Lettera del Papa ai seminaristi: siate messaggeri di Dio tra gli uomini. Gli abusi
sessuali sfigurano il sacerdozio
Il sacerdote sia sempre “il messaggero di Dio tra gli uomini”: è quanto scrive Benedetto
XVI in una lettera ai seminaristi, inviata nell’ambito della conclusione dell’Anno
Sacerdotale. Il Papa ricorda la sua esperienza personale di seminarista, nella Germania
appena uscita dalla tragedia del nazismo. Inoltre, torna ad esprimere dolore per la
piaga degli abusi sessuali nella Chiesa. Un fenomeno distruttivo e riprovevole, ha
avvertito, che non può tuttavia screditare la missione sacerdotale. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
Dal cuore
del Papa al cuore dei seminaristi. Benedetto XVI si rivolge con stile personale ai
giovani che aspirano a diventare sacerdoti. Ricorda che, nel dicembre 1944, quando
fu chiamato al servizio militare, affermò di voler diventare sacerdote. Gli fu risposto
che nella “nuova Germania” nazista non ci sarebbe stato più bisogno dei sacerdoti.
Ma, scrive, “sapevo” che “dopo le enormi devastazioni portate da quella follia sul
Paese ci sarebbe stato più che mai bisogno di sacerdoti”. Ora, è tutto diverso. Eppure,
scrive il Papa, anche oggi “molti pensano che il sacerdozio cattolico non sia una
‘professione’ per il futuro, ma che appartenga al passato”. Non è così. Gli uomini,
infatti, “avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del
mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci
raduna nella Chiesa universale”. E aggiunge: “Dove l’uomo non percepisce più Dio,
la vita diventa vuota; tutto è insufficiente”. E l’uomo, constata con amarezza, “cerca
poi rifugio nell’ebbrezza e nella violenza dalla quale proprio la gioventù viene sempre
minacciata”. Ecco perché, sottolinea, chi vuole diventare sacerdote “deve essere soprattutto
un ‘uomo di Dio’’”. Un Dio, scrive, che per noi “non è un’ipotesi distante, non è
uno sconosciuto che si è ritirato dopo il ‘big bang’”.Per questo, è la sua
esortazione, “la cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta
la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo”. Il sacerdote,
avverte, “non è l’amministratore di una qualsiasi associazione, di cui cerca di mantenere
e aumentare il numero dei membri”. È, invece, “il messaggero di Dio tra gli uomini.
Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra
di loro”. Ecco perché, scrive il Papa ai seminaristi, “è tanto importante che impariate
a vivere in contatto costante con Dio”.
Gli anni nel seminario, è poi
la sua riflessione, “devono essere anche un tempo di maturazione umana”. Per il sacerdote,
rileva, “è importante che egli stesso abbia messo in giusto equilibrio cuore e intelletto,
ragione e sentimento, corpo e anima, e che sia umanamente ‘integro’”. Di questo contesto,
prosegue, “fa parte anche l’integrazione della sessualità nell’insieme della personalità”.
La sessualità, afferma, “è un dono del Creatore, ma anche un compito che riguarda
lo sviluppo del proprio essere umano”. Infatti, “quando non è integrata nella persona,
la sessualità diventa banale e distruttiva allo stesso tempo”. Di recente, scrive
il Papa, “abbiamo dovuto constatare con grande dispiacere che sacerdoti hanno sfigurato
il loro ministero con l’abuso sessuale di bambini e giovani”. Questi sacerdoti, è
il suo rammarico, “hanno provocato, con i loro abusi, distruzioni di cui proviamo
profondo dolore e rincrescimento”. A causa di tutto ciò, riconosce, “può sorgere la
domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia bene farsi prete; se la via del
celibato sia sensata come vita umana”. L’abuso, però, “che è da riprovare profondamente
– afferma il Papa – non può screditare la missione sacerdotale, la quale rimane grande
e pura”. Grazie a Dio, prosegue “tutti conosciamo sacerdoti convincenti, plasmati
dalla loro fede, i quali testimoniano che in questo stato, e proprio nella vita celibataria,
si può giungere ad un’umanità autentica, pura e matura”. Ciò che è accaduto, ribadisce,
deve però “renderci più vigilanti e attenti, proprio per interrogare accuratamente
noi stessi, davanti a Dio, nel cammino verso il sacerdozio”. È allora “compito dei
padri confessori” e dei superiori accompagnare e aiutare i seminaristi “in questo
percorso di discernimento”.
Il Papa rivolge dunque il pensiero all’importanza
dei Sacramenti nella vita del seminarista. “Il centro del nostro rapporto con Dio
e della configurazione della vita – afferma – è l’Eucaristia”. Per questo, “celebrarla
con partecipazione interiore” deve essere “il centro” di tutte le giornate del sacerdote.
Del resto, soggiunge, per la “retta celebrazione eucaristica è necessario anche che
impariamo a conoscere, capire e amare la liturgia della Chiesa nella sua forma concreta”.
Anche il Sacramento della Penitenza è importante, perché, scrive, “mi insegna a guardarmi
dal punto di vista di Dio, e mi costringe ad essere onesto nei confronti di me stesso.
Mi conduce all’umiltà”. E aggiunge: “Nel lasciarmi perdonare, imparo anche a perdonare
gli altri”, “divento anche più tollerante e comprensivo nei confronti delle debolezze
del prossimo”. Dal Papa anche un pensiero sul tempo di studio in Seminario. E’ importante,
scrive, conoscere a fondo la Sacra Scrittura, i Padri e i grandi Concili, ma anche
il diritto e la filosofi. “Amate lo studio della teologia – aggiunge – e seguitelo
con attenta sensibilità per ancorare la teologia alla comunità viva della Chiesa”.
Senza la Chiesa che crede, infatti, “la teologia smette di essere se stessa”.
Benedetto
XVI parla dunque della pietà popolare che anche se talvolta “tende all’irrazionalità”,
“all’esteriorità”, è entrata nel cuore degli uomini ed è diventata “un grande patrimonio
della Chiesa”. Il Papa non manca infine di elogiare i movimenti definiti “una cosa
magnifica”. Devono, però, essere valutati “secondo il modo in cui tutti sono aperti
alla comune realtà cattolica, alla vita dell’unica e comune Chiesa di Cristo che in
tutta la sua varietà è comunque solo una”. La lettera si conclude con un incoraggiamento
del Papa ai seminaristi, affinché imparino l’uno dall’altro, si arricchiscano l’un
l’altro, “mentre tutti servono la stessa Chiesa, lo stesso Signore”.