Voci dal Sinodo: interviste con padre Moussalli, mons. Nazzaro e Marco Impagliazzo
della Comunità di Sant'Egidio
Islam non vuol dire terrorismo. Un concetto, questo, ribadito più volte durante i
lavori del Sinodo per il Medio Oriente. I Padri hanno espresso la necessità di incrementare
gli sforzi per il dialogo con i musulmani. Su questo si sofferma, al microfono di
Paolo Ondarza, padreRaymond Moussalli, protosincello di Babilonia
dei Caldei per la Giordania:
R. – Vogliamo
aprire le porte soprattutto ai musulmani moderati. Non vogliamo un islam contro i
cristiani. Noi sappiamo che anche loro, come noi, credono in un unico Dio.
D.
– Il rapporto con l’islam è, secondo lei, uno degli aspetti più importanti tra quelli
emersi dal Sinodo?
R. – Sì, è molto importante in questi tempi, dopo
l’offensiva condotta in alcuni Paesi dagli estremisti contro i cristiani: tanti cristiani
iracheni sono scappati dal Paese, sono stati costretti perché sono cristiani. E vogliamo
dire ai fratelli musulmani che anche noi siamo originari di questa terra e vogliamo
continuare a vivere come abbiamo fatto per 1400 anni, insieme. Vogliamo continuare
a offrire una testimonianza cristiana alla regione mediorientale.
D.
– Che cosa vuol dire essere cristiani in un Paese in cui vige la legge islamica?
R.
– Ci sono Paesi che non riconoscono i cristiani come cittadini di primo grado: pensano
che siamo di secondo grado…
Come abbiamo sentito, la presenza della Chiesa
in nazioni a maggioranza musulmana non è sempre semplice: ciò che mette i cristiani
nella situazione delicata di non cittadini – ricorda l’Instrumentum Laboris
del Sinodo – è il fatto che nell’islam non è netta la distinzione tra religione e
politica. Sulle sofferenze della Chiesa nel Medio Oriente, Paolo Ondarza ha
intervistato mons.Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Alep in Siria:
R. – I cristiani,
essendo una minoranza numerica, spesso si sentono come stretti attorno di un cerchio:
vivono sotto l’influenza di un regime o di regimi a carattere islamico, dove il libro
sacro, il Corano, ha il suo dire nella politica.
D. – Qual è l’attività
della Chiesa cattolica in Siria? In che cosa consiste?
R. – La mia comunità
di cattolici di rito latino-romano è una piccola comunità, che lavora anche in aiuto
alle Chiese orientali, sia cattoliche che ortodosse, soprattutto attraverso l’attività
di religiosi e religiose. Noi siamo in più di 60 punti missionari, dove non vi sono
comunità cattoliche di rito romano, ma solo orientali. Operiamo attraverso il dispensario
medico, il centro di catechesi, l’assistenza alle famiglie bisognose: tutto ciò rappresenta
un aiuto generoso verso i bisognosi.
Dunque, la presenza dei cattolici
in Medio Oriente vuol dire spesso testimonianza silenziosa attraverso la vita e l’attività
caritatevole al fianco degli ultimi. “E’, quindi, nell’interesse delle società musulmane
che le comunità cristiane siano vive e attive nel mondo mediorientale”. Lo ha ribadito
nei giorni scorsi, intervenendo in aula, Marco Impagliazzo, presidente della
Comunità di Sant’Egidio, tra gli uditori al Sinodo dei vescovi. Paolo Ondarza
lo ha intervistato:
R. – I cristiani
in Medio Oriente sono una minoranza, a causa di vari problemi della storia di questi
ultimi secoli, ma non per questo hanno perso il senso della loro missione. A mio avviso,
i cristiani in Medio Oriente dovrebbero vivere quell’idea di Benedetto XVI di essere
minoranza creativa. La creatività sta nel ripensare, nell’oggi, il senso e il valore
della loro presenza, che io vedo soprattutto nel fatto di essere un’avanguardia in
questo mondo in cui siamo chiamati a vivere insieme. I cristiani hanno una grande
particolarità: vivono assieme agli ebrei, vivono con i musulmani, e in fondo rappresentano
il mondo di oggi in cui tutti, bene o male, dobbiamo vivere con gli altri. Questa
loro missione di vivere con gli altri, secondo me, ha un senso profondo anche per
noi in Occidente.
D. – Tra l’altro, l’importanza della presenza cristiana
è stata sottolineata anche dagli interventi di esponenti di altre religioni qui al
Sinodo...
R. – Sì, innanzitutto i cristiani aiutano a costruire una
società più pluralista. I rappresentanti musulmani hanno detto con grande chiarezza
che senza i cristiani la società islamica diventerebbe più fondamentalista, perché
completamente omogenea. Il Medio Oriente non è mai stato il luogo dell’omogeneità,
ma del pluralismo, quindi è il luogo dove si è convissuto insieme per secoli e questo
messaggio è ancora vivo oggi.
D. – Il fatto di essere una minoranza
non deve essere un ostacolo...
R. – Assolutamente no. Mi sembra che
da questi giorni di Sinodo ci sia una parola che stia emergendo: la parola “speranza”.
Dopo tanti anni problematici, dovuti anche all’ultima guerra in Iraq, i cristiani
qui al Sinodo stanno prendendo coraggio e vedono il loro futuro con speranza, nonostante
siano un piccolo gregge.
D. – Si è parlato dell’importanza della presenza
dei Movimenti ecclesiali in Medio Oriente. Qual è il contributo che possono dare alla
pace in Medio Oriente?
R. – I Movimenti hanno in se stessi il seme della
creatività: sono un frutto dello Spirito Santo, sono una grande novità per tutta la
Chiesa e quindi anche per la Chiesa in Medio Oriente. I Movimenti ecclesiali possono
lavorare alla base nella società, perché sono fatti da laici, nelle scuole, nelle
università, nei luoghi di lavoro, nei diversi ambienti dove essi operano, per costruire
appunto una società del vivere insieme.
D. – Crede che quanto sta emergendo
da questo Sinodo, e quindi il lavoro per una maggiore comunione nella Chiesa cattolica
in Medio Oriente, possa contribuire a quella civiltà del dialogo, nata ad Assisi nell’’86
e, quindi, a un maggior incontro tra le diverse religioni, oltre che tra cristiani?
R.
– Sì. In questi giorni vedo una grande apertura, cioè la necessità di essere insieme,
i cattolici con le altre Chiese cristiane, ma anche con le altre religioni, con l’islam
e con l’ebraismo. La società in Medio Oriente, come in Occidente, è in crisi. E non
è soltanto una crisi economico-finanziaria, ma è anche una crisi di valori. Le religioni,
dunque, collaborando insieme per la pace, per la giustizia e per il benessere dell’uomo,
riportano queste società ai loro fondamentali valori.