Polonia: no dei vescovi alla fecondazione in vitro
"La fecondazione in vitro è la sorella minore dell'eugenetica" hanno ricordato i vescovi
polacchi ai politici in procinto di discutere in Parlamento la legge sulla procreazione
assistita ancora assente dall'ordinamento polacco. In una lettera del 18 ottobre,
firmata tra gli altri dal presidente della Conferenza episcopale polacca (Kep), mons.
Jozef Michalik, e indirizzata alle massime cariche dello Stato, i presuli – riferisce
il Sir - ricordano che "ogni ricorso a metodi di concepimento al di fuori dal grembo
materno presuppone la selezione di feti e implica l'uccisione" di quelli giudicati
più deboli. Oltre all'"eugenetica selettiva", tra gli effetti negativi di un'eventuale
legge che ammettesse il ricorso alla fecondazione in vitro i vescovi indicano la disgiunzione
dell'atto di procreazione da quello del matrimonio, implicando conseguenze nefaste
particolarmente per i bambini "che vengano al mondo grazie all'operato di terzi".
Inoltre l'ammissione delle procedure di fecondazione assistita in vitro, ammoniscono
i vescovi "determina ineluttabilmente la necessità di ridefinire il concetto di paternità,
maternità e fedeltà coniugale, portando squilibri nelle relazioni familiari e contribuendo
a minare le fondamenta della vita sociale". I vescovi sottolineano che le tecnologie
usate per la fecondazione in vitro non sono la cura dell'infertilità e che le persone
che ricorrono a quei metodi rimangono infertili e ribadiscono la necessità di attivare
programmi di profilassi e di cura dell'infertilità. L'arcivescovo di Varsavia, mons.
Kazimierz Nycz, ha spiegato che la lettera "è stata scritta non perché il Parlamento
polacco inizierà a breve il dibattito sui progetti di legge che riguardano la procreazione
assistita ma perché coloro che vorrebbero rendere ammissibile il metodo in vitro ne
nascondono le conseguenze alle persone che dovranno decidere di approvarlo". "Esistono
limiti che l'uomo non può cercare di valicare", ha sottolineato il presule.