Sinodo: si lavora all'unificazione delle Proposizioni finali
Con l’unificazione delle Proposizioni finali, proseguono oggi a porte chiuse i lavori
del Sinodo per il Medio Oriente, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e
testimonianza”. Nei giorni scorsi è stata ribadita la centralità delle Scritture per
la Pace in Medio Oriente. “La Parola di Dio, nata nella terra d’Oriente, sia fondamento
di ogni educazione, insegnamento e dialogo per costruire la civiltà dell’amore per
il bene di tutti”: ha detto mons. Botros Fahim Awad Hanna, vescovo titolare
di Mareotes e vescovo di curia di Alessandria dei Copti nella Repubblica Araba di
Egitto. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:
R. -
La Santa Scrittura è nata nella nostra terra del Medio Oriente. E’ stata ispirata
lì e la Bibbia porta le caratteristiche della nostra cultura, delle nostre lingue.
La Sacra Scrittura, la Parola di Dio è stata frutto del dialogo fra Dio e l’uomo e,
quindi, può essere “maestra di dialogo” nella nostra terra fra i cattolici, i cristiani
ed altri fratelli che non sono cristiani. La Sacra Scrittura è la maestra di una civiltà
umana, di una civiltà del Vangelo, di una civiltà dell’amore e del rispetto reciproco.
D.
- Può essere un terreno comune anche nel rapporto con le altre religioni?
R.
- Sì, ad esempio con i musulmani, perché il Corano dice che noi siamo “quelli del
Libro, credenti nel Libro” e il Libro è una base di dialogo e di comprensione fra
noi e loro.
D. – Quindi il suo è un invito a riscoprire le Sacre Scritture?
R.
- Certo. E’ un appello ai cristiani a riscoprire la ricchezza, la profondità del messaggio
divino. E’ una fonte zampillante di forza divina, alla quale possiamo nutrirci e senza
la quale non possiamo continuare a vivere. E’ vero che in Medio Oriente ci sono delle
difficoltà, ma la minaccia vera non viene soltanto dall’essere una minoranza, ma dalla
nostra separazione dalla fede, perché la divisione fra fede e vita è ancora più grave.
D.
- Quali sono, secondo lei, i principali ostacoli oggi che si frappongono tra l’uomo
e le Sacre Scritture?
R. - La mancanza di comprensione dei testi. E’
vero che la Bibbia presenta le caratteristiche della nostra cultura… ma di duemila
anni fa! Abbiamo, quindi, veramente bisogno di specialisti e di persone che studino
i Testi, ma ancora più importante è che meditino, che facciano cioè lectio divina,
perché è questa che nutre il vero spirito del cristiano.
L’importanza dei
Movimenti per la vita della Chiesa in Medio Oriente è stata più volte evidenziata
in questi giorni al Sinodo dei Vescovi. Tra le altre esperienze è stata raccontata
quella del Cammino Neocatecumenale grazie al quale molti cristiani hanno abbandonato
l’idea di emigrare. “Abbiamo incontrato tanta sofferenza, gli stessi problemi che
si trovano nella Chiesa in altre parti del mondo” spiega don Rino Rossi, uditore
all’assise sinodale e direttore della Domus Galilaeae in Terra Santa. Paolo Ondarza
lo ha intervistato:
R. - Vediamo
gli stessi problemi che si trovano altrove: e, quindi una forte secolarizzazione,
le difficoltà che hanno le famiglie, coppie giovani che si stanno separando; c’è il
problema della droga; ci sono tante famiglie che si distruggono per il problema del
gioco d’azzardo; ci sono poi le difficoltà di poter celebrare la domenica, perché
qui la domenica è un giorno di lavoro. Anche per questo noi stiamo aiutando questa
chiesa attraverso il Cammino neocatecumenale. Un’altra cosa che abbiamo vissuto in
questi ultimi tempi riguarda l’erezione di un nuovo seminario da parte del Patriarca
latino di Gerusalemme, con 25 seminaristi. La cosa che ci dà molta gioia è che una
parte di queste vocazioni sono locali.
D. - Come sono i rapporti tra
cristiani, ebrei e musulmani?
R. - Al nord, direi che i rapporti sono
buoni. Noi stessi siamo rimasti stupidi del fatto che a partire dall’apertura di questo
centro - nel 2003 - abbiamo cominciato a notare un flusso di ebrei che hanno visitato
e che continuano a visitare la nostra casa. Molti dicono che sono attratti anche dall’estetica.
Dico un dato: abbiamo fatto una stima relativa soltanto allo scorso anno e possiamo
dire che sono venuti più di 100 mila ebrei a visitare la casa, tanto che abbiamo dovuto
organizzare un’accoglienza e ci sono anche dei seminaristi che imparano l’ebraico.
Ecco, noi sentiamo di portare avanti il desiderio che ha espresso nei nostri riguardi
Giovanni Paolo II, il quale ci manifestava il desiderio che questa casa potesse diventare
un centro dove realizzare iniziative per un dialogo più profondo e più prolifico fra
la Chiesa cattolica e il mondo ebraico. Per quanto riguarda il rapporto con i musulmani,
possiamo dire di avere un rapporto molto buono e di amicizia; un rapporto senza pregiudizi.
E’ stato molto bello quando stavamo realizzando la costruzione, perché lavorano insieme
ebrei, musulmani, cristiani, drusi. Tutte le realtà che ha la Terra Santa.
D.
- L’evangelizzazione resta un imperativo in ogni luogo e si può estendere come imperativo
a tutto il Medio Oriente?
R. - Penso che sia vitale una nuova evangelizzazione,
ma dobbiamo anche concretamente aiutare i nostri cristiani a riscoprire la fede, il
loro Battesimo, perché altrimenti scompare la Chiesa. Io penso che anche in questo
Sinodo si stia prendendo coscienza di questo, perché c’è il pericolo di lasciarci
prendere da tutti questi megaproblemi, da tutti i conflitti politici che ci sono e
che esistono, ma questo può diventare anche un pericolo, che fa perdere di vista prima
di tutto quale sia la missione della Chiesa, che è veramente quella di occuparsi del
gregge.
D. - Una valutazione generale su questi lavori del Sinodo per
il Medio Oriente…
R. - Ho speranza che questo possa aprire sempre più
anche il cuore e che vi sia una apertura anche da parte dei pastori, cercando di stare
attenti a quello che lo Spirito vuole. Io penso che lo Spirito Santo voglia anzitutto
andare incontro alla maggior parte dei nostri cristiani che hanno abbandonato la Chiesa.
Per questo anche in Aula è stato ripetuto il testo e la parola di San Paolo “Guai
a me, se non mi evangelizzassi!”.