giorni sono rimasti sepolti a 700 metri di profondità nel deserto di Atacama, ma anche alla squadra di soccorso e a tutti coloro che hanno partecipato alle operazioni di salvataggio. “E’ stata la più grande dimostrazione che la fede muove montagne”, ha detto il presidente, che ha ricordato al frase di uno dei minatori: “Là sotto non eravamo 33 ma 34, Dio non ci ha lasciato mai soli”. Dopo l’esperienza limite vissuta per 70 giorni il gruppo è apparso in buona forma; per uno solo di loro è stato necessario un nuovo ricovero, ma secondo gli psicologi altri problemi potrebbero emergere quando torneranno alla vita normale.

15 Premi Nobel scrivono al G20 per il caso Liu
Pechino deve rilasciare Liu Xiaobo e la moglie Liu Xia: lo chiedono quindici premi Nobel in una lettera ai leader del G20. Lo riferisce la Ong con base a Washington Freedom Now in un comunicato. "Avrete occasione di incontrare il presidente Hu Jintao al vertice di Seul del 10 e 11 novembre e l'opportunità di discutere del caso di Liu Xiaobo. La sua liberazione non solo sarebbe benvenuta ma è necessaria", hanno scritto, tra gli altri, Desmond Tutu, Jimmy Carter, Shirin Ebadi, il Dalai Lama, Rigoberta Menchù e Lech Walesa, chiedendo anche la liberazione "immediata" di Liu Xia, moglie del premio Nobel per la pace 2010. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 299

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