A Roma la Settimana dell'accoglienza degli universitari fuori sede
A Roma lo scorso anno si sono immatricolati 230.000 nuovi universitari. Tra questi,
il 45 per cento è fuori sede. Facendo riferimento a quest’ampia fetta della popolazione
universitaria, è iniziata ieri la Settimana dell’accoglienza sul tema “Nessuno a Roma
è fuori sede: l’accoglienza dell’intelligenza”. L'iniziativa è organizzata dall’Ufficio
per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma. Tra gli appuntamenti, è previsto
la mattina del 28 ottobre un seminario di studio in programma al Campidoglio. La sera
al Teatro Argentina ci sarà poi la grande festa dell’accoglienza delle matricole.
Marina Tomarro ha intervistato mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’ufficio
per la Pastorale Universitaria.
R – L’iniziativa
della Settimana di accoglienza è un momento importante. Vuole sensibilizzare la città
ma anche le istituzioni accademiche a impegnarsi ancora di più per realizzare quelle
condizioni necessarie per quei giovani che iniziano la loro esperienza universitaria
per la prima volta. Sono dunque matricole che si inseriscono in una esperienza di
vita completamente nuova e che necessita, proprio per questa novità, di occasioni
di incontro, di sostegno, di incoraggiamento ma soprattutto di condivisione della
loro esperienza formativa che li dovrà portare pure ad essere protagonisti della storia
delle proprie città.
D. – Il 45 per cento degli studenti universitari
che studiano a Roma sono fuori sede. Qual è il modo migliore per farli sentire concretamente
a casa?
R. – Anzitutto offrendo occasioni di abitazione favorevoli e
credo che Roma offra in questo momento una grande possibilità, non solo per la presenza
di numerosi convitti cattolici ma anche perché si va potenziando sempre di più la
residenza universitaria promossa dalle università. Poi, soprattutto, creando quel
terreno di disponibilità a condividere insieme con loro questa esperienza. Penso che
il grande problema che emerge in maniera molto forte sia la questione della solitudine.
In questo senso la Chiesa cattolica può aiutare i giovani a proseguire quel rapporto
ecclesiale di impegno formativo che già si realizzava nell’esperienza delle diocesi
di provenienza.
D. – Le cappellanie universitarie in che modo possono
ulteriormente aiutare questi ragazzi?
R. – Credo che il primo grande
aiuto sia quello di offrire i sacerdoti che sono a disposizione per loro, oltre, evidentemente,
alle strutture delle cappellanie. Ma sopratutto il sapere che possono davvero incontrare
la Chiesa in università attraverso la presenza costante di tanti preti. Sacerdoti
che possano permettere loro di poter davvero affrontare questa nuova sfida con serenità
e, soprattutto, con entusiasmo.