La Santa Sede all'Onu: combattere la povertà non è un atto di carità ma di giustizia
Combattere la povertà non è un atto di carità ma di giustizia: è quanto ha affermato
l’arcivescovo Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu,
intervenendo giovedì scorso alla 65.ma Assemblea generale in corso al Palazzo di Vetro
di New York. “La povertà – ha detto - è un insulto alla nostra comune umanità”, abbiamo
i mezzi per sconfiggerla, ma “ne abbiamo la volontà?”. Il presule, ricordando le promesse
e gli impegni presi dalla Comunità internazionale nel 2000 per dimezzare fame e miseria
entro il 2015, ha denunciato la diminuzione degli aiuti da parte dei Paesi donatori
a causa dell’attuale crisi. Ha invocato quindi “una maggiore solidarietà” nel “riconoscimento
comune dell'appartenenza all'unica famiglia umana”, sulla base anche del principio
della destinazione universale dei beni sulla terra. E accanto alla solidarietà – ha
spiegato – c’è la sussidiarietà, il principio secondo il quale gli aiuti non devono
stimolare la passività di chi riceve ma promuoverne l’iniziativa, in modo che i Paesi
poveri diventino i veri protagonisti del proprio sviluppo. In questo contesto il presule
ha esortato a non emarginare le nazioni in via di sviluppo dal mercato mondiale, ma
anzi a fare in modo che siano favorite negli scambi commerciali. Mons. Chullikatt
ha quindi affermato la necessità di “investire nell'istruzione e nella formazione”
per promuovere il progresso dei popoli. Nello stesso tempo è dovere della comunità
internazionale garantire l’accesso alle medicine per i più poveri di fronte a malattie
come malaria, tubercolosi, tetano e Aids. “A più di 60 anni dalla proclamazione e
dall'adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo – ha concluso il
rappresentante vaticano - è inaccettabile che centinaia di milioni di persone vivano
ancora in condizioni disumane e siano privati del godimento dei diritti fondamentali”.