Almeno 135 morti ad Haiti per una grave epidemia di colera ad Haiti
Le autorità di Haiti e le organizzazioni umanitarie operative sull’isola sono in stato
di massima allerta per una grave epidemia di colera, che ha già ucciso almeno 135
persone. Rischia dunque di precipitare la situazione, resa già insostenibile dopo
il terremoto dello scorso gennaio, che causò oltre 200mila morti. Sulla situazione
sanitaria ad Haiti, Salvatore Sabatino ha intervistato Federico Filidei,
medico del Gruppo di chirurgia d'urgenza dell’ospedale di Pisa, che si era recato
ad Haiti nel post-terremoto:
R. – La situazione
al nostro arrivo era ovviamente disastrosa. La città era un brulicare di persone che
stavano fuggendo, ovviamente soprattutto nella parte più vicina al centro gli edifici
erano completamente crollati. Quindi, è una situazione molto, molto precaria.
D.
– Nonostante sia passato molto tempo, comunque la situazione purtroppo non è cambiata,
nonostante gli appelli lanciati alla comunità internazionale. Si poteva immaginare
un’epidemia di colera di questa entità?
R. – Dal mio punto di vista,
devo dire di sì. Secondo me, quando siamo arrivati la sensazione che ha avuto tutto
il gruppo è quella di una catastrofe, letteralmente, di una situazione da cui fosse
estremamente difficile risollevarsi, soprattutto per l’entità della distruzione del
centro, che ha colpito i punti nevralgici della città, nonché per il fatto che Haiti
di per sé non è un Paese con infrastrutture che potessero essere adeguate ad affrontare
la situazione. Quindi sì, la risposta è che era prevedibile.
D. – Come
si fa a fermare, dal punto di vista medico, un’epidemia di colera?
R.
– Il principale punto chiave è l’acqua, sicuramente, e l’igiene. La situazione non
prevedeva nessuna delle due cose. Il numero dei morti che ci sono stati, il fatto
che ci sia molto fango e che siano pochissime le strade asfaltate e forti le piogge,
sono tutti elementi che favoriscono l’inquinamento delle acque; e per il fatto che
non abbiano acqua potabile, va da sé che l’epidemia esplode.
D. – Il
gruppo di chirurgia d’urgenza dell’azienda ospedaliera universitaria di Pisa ha già
preso parte ad altre emergenze, come lo tsunami in Sri Lanka. Quella di Haiti, da
medico, rispetto alle altre esperienze sul campo, è e resta più drammatica?
R.
– Sì, assolutamente. Io personalmente ho svolto missioni in Iran, in Cina, durante
lo tsunami … quella di Haiti è stata in assoluto la cosa più tremenda, anche perché
i tipi di trauma erano gravi, si sono anche protratti nel tempo e lì la situazione
era di sbando. In altre realtà, anche quella dello Sri Lanka, le condizioni di organizzazione
dello Stato e delle infrastrutture erano già più presenti. Questa di Haiti, per tanti
versi, ha scosso la comunità internazionale non solo nel momento, ma poi per tutte
le ripercussioni. Non è un caso, appunto, che si continui a parlare di questa situazione!
Spero davvero che la comunità internazionale decida e abbia la possibilità di intervenire
in maniera massiccia.