L'Europarlamento allunga il congedo di maternità e apre ai papà
Il Parlamento europeo ha approvato ieri in prima lettura la proposta di direttiva
sui congedi parentali. Il congedo di maternità dovrà essere di 20 settimane, al 100%
dello stipendio, sei delle quali obbligatorie dopo il parto. I padri dovranno avere
diritto a stare accanto ai figli per almeno due settimane sempre a paga completa.
Il testo - approvato ieri a Strasburgo con 390 sì, 192 no e 59 astensioni - passerà
ai governi europei e di nuovo all’Europarlamento. Un passo importante, spiega al microfono
di Debora Donnini, Alessandro Rosina, professore di demografia all’Università
Cattolica di Milano.
R. – L’Europa
ha bisogno di investire maggiormente sulla famiglia, sulla fecondità perché è il continente
più in sofferenza da questo punto di vista. Il segnale positivo, letto anche in termini
di attenzione per l’Italia è, soprattutto, quello di incentivare la possibilità che
ci sia un congedo di paternità di fatto, retribuito al cento per cento: può contribuire
a quel cambiamento culturale che possa consentire ai padri di avere un ruolo anche
all’interno della famiglia.
D. - Si temono polemiche in alcuni Paesi
dove il congedo è minore. La novità in Italia riguarda in parte il congedo per i padri,
mentre è già di cinque mesi per le madri, ma all’80 per cento dello stipendio. In
Italia, però, ci sono altri problemi sul fronte delle politiche familiari …
R.
– Proprio il fatto che l’Italia, comunque, ha un congedo di maternità che è già più
esteso, pur soffrendo di livelli di fecondità notevolmente più bassi rispetto ad altri
Paesi - non solo alla Francia, ma anche alla media europea - fa capire che ci sono
altre misure importanti che riguardano la possibilità di aiutare le famiglie, ad esempio
anche dal punto di vista fiscale. Qui siamo veramente molto indietro; bisognerebbe
fare uno sforzo in più perché il rischio di povertà, anche e soprattutto per le famiglie
che vanno oltre il secondo figlio, è particolarmente accentuato da noi. Inoltre, siccome
è crescente la partecipazione femminile al mercato del lavoro, è giusto che questo
non penalizzi la famiglia e per questo è importante investire in misure di conciliazione.
Noi siamo molto indietro da questo punto di vista; pensiamo, ad esempio, alla bassa
copertura degli asili nido.
D. – Alcuni, però, ritengono che nel lungo
tempo la norma potrebbe penalizzare le donne nelle assunzioni?
R. –
Sì, questa riflessione c’è. Quando il congedo di maternità è troppo rigido e troppo
lungo, può diventare addirittura penalizzante per le donne: all’interno dell’ambito
lavorativo, potrebbero magari anche essere viste dal datore di lavoro come un costo
eccessivo. Va detto, però, che altri studi fanno vedere come investire in politiche
di conciliazione, magari anche in termini di congedi più flessibili, che pure consentano
alle famiglie di vivere meglio la loro vita relazionale all’interno della famiglia
stessa, ha ricadute molto positive anche nell’ambito del lavoro. Infatti, la ricchezza
famigliare ha come conseguenza effetti positivi sulla serenità e sull’impegno lavorativo.
D.
- Un tempo c’erano allarmi sulla sovrappopolazione. Questa scelta da parte dell’Europa
indica un’inversione di tendenza: cioè, si è capita l’importanza di sostenere la crescita
demografica da molti punti di vista …
R. – C’è tutta una serie di studi
anche qui che fanno vedere le ricadute economiche causate dal declino demografico
della popolazione europea rispetto agli altri continenti, ma anche le conseguenze
della denatalità in termini di invecchiamento e di riduzione quindi, in prospettiva,
della popolazione attiva. Questo, a sua volta, si combina con l’ampio divario tra
il numero di figli desiderato dalle coppie europee e il numero realizzato che, invece,
è notevolmente più basso. Questo chiama fortemente in causa quelle politiche che possano
consentire alle coppie che desiderano figli la possibilità non di fare un passo indietro
ma semmai un passo in più.