2010-10-23 15:34:16

Voci dal Sinodo: le testimonianze di mons. Shomali e di una focolarina


Dunque, il Sinodo per il Medio Oriente si avvia verso la conclusione. Per un bilancio dei lavori e un commento al Messaggio finale, presentato ieri sera, Paolo Ondarza ha intervistato mons. William Hanna Shomali, vescovo titolare di Lidda, ausiliare patriarcale di Gerusalemme dei Latini e vicepresidente della Commissione per il messaggio.RealAudioMP3

R. - Abbiamo cominciato con molta dispersione, molte diversità, ma vedo che convergiamo verso proposte concrete, dove c’è unanimità e verso un messaggio che rappresenta veramente le idee comuni dei Padri sinodali.

D. - Può accennare a qualcuno di questi punti su cui i Padri sinodali hanno ottenuto una convergenza di vedute?

R. - Posso dire che esiste la convergenza su tutti i punti, a cominciare dalla necessità di una conversione personale collettiva a livello cattolico-orientale. Poi è stata sottolineata l’esigenza di una maggiore comunione tra le Chiese, perché ciascuna tende a chiudersi un po’ in un ghetto, come un’isola separata. In terzo luogo l’unione con le Chiese non cattoliche: è stata chiesta con forza l’unificazione della Festa di Pasqua, un problema concreto, esistente sin dal primo secolo. E’ uscito fuori anche il problema del dialogo interreligioso ed è stata molto citata l’espressione del Papa in Germania, quando ha parlato del dialogo con i musulmani, dicendo che ‘non è un bisogno transitorio ma è una necessità da cui dipende l’avvenire dell’umanità’. Questo si applica anche all’ebraismo e alle altre religioni. Abbiamo parlato anche dell’emigrazione cristiana dalla Terra Santa: siamo tutti d’accordo sul fatto che un Medio Oriente senza cristiani non è il Medio Oriente. Ora stiamo pensando alle possibili soluzioni per stabilire queste comunità di emigranti, ma di certo una delle basi che non può mancare è, da parte dei cristiani, l’esser saldi nella fede e saldi nella Parola di Dio: questo dà ai cristiani il senso della propria vocazione, cioè quella di rimanere in Medio Oriente. Essi sono chiamati a vivere là come testimoni di Gesù Cristo.

D. - Lei accennava alla possibilità di unificare la Festa della Pasqua. E’ una possibilità vicina?

R. - E’ molto difficile, perché i nostri fratelli ortodossi hanno molta difficoltà a cambiare il loro calendario. Per loro è più che un calendario: fa parte della loro intima tradizione liturgica. Allora preghiamo affinché, o loro o noi, si possa fare un passo per venirsi incontro. Una delle parti deve concedere qualcosa all’altra.

D. - Il Messaggio pone le basi per il futuro della Chiesa in Medio Oriente?

R. - Il Messaggio mira a dare speranza a tutte le comunità cristiane, ma è anche un messaggio per i non cristiani, per dire loro che noi desideriamo, con tutte le nostre forze, vivere con loro come fratelli e sorelle e collaborare nel settore educativo, sociale ed umanitario.

Durante gli interventi delle varie Congregazioni, i Padri sinodali hanno riconosciuto il ruolo che i nuovi movimenti hanno nella vita delle comunità. “Il loro contributo – è stato detto - non rappresenta una minaccia per le Chiese orientali, bensì un arricchimento all’impegno nel preservare la presenza cristiana”. E’ il caso del Movimento dei Focolari radicato in Medio Oriente dal 1967: oggi conta circa 15mila tra membri e aderenti cattolici di vari riti. Al microfono di Paolo Ondarza, Rita Moussallem, uditrice al Sinodo, racconta la sua esperienza nel Movimento dei Focolari in Libano:RealAudioMP3

R. - Noi siamo nei Paesi del Medio Oriente dalla fine degli anni Sessanta e quello che ci ha sempre aiutato è “il farsi uno”, come dice San Paolo, farsi uno con le persone, con l’ambiente. Questa spiritualità di comunione che porta il Movimento dei Focolari è entrata nell’ecumenismo: oggi ci sono persone di altre Chiese - soprattutto ortodosse - che vivono questa spiritualità. Inoltre ci siamo lanciati anche verso il dialogo con le grandi religioni. Certo, per creare un dialogo bisogna essere veri cristiani, quindi da un lato formare molto bene i nostri membri alla vita cristiana, alle verità cristiane e poi andare verso l’altro, costruire ponti.

D. - Quali sono le principali difficoltà nel costruire ponti?

R. - Sono tante le difficoltà in Medio Oriente. Ci sono le divisioni tra le Chiese, ci sono i conflitti politici e ci sono poi i conflitti tra le religioni. In Medio Oriente sono nate le tre grandi religioni monoteiste: da un lato c’è una ricchezza enorme, ma dall’altro ci sono delle grandi sfide. Bisogna cambiare i cuori per accogliere l’altro, ci vuole una conversione e ci vuole anche la grazia. Per costruire ponti bisogna guardare all’altro.

D. - Ha riscontrato questa disponibilità nel guardare all’altro?

R. - Sì, perché la gente è anche buona. La gente vuole la fraternità, però tante volte ci lasciamo prendere dalle difficoltà, dai conflitti; anche dalle difficoltà personali oltre a quelle sociali e del gruppo.

D. - Nella sua esperienza le viene in mente un’occasione in cui situazioni tanto diverse, tanto in contrasto tra loro hanno trovato un punto di convergenza?

R. - Ho conosciuto una persona molto preparata, molto colta, un musulmano; era mosso soprattutto dal fatto di voler affermare che la sua religione fosse quella più vera e che le altre, quindi, avessero torto. Incontrando anche i membri focolarini, ha toccato un’altra verità: è rimasto colpito dalla loro testimonianza e ad un certo punto lui stesso si è chiesto: “come posso essere certo che gente così non possa entrare in Paradiso”; secondo lui infatti la salvezza era solo per i musulmani. Non solo si è aperto profondamente, ma è diventato anche un vero ponte di fratellanza e oggi, parlando anche ai musulmani, li invita a chiedersi: “ma se tu fossi l’altro, come vorresti essere trattato?”.

D. - Lavorare per “Comunione e testimonianza” essere in comunione e testimoniare, è anche il ruolo a cui sono chiamati i movimenti, in Medio Oriente…

R. - Sì, perché non si può testimoniare se non si è in comunione. La vita di comunione è poi la vita di Gesù, la vita dei primi cristiani. Nel mondo di oggi la gente necessita di questa testimonianza di unità, di comunione.







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