2010-10-22 14:53:45

Intervento di Mons. Flavien Joseph MELKI, Vescovo titolare di Dara dei Siri, Vescovo di Curia di Antiochia dei Siri (LIBANO), "in scriptis"


Il paragrafo 25 dell’Instrumentum Laboris invita i cristiani del Medio Oriente a dare il proprio contributo, insieme ai musulmani moderati e illuminati, per riuscire a instaurare negli Stati islamici in cui vivono, una “laicità positiva” che garantirebbe l’uguaglianza di tutti i cittadini riconoscendo il ruolo benefico delle religioni. Questa riforma del regime politico e teocratico dei nostri paesi favorirebbe “la promozione di una democrazia sana”.
Queste proposte, benché auspicabili e legittime, hanno la possibilità di essere messe in pratica? È pensabile che i paesi arabi del Medio Oriente, in cui il fondamentalismo continua a inasprirsi, accetteranno, in un futuro prossimo, di abbandonare i loro regimi teocratici, fondati sul Corano e sulla Shari’a che comportano una evidente discriminazione nei confronti dei non musulmani? Mi sembra utopico per i secoli a venire.
A eccezione del Libano, i circa 15.000.000 di cristiani del Medio Oriente sono, sottoposti da 14 secoli a molteplici forme di persecuzione, di massacro, di discriminazione, di sopruso e di umiliazione. Ancora oggi, nel III millennio, assistiamo impotenti, con il cuore straziato, alla prova dei nostri fratelli iracheni e al loro esodo di massa.
Dovremo attendere la scomparsa dei cristiani del Medio Oriente per alzare la voce e reclamare con forza libertà, uguaglianza e giustizia per queste minoranze religiose minacciate nella loro sopravvivenza? Il mondo civile assisterà con indifferenza alla loro estinzione?
Occorre quindi agire, senza tardare, per riformare questi regimi islamici. I cristiani del Medio Oriente non saprebbero, da soli, raggiungere questo obiettivo. Devono essere aiutati dalla Chiesa universale e dai paesi democratici.
1 - La Santa Sede potrebbe intervenire, in questo senso, presso i paesi con i quali intrattiene relazioni diplomatiche.
2 - I paesi europei, gli Stati Uniti e i paesi rispettosi dei diritti umani dovrebbero fare pressione, a tutti i livelli, sui regimi che ledono i diritti inalienabili della persona umana, per spingerli a riformare le loro leggi, ispirate alla Shari’a islamica, che considerano le minoranze religiose come cittadini di seconda classe.
E perché non chiedere alle istanze internazionali di perorare la causa dei cristiani, vittime di discriminazione, ed esigere che i paesi islamici trattino i cristiani alla stregua degli Stati europei, che conferiscono alle minoranze di musulmani, divenuti cittadini, gli stessi diritti dei propri abitanti autoctoni.
Mobilitando così l’opinione pubblica internazionale, i cristiani avrebbero delle buone ragioni per sperare e ritroverebbero la loro dignità di cittadini a pieno titolo, cosa che li spingerebbe a non espatriare.
Dobbiamo reclamare incessantemente i nostri diritti lesi e la nostra dignità calpestata e operare instancabilmente per ricomporre questa situazione anormale, secondo la Parola di Cristo: “Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7, 7). O ancora, seguire l’esempio della vedova del Vangelo, senza mezzi di difesa, che insistendo ha potuto infine ottenere da un giudice iniquo, senza fede e senza cuore, che venisse fatta giustizia.

[00196-01.06] [IS004] [Testo originale: francese]







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