Ban Ki-moon a Strasburgo a 60 anni dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo
Il segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, è in visita oggi alle istituzioni
europee a Strasburgo, in occasione del 60.mo anniversario della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo, che ricorre esattamente il 4 novembre prossimo. Oltre a festeggiare
decenni di impegno europeo a tutela dei diritti umani, ci si interroga sulle istanze
di quanti invocano cambiamenti. Per capire quali sfide si muovono sul pinao giuridico,
Fausta Speranza ha parlato con il direttore dello European Centre for Law and
Justice, Gregor Puppinck:
R. – Je crois
que le risque principal, la principale difficulté au de la des difficultés… Credo
che il rischio principale, la difficoltà principale – al di là delle difficoltà concrete
di organizzazione del lavoro della Corte – risieda nel cambiamento radicale della
società europea, sempre più complessa. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo
è nata negli anni Quaranta, in un’epoca in cui l’Europa era – da un punto di vista
culturale, religioso, sessuologico ed etnico – piuttosto omogenea. La Convenzione,
quindi, è nata “per” il continente europeo, è stata un’emanazione della civiltà europea
cristiana. Oggi, secondo me, questa civiltà continua ad esistere sia pure in maniera
meno definita, ed è molto più difficile applicare i concetti della Convenzione a una
società frantumata. Come si può pensare di applicare la stessa norma in materia di
libertà religiosa, ad esempio, alla religione cristiana, che ha modellato la cultura
europea, con le sue usanze e i suoi rapporti umani, ad alcuni aspetti dell’islam?
E’ praticamente impossibile, perché ovviamente alcune pratiche di altre religioni
possono essere lontane dalla cultura europea, agli europei stessi possono apparire
contrarie ai diritti dell’uomo. Ma, allo stesso tempo, queste pratiche richiedono
la tutela dei diritti dell’uomo. Quindi, in ragione dell’evoluzione e dei cambiamenti
che avvengono nella società, i diritti che erano stati elaborati non sono sempre più
facilmente adatti ed applicabili, in modo spontaneo e diretto come lo erano all’epoca
della nascita della Convenzione.
D. – Qual è l’attenzione che, secondo
lei, dobbiamo mantenere alta?
R. – Je crois que l’un des objectifs principaux
est, effectivement, de veiller … Credo che uno degli obiettivi principali
sia di vegliare affinché i diritti dell’uomo siano sempre tutelati, per proteggere
i valori essenziali della civiltà europea. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo
assieme alla Corte sono strumenti che consentono di proteggere alcuni aspetti fondamentali,
come ad esempio i diritti della donna, l’uguaglianza, l’istruzione, la libertà d’espressione
… Ci sono aspetti essenziali che in una prima istanza sembra si possano mettere in
discussione e che invece devono essere tutelati. In questo momento, l’altro elemento
essenziale è cercare di difendere per i diritti umani l’indipendenza dalle ideologie,
per quanto possibile. Oggi, accade sempre più frequentemente che i diritti siano attaccati
in qualche modo dalle ideologie: proprio perché i diritti dell’uomo sono in cima alle
organizzazioni di diritto, perché sono una sorta di luogo di potere e di decisioni,
sono anche luogo di confronto politico ed ideologico. Riuscire a conservare ai diritti
umani la loro indipendenza, è un aspetto essenziale. Ancora, ci sono le questioni
morali tra cui l’eutanasia, la libertà di coscienza, il matrimonio omosessuale e l'adozione
da parte di coppie omosessuali: tutti temi diventati centrali per la Corte di Strasburgo
e per alcune lobbies. Queste, dal punto di vista giuridico, dovranno rimanere fuori
dall’ambito dei diritti umani, perché i diritti umani non sono nati per dirimere questioni
– direi – ideologiche: hanno il compito di regolare e tutelare i diritti, non di affrontare
problemi di ordine puramente politico o ideologico.
D. – Qual è il ruolo
della Corte europea dei diritti umani, e quali rischi implica il suo lavoro?
R.
– Le rôle de la Court est de vérifier que les Etats membres de la Convention … Il
ruolo della Corte è verificare che gli Stati che hanno aderito alla Convenzione europea
dei diritti umani applichino e rispettino le disposizioni della Convenzione. Questo
impegno è sussidiario, cioè la Corte interviene unicamente dopo i singoli Stati: interviene
unicamente per verificare un’eventuale mancanza o un errore nell’applicazione da parte
degli Stati. Il rischio consiste nel fatto che la Corte si considera co-responsabile
– insieme con gli Stati ed allo stesso livello degli Stati e perfino prima ancora
degli Stati – del rispetto delle disposizioni contenute nella Convenzione e della
loro interpretazione. Credo che il rischio consista nel fatto che la Corte si spinga
oltre i limiti giurisdizionali ad essa connaturati e finisca per cercare di imporre
uniformità all’Europa che è un continente variegato con tanti Paesi e tante culture
e non è possibile imporre agli Stati ed ai popoli europei una visione forzatamente
uniforme della società.