2010-10-22 15:00:00

Mons. Ravasi, tra i prossimi cardinali: la Chiesa rilancia il dialogo con i non credenti


Tra i prossimi cardinali, come annunciato dal Papa mercoledì scorso al termine dell’udienza generale, ci sarà anche l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Elena Martetskaia, del Programma bielorusso della nostra emittente, lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Devo dire che questa nomina ha un significato particolare, nella stessa strategia generale del Pontificato di Benedetto XVI, perché entra nell’ambito della cultura: è in qualche modo dare un significato alto a questo orizzonte. Così come è stato, nell’interno di queste nomine, assegnando un orizzonte importante all’ecumenismo, al dialogo ecumenico. Direi che questi due aspetti si incrociano tra di loro, al di là delle nostre persone.

D. – Eminenza, la sua nomina guarda anche al dialogo con i non credenti …

R. – Certo, se la nomina del presidente del dicastero per l’unità, mons. Koch, a cardinale sottolinea l’importanza dell’ecumenismo, la mia nomina sottolinea l’importanza del dialogo con il mondo della cultura. Il dialogo con il mondo della cultura ha almeno tre volti diversi: il primo è quello – naturalmente – con le grandi arti, tutte le diverse forme delle discipline artistiche ed è per questo che ho organizzato, il 21 novembre 2009 nella Cappella Sistina, un incontro tra il Papa e 300 artisti provenienti da tutto il mondo. Dall’altra parte – in secondo luogo – c’è anche il recupero della grande tradizione artistica che sta alle nostre spalle ma, soprattutto, il terzo ambito è quello del mondo non credente. Abbiamo costituito il “Cortile dei Gentili”, cioè ricorrendo a questa immagine usata dal Papa che era propria del Tempio di Gerusalemme, dove anche i pagani potevano accedere al Tempio, ad uno spazio particolare, così da vedere che cosa si svolgeva al di là e viceversa, nella stessa maniera noi vogliamo ora far sì che si vada sulle frontiere, sui confini dove da un lato ci sono i credenti e dall’altro ci sono gli agnostici, gli atei, gli indifferenti cercando in qualche modo di dialogare sui grandi temi, nella convinzione che questo sia il modo per un incontro profondo a servizio dell’uomo.

D. – Nella conferenza svoltasi recentemente a Mosca, alla quale lei ha partecipato, è stato trattato anche il tema del rapporto tra scienza e fede …

R. – Uno degli ambiti, dei territori più interessanti, più vivaci per il dialogo con i non credenti è proprio quello del rapporto fede-scienza. Fino ad un po’ di tempo fa – soprattutto in molti Paesi dell’Est, quando c’erano regimi che erano, per loro natura, anti-cristiani o perlomeno lontani dalle visioni cristiane – si considerava la religione come una sorta di reperto del Paleolitico, del passato culturale, non aveva una dignità, mentre si riteneva invece la scienza l’unica espressione. Ora, invece, si parla sicuramente di due percorsi paralleli: l’itinerario della fede, della teologia, e l’itinerario della scienza. Il primo cerca di trovare il fondamento della realtà, il fondamento profondo, segreto, il senso della realtà; l’altro, invece, cerca di spiegare il fenomeno, la scena, l’evoluzione dei dati, delle realtà che sono nell’interno del mondo e dell’uomo stesso. Per questo motivo penso che il dialogo tra fede e scienza, come è accaduto a Mosca e come noi stiamo facendo in tanti altri Paesi, possa avere un risultato significativo proprio con il mondo della non credenza.







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