2010-10-22 14:25:56

Intervento di S. E. Barnaba EL SORYANY, Vescovo della Diocesi Copto-Ortodossa di San Giorgio Roma (ITALIA), Delegato Fraterno


Sua Santità il Papa Shenouda III, Papa di Alessandria e Patriarca dell’Episcopato di San Marco, mi ha conferito l’incarico di partecipare al Sinodo come suo rappresentante e di esprimere la sua sentita gratitudine a Sua Santità per aver esteso un invito a partecipare ai lavori sinodali. Mi ha affidato il compito di offrire un tributo di amore fraterno a Sua Santità e a tutti i membri del Sinodo, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, pregando e sperando che Dio conceda al Sinodo di produrre i frutti sperati per il benessere e la considerazione dei cristiani del Medio Oriente.

Permettetemi di dire che questo Sinodo giunge in uno stadio molto avanzato, poiché i conflitti e le persecuzioni che la nostra regione sta patendo si sono moltiplicati, diventando lamenti e sofferenza, causando la migrazione di un gran numero dei giovani cristiani migliori, che si lasciano alle spalle la loro patria. Intendo dire che lasciano indietro anche i loro cuori, con la loro storia, la loro cultura e la loro tradizione autentiche, per vivere e trovare accoglienza in un altro paese, le cui tradizioni e il cui modo di vivere sono loro estranei, non in sintonia con la loro natura, ma, se confrontati con quello che hanno passato, certo più sicuri e tranquilli, in grado di offrire loro e ai loro figli la speranza di un futuro migliore.
Il tema di questo Sinodo sulla comunione e la testimonianza assume nuovo significato e importanza se consideriamo la sofferenza e le sfide che i cristiani del Medio Oriente devono affrontare, a motivo di conflitti politici precari e complessi, soprattutto quello arabo-israeliano, come pure delle guerre che questa regione ha visto e sta ancora sopportando; guerre che hanno causato una recrudescenza dei problemi del Medio Oriente, dove, per reazione, sono sorti movimenti salafisti sia anti-ebraici che anti-cristiani, mentre lo spirito di odio, di ripulsa nei confronti dell’altro e l’isolazionismo vengono avvertiti dall’altra parte come risposta alla pressione psicologica e alla persecuzione. Tutto questo fino al martirio, l’emarginazione e la sensazione di essere cittadini “non indigeni” sottoposti a discriminazione sul lavoro, nelle istituzioni politiche e nei consigli parlamentari e locali.
In questo senso compito della Chiesa, in quanto realtà che deve vivere e convivere, è soprattutto quello di gestire quelle comunità che hanno abbandonato la patria e si sono sparpagliate in tutto il mondo - come pure gestire le comunità che sono rimaste all’interno dei paesi, incoraggiandole a non abbandonare la loro patria e cercando di risolvere i loro problemi il più possibile, grazie all’interessamento di funzionari.
Per la mia esperienza personale, posso confermare che siamo stati costretti a sopportare la realtà dell’emigrazione. Tuttavia la chiesa copta ha preso coscienza dei pericoli dell’emigrazione e dell’immigrazione, di abbandonare un paese quali che siano le ragioni dell’esilio. Di conseguenza, con la sua acuta intelligenza e sensibilità spirituale, Papa Shenouda III ha riconosciuto la necessità delle nostre comunità di migranti copti (circa due milioni di cristiani copti) che risiedono all’estero di vivere nel medesimo ambiente spirituale ecclesiastico orientale in cui sono nati, e in cui sono stati educati secondo le loro tradizioni. Ecco perché Papa Shenouda III ha inviato la chiesa a cercare queste comunità di fedeli per occuparsi di loro perché non si perdessero e per far sì che non perdessero la loro identità copta, nel timore di vederli scomparire all’interno di comunità straniere. Per questa ragione ha costruito chiese e monasteri e ha fondato scuole copte nei paesi di immigrazione quali:
Negli Stati Uniti: circa 160 chiese copte egiziane, due monasteri e cinque vescovi;
In Canada: 20 chiese copte;
In Bolivia: diverse chiese e un vescovo;
In Brasile: diverse chiese e anche un vescovo;
In Australia: 20 chiese copte, un monastero e tre vescovi;
In Europa: chiese in quasi tutti i paesi europei, tre monasteri e tre vescovi;
In Sudan: due parrocchie, due monasteri e due vescovi;
In Sudafrica: chiese in Kenia, Zimbabwe e altri paesi - un monastero e due vescovi. Ha fondato inoltre scuole copte negli Stati Uniti, in Canada e in Australia.
Vorrei affermare che noi ci aspettiamo molto da questo Sinodo, grazie all’impegno di Sua Santità e dei membri del Sinodo. Ci auguriamo che esso rappresenti un raggio di speranza in grado di portare migliori soluzioni ai problemi dei cristiani in Medio Oriente.
Ringrazio i membri del Sinodo che sono riusciti, grazie ai loro interventi, a coprire tutti gli aspetti che hanno vissuto e testimoniato, dimensioni queste che hanno avuto un’influenza diretta o indiretta sul movimento migratorio del Medio Oriente.

[00200-01.04] [DF010] [Testo originale: inglese]







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