La povertà e l’esclusione dei minori al centro di un seminario dell’Unicef a Roma
Oggi e domani, a Roma, Seminario ''Per una strategia di contrasto alla povertà dei
bambini e degli adolescenti''. L’iniziativa è promossa dall’Unicef-Italia e dal Ministero
del lavoro e delle Politiche sociali, in collaborazione con l’Associazione Comuni
italiani, l’Ordine degli Assistenti sociali e il Coordinamento della Comunità di accoglienza.
L’obiettivo è di raccogliere dati ed esperienze di buone pratiche nazionali e internazionali
in difesa dell’infanzia, nel quadro dell’Anno europeo 2010 della lotta alla povertà
e all’esclusione sociale. Roberta Gisotti ha intervistato Leonardo Menchini,
ricercatore dell’Istituto Innocenti dell’Unicef:
D. – Dott.
Menchini, chi è oggi il bambino, il ragazzo povero nei Paesi industrializzati?
R.
– La definizione di povertà nei Paesi industrializzati è una definizione di povertà
relativa, nella maggior parte dei casi. E’ quindi un bambino a rischio di esclusione
sociale, però ci racconta anche di forme di povertà estrema, povertà nei redditi che
poi si trasmette anche ad altre dimensioni del benessere, quindi a risultati poveri
nell’istruzione, a risultati poveri nella salute, a problemi nella condizione abitativa,
in difficoltà di relazioni sociali… Quindi, la povertà relativa, ma anche le forme
più estreme, hanno conseguenze più ampie nella vita del bambino e conseguenze anche
nella transizione nell’età adulta, perché molto spesso questa povertà ha caratteristiche
croniche, quindi non è una povertà temporanea e soprattutto colpisce gruppi ben precisi
della popolazione. Prendiamo, ad esempio, il caso dell’Italia o altri Paesi a demografia
molto debole: la povertà è particolarmente concentrata nelle famiglie numerose con
bambini e le politiche sociali sono poco efficienti a contrastarla.
D.
– A questo proposito, dr. Menchini, questo fenomeno della povertà e dell’esclusione
minorile è sottovalutato dalle politiche dei governi dei Paesi ricchi, in genere?
R.
– Beh, non tutti. Ci sono Paesi che stanno facendo abbastanza per contrastare la povertà
minorile, ponendosi anche degli obiettivi. Nel 2000, anche a seguito di un rapporto
pubblicato dall’Unicef sulla povertà nei Paesi ricchi, da cui emergeva che la povertà
in Gran Bretagna era molto elevata, il governo laburista inglese iniziò ad adottare
degli obiettivi di riduzione della povertà e mise in atto politiche volte al contrasto
della povertà monetaria, che hanno avuto un certo successo nonostante i livelli di
povertà rimangano abbastanza elevati. Ci sono Paesi che riescono, attraverso le politiche
del mercato del lavoro e/o le politiche dei trasferimenti a contrastare la povertà.
In Paesi come l’Italia, ad esempio, è risaputo che le politiche dei trasferimenti
e le politiche fiscali abbiano scarso effetto nel contrastare la povertà. Quindi,
spesso questo fenomeno – che come ho detto prima riflette la diseguaglianza nella
parte più povera della distribuzione dei redditi – viene sottovalutato e quindi non
vengono affrontate le politiche adeguate per contrastarlo, dal momento che poi ha
conseguenze di lungo periodo sulla vita dei bambini e sulla vita della società.