2010-10-23 15:15:52

Guerra in Iraq: 100mila le vittime, 60mila sono civili


“Nessuna sorpresa” nei documenti sulla guerra in Iraq pubblicati da Wikileaks. La prima reazione ufficiale del governo di Baghdad, affidata al Ministero dei diritti umani dopo la pubblicazione, ieri, da parte del sito americano di 400 mila documenti ritenuti segreti sulla guerra in Iraq. In una conferenza stampa stamani a Londra, il capo di Wikileaks, Julian Assange, ha detto di voler "correggere gli attacchi alla verità", dopo che già in passato aveva rivelato informazioni sul conflitto afghano. Il servizio di Elena Molinari:RealAudioMP3

Sono morti almeno 109 mila iracheni, di cui oltre 60 mila civili, in Iraq, tra l’inizio tra dell’invasione statunitense nel 2003 e il 2009. Il dato è emerso da una montagna di file militari segreti statunitensi ottenuti da Wikileaks. I documenti rivelano anche agghiaccianti torture nelle prigioni irachene da parte di militari iracheni, con il benestare delle autorità locali ma con anche, e spesso, la conoscenza degli americani. I quasi 400 mila rapporti dell’esercito Usa sembrano essere stati passati a Wikileaks dallo stesso analista militare, Manning, che avrebbe già dato al sito 90 mila documenti sull’Afghanistan. Degli oltre 60 mila civili rimasti uccisi nel conflitto, dunque, oltre 15 mila hanno perso la vita in incidenti che finora non si conoscevano: i civili iracheni – si apprende – furono mandati avanti su strade minate da almeno un capo di un plotone americano. I documenti gettano luce anche sul coinvolgimento dell’Iran nel conflitto, in particolare per quanto riguarda il supporto fornito alle milizie sciite. Si scopre, inoltre, che i tre giovani americani finiti nelle carceri iraniane perché accusati di avere sconfinato, sarebbero stati invece rapiti in territorio iracheno. Il Pentagono e il Dipartimento di Stato Usa hanno condannato la pubblicazione dei documenti, perché metterebbero a rischio la vita dei soldati sul campo.

Scontri in Pakistan: distrutte due basi terroristiche
Continuano le offensive in Pakistan. Nella notte soldati dell’esercito regolare pakistano hanno distrutto alcune basi dei ribelli, uccidendo almeno 10 militanti. L’offensiva èavvenuta a Orakazai, nel nord ovest del Paese. Dagli Stati Uniti, è arrivato intanto l’impegno ufficiale a donare due miliardi di dollari al governo di Islamabad per rafforzare la lotta al terrorismo. Hillary Clinton, segretario di Stato americano, impegnata a Washington in un incontro con una delegazione di Islamabad, ha pubblicamente ringraziato le autorità pakistane definendo il Paese il più solido degli alleati alla lotta al terrorismo.

L’azione dei maoisti insanguina le elezioni in India
Tensioni e scontri armati nello Stato di Bihar, nell’India del nord, dove in questi giorni si stanno svolgendo le elezioni per il rinnovo del parlamento. Sei poliziotti sono stati uccisi in un agguato teso dai ribelli maoisti: una mina è stata fatta esplodere al passaggio del convoglio militare impegnato in un’operazione di pattugliamento. L’accaduto ha fatto innalzare la soglia di guardia nel distretto di Sheohar, nello Stato di Bihar, roccaforte dei ribelli, dove oggi si tiene la seconda fase elettorale delle sei previste. Il primo ministro indiano, Manmohan Singh, ha definito la guerriglia naxalita, nome del gruppo maoista, la più grande minaccia interna alla sicurezza del Paese. Grande preoccupazione desta, inoltre, la visita ufficiale del presidente americano, Barack Obama, prevista per il 6 novembre. Si temono, infatti, attacchi terroristici in Kashmir ad opera di ribelli islamici infiltrati dal Pakistan. Tre sospetti militanti del gruppo islamico estremista Jaish-e-Mohammed sono stati uccisi ieri dalle forze dell'ordine dopo una lunga battaglia. Facevano parte di un commando pronto a lanciare attacchi suicidi contro diversi obiettivi militari della regione.

Approvata la ristrutturazione del Fondo monetario internazionale
Al via un cambiamento decisivo nelle strutture del Fondo monetario internazionale (Fmi). I ministri finanziari del G20, riuniti in Corea del sud, hanno dato il loro assenso a riformare la governance e l’assetto dell’organizzazione. Tra le decisioni più importanti, quella del trasferimento del 6 per cento delle quote di capitale dei Paesi sviluppati ai Paesi emergenti, la diminuzione di alcune quote da parte di Paesi storici quali l’Italia in favore della Cina - che diventa così il terzo azionista del Fondo - e la decisione di far sedere nel Consiglio Brasile, Russia, India e Cina. L’Europa ha ceduto due seggi, garantendo in questo modo una maggior rappresentazione dei reali protagonisti economici. Grande entusiasmo del direttore esecutivo, Strauss-Kahn, che ha definito l’accordo “storico e il più importante dalla nascita del Fmi”.

La Banca centrale europea frena il Patto di stabilità
"No" della Banca centrale europea alla revisione del Patto di stabilità proposta dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, e dal presidente francese, Nicolas Sarkozy. Sulle riserve e sulle difficili prospettive di accordo, il servizio di Marco Onali:RealAudioMP3

Dopo il "no" di ieri del presidente Trichet, oggi Lorenzo Bini Smaghi, del comitato esecutivo, ha ribadito le critiche al testo proposto per rivedere i criteri vincolanti in materia di deficit. “Non siamo d'accordo su alcuni punti che riteniamo troppo deboli”, ha affermato, riferendosi soprattutto a quel sistema di sanzioni che la banca avrebbe voluto molto più automatiche e immediate nei confronti dei Paesi non virtuosi. L’attenzione si sposta quindi sul vertice dei capi di Stato che si terrà la prossima settimana e che discuterà del progetto di revisione del Trattato di Lisbona. “E' per noi un obiettivo molto importante”, ha ribadito oggi Merkel, che pretende dal Consiglio Ue un “mandato chiaro” per cambiare le regole entro la prossima primavera, per arrivare alla ratifica delle modifiche entro il 2013. Ma su questo i 27 rischiano di spaccarsi e al tavolo dei leader si preannuncia una trattativa difficile. Due gli obiettivi della Germania, condivisi dalla Francia: arrivare a sanzioni anche politiche nei confronti dei Paesi recidivi nel violare i parametri del deficit e del debito - come la sospensione temporanea del diritto di voto nel Consiglio Ue - e mettere a punto un Fondo permanente anticrisi, per il salvataggio dei Paesi dell'euro in difficoltà finanziarie. L’accordo Sarkozy-Merkel, però, suscita molte preoccupazioni nelle istituzioni comunitarie e non è affatto piaciuto in molte capitali, che di modifiche del Trattato non vogliono sentir parlare. Possibile, dunque, che al tavolo dei leader europei si faccia avanti anche l'idea si sondare strade alternative, per vedere se l'obiettivo di un rafforzamento ulteriore, sia del Patto Ue sia della rete di sicurezza per i Paesi della zona euro, sia possibile anche senza toccare il Trattato.

Il Senato francese ha approvato la riforma delle pensioni: continuano gli scioperi
È stata votata dal Senato francese la riforma delle pensioni con la quale sarà innalzata l’età minima pensionabile da 60 a 62 anni. Con 177 voti a favore, 153 contrari e 9 astenuti il provvedimento, contro cui si era mobilitata gran parte della popolazione, è stato approvato. Al voto si è arrivati, nonostante le proteste e gli scioperi che stavano paralizzando il Paese, prima della procedura d'urgenza chiesta dal governo. L’iter si concluderà la prossima settimana, con il passaggio in Commissione paritaria per l'allineamento del testo, che sarà poi sottoposto al Consiglio costituzionale. Ma nel Paese continuano i disagi, a partire dalla penuria di benzina in molte stazioni di servizio, dovuta allo sciopero delle raffinerie e al blocco di alcune riserve di carburante. Il governo spera oggi che, con l’inizio delle vacanze di Ognissanti, la protesta si indebolirà ma il Sindacato ha già annunciato il proseguimento delle proteste, con due nuovi scioperi indetti per il 28 ottobre e il 6 novembre. In settimana, sciopereranno anche gli studenti e grande è l’attesa per il voto della Commissione che lunedì prossimo analizzerà e voterà il provvedimento.

La Serbia dice "no" alla Nato
Il presidente del parlamento serbo, Slavica Djukic-Dejanovic, a margine di un incontro a Belgrado con una delegazione dell'Assemblea parlamentare della Nato, ha annunciato che la popolazione serba è decisamente contraria all’ingresso del Paese nell’Alleanza atlantica. “Sull’adesione della Serbia alla Nato non vi è eccessivo appoggio, cosa questa abbastanza logica se si considera che il ricordo e le ferite dei bombardamenti Nato del 1999 sono ancora presenti”, sono state le sue parole. Il capo di Stato ha tuttavia ricordato che c’è largo favore per un eventuale ingresso nell’Unione Europea. La delegazione Nato, guidata da Enzo Bianco, vicepresidente della Commissione sulla dimensione civile della sicurezza dell'Assemblea parlamentare, è stata inoltre messa al corrente delle strategie difensive del Paese, delle sue politiche cooperative, delle sue relazioni con Nato e Ue, della situazione in Kosovo e nel resto dei Balcani occidentali.

Emergenza colera ad Haiti, salgono a 200 i morti e oltre 2000 i contagiati
Nuova emergenza umanitaria ad Haiti: sarebbero oltre 200 le vittime dell’epidemia di colera che ha già contagiato più di 2000 persone. I primi dati, destinati tuttavia a salire, sono stati confermati dall’Organizzazione Mondiale della sanità. La zona colpita è quella delle campagne della capitale, Port-Au Prince, mentre non sono stati rivelati casi di contagio in città, dove vivono accampati e privi di servizi sanitari di base oltre 1,5 milioni di senzatetto, rifugiati nei campi dopo il terremoto dello scorso anno. Il ministro della Sanità, Alex Larsen, in accordo con il presidente, Renè Preval, hanno invitato tutti gli ospedali privati ad accettare i pazienti e invocato l’aiuto delle organizzazioni non governative. Il rischio è quello che l’epidemia possa dilagare anche nella vicina Santo Domingo, dove si sta preparando un piano di contenimento.

A Pechino giovani tibetani protestano contro il governo
Nuova manifestazione contro il governo in Cina, dove centinaia di giovani tibetani stanno manifestando contro le nuove limitazioni imposte all'uso della lingua tibetana. L'ondata di proteste, che sembra essere la più vasta dopo quella del 2008, è iniziata martedì scorso a Tongren, nel Qinghai, una provincia che confina con la Regione Autonoma del Tibet con una forte presenza di tibetani, ed è arrivata nella notte a Pechino. Gli studenti, tutti compresi tra i 12 e i 18 anni, chiedono l’uguaglianza di tutte le etnie e la possibilità di esprimersi nella loro lingua. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 296

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