Padre Pizzaballa: dal Sinodo un nuovo modo di sentirsi Chiesa
Per un bilancio sui lavori del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, Paolo Ondarza
ha intervistato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:
R. - E’ un
bilancio positivo. Come ho sempre detto, non ci sono risultati operativi ma è stata
una bellissima ed una forte esperienza di Chiesa trovare tutte le realtà ecclesiali
del Medio Oriente riunite qui, a Roma, con Pietro e con uno scambio di opinioni, di
idee e soprattutto di esperienze che ha arricchito tutti. Forse non ha risolto tutti
i problemi ma ci ha dato una visione molto più lucida della situazione ed anche delle
prospettive.
D. - Voi Francescani siete i custodi dei luoghi sacri legati
alla presenza di Gesù in Terra Santa, luoghi cari a tutta la cristianità e questa
condizione vi dà un po’ il termometro di quella che è anche la comunione tra le Chiese,
tra i cristiani. Quanto c’è ancora da lavorare, quale contributo crede che questo
Sinodo abbia dato?
R. - C’è ancora molto da fare, sicuramente, perché
è vero che è stato fatto un grande cammino, che molte Chiese ortodosse si sono avvicinate,
però rimane il fatto che i sospetti, i pregiudizi e le paure sono ancora molto tangibili
e visibili. Nei luoghi Santi ed in Terra Santa questo si percepisce molto. Il Sinodo
ha messo a fuoco molti problemi e le richieste precise e specifiche alle Chiese sorelle
ortodosse; ci auguriamo che sia l’inizio di un nuovo modo di parlarsi, più franco
e più chiaro.
D. - Crede che questo Sinodo abbia incoraggiato anche
la dimensione della testimonianza?
R. - Sì, che poi concretamente significa
come vivere da cristiani nella nostra realtà, che è una realtà di minoranza rispetto
alla maggioranza musulmana ed ebraica in Israele. Come vivere la testimonianza? Innanzitutto
in una maggior comunione tra le Chiese cattoliche, in maggior armonia con le Chiese
ortodosse e soprattutto essendo capaci di spendersi, investirsi ed impegnarsi nella
vita pubblica del Paese, in maniera positiva e costruttiva.
D. - Al
centro dell’attenzione dei Padri sinodali, in questi giorni, c’è anche la necessità
d’incrementare il dialogo con le altre due grandi religioni monoteiste. Quale contributo
da questo Sinodo?
R. - Questo Sinodo ha discusso a lungo del rapporto
soprattutto con l’islam; un po’ meno, per ovvie ragioni, con l’ebraismo. In alcuni
Paesi quest’esperienza è drammatica mentre in altri è più positiva e tutte e due le
anime, in questo Sinodo, sono uscite fuori. Quello che però è comune a tutti - ed
è una domanda molto forte - è la piena cittadinanza, i pieni diritti, il desiderio
di collaborare e di costruire insieme il futuro, il progetto e la visione della società
in Medio Oriente. Credo che questo Sinodo sarà ricordato come un momento molto chiaro,
molto forte e molto franco; non ci sono stati slanci positivi acritici e non c’è nemmeno
stata una voglia di criticare così, tanto per criticare. E’ stato un Sinodo molto
realista. Credo che il dialogo, così, diventerà più concreto.
D. - Nonostante
il carattere pastorale del Sinodo, si è inevitabilmente parlato del conflitto israelo-palestinese
e delle ripercussioni che questo ha sulla vita dei cristiani in Terra Santa. Oggi
la risoluzione di questo conflitto vive una nuova fase di stallo. Quale il contributo
dei cristiani?
R. - I cristiani non potranno portare un contributo operativo,
concreto, visibile e tangibile oggi, subito, immediatamente. I cristiani possono,
attraverso i legami internazionali, tenere viva l’attenzione della comunità internazionale
al problema, che è un problema reale. Possono testimoniare, nella vita come nel territorio,
una capacità di non arrendersi, di guardare avanti con un atteggiamento positivo.
D.
- Questo Sinodo può essere considerato come un nuovo punto di partenza?
R.
- Assolutamente sì. Non è la fine ma è l’inizio di una nuova esperienza. Ci sarà di
certo un nuovo modo di sentirsi Chiesa, di maggiore comunione. Una delle risoluzioni,
uno dei desideri più forti di tutti i Padri sinodali è continuare ad incontrarsi e
a parlarsi. Questo ci dice come c’era e si sentiva forte questo bisogno.
Al
Sinodo erano presenti anche alcuni delegati fraterni delle altre Confessioni cristiane.
Philippa Hitchen ha chiesto al reverendo Demosthenis Demosthenous, della
Chiesa ortodossa di Cipro, quale sia stato per lui il messaggio di questa assemblea
sinodale:
R. - Prima
di tutto un messaggio di riavvicinamento tra le nostre Chiese. E’ un messaggio che
promette anche un’ulteriore collaborazione su tutti i livelli. Quello che ho portato
io al Sinodo è stato il forte ricordo della visita del Papa a Cipro ma anche il grande
problema delle Chiese occupate di Cipro, che non sono ancora state restaurate e non
sono ancora tornate alla loro vita cristiana e al culto attivo, vita che era tale
fino al 1974. La visita del Papa nella nostra isola è stata una visita storica e la
considero l’inizio di rapporti molto più stretti. Queste visite, questi incontri,
danno davvero la possibilità di avere esperienze concrete di comunione, di migliorare
le situazioni con metodi di pace che non sono mai esistiti prima nella storia dell’isola.