Intervento del Rev. Georges NORADOUNGUIAN, Rettore del Collegio Armeno, Roma (ITALIA),
uditore
Se la chiesa è l'assemblea dei fedeli e qui siamo solo dei chierici allora non siamo
una chiesa ma siamo i capi delle nostre chiese. Con la nostra ordinazione sacerdotale
o con la consacrazione episcopale noi abbiamo ricevuto una grazia di stato; ma purtroppo
abbiamo perso la grazia di essere in contatto diretto con i nostri fedeli. Infatti
se diamo uno sguardo ai temi trattati si nota subito che sono delle preoccupazioni
di noi gerarchi. Ci sono delle difficoltà a relazionarci fra noi. Difficoltà a relazionarsi
con le condizioni dei paesi nei quali viviamo. Ho dei seri dubbi sul fatto che
i problemi che stiamo trattando siano problemi che riguardano i nostri giovani. Temo
che quello che stiamo trattando sia una semplice interpretazione di quello che affrontano
o che vivono i nostri fedeli e non trattiamo invece le vere cause. Per una soluzione
non servono interpretazioni o giustificazioni ma piuttosto una seria diagnosi della
situazione e la ricerca della causa. Ritengo sia molto importante dare la parola
ai nostri laici e specialmente ai nostri giovani perché sono i primi ad essere interessati
al tema e ai nostri dibattiti. La loro parola ha tanti vantaggi. 1- A loro è
stato spesso negato il vantaggio riservato a noi uomini di culto, quello riservato
ai governanti dei nostri paesi, perciò i giovani avrebbero più coraggio a parlare
delle loro difficoltà e con più schiettezza. 2 - Non avendo i sussidi materiali/sicurezza
sociale che noi religiosi riceviamo, i giovani hanno una visione più oggettiva e reale
della situazione della loro fede e delle difficoltà delle loro chiese. 3 - Non
avendo alcun privilegio di stato hanno meno paura degli “agenti segreti” del paese
e parlano più coraggiosamente di noi delle vere sfide quotidiane.