2010-10-18 15:07:21

Ancora proteste in Francia: a rischio tutto il sistema dei trasporti


In Francia a 48 ore dalla discussione al Senato, che mercoledì voterà la riforma delle pensioni che innalzerà l’età minima pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018, non accenna a terminare il braccio di ferro tra sindacati e governo. Dopo che ieri la prefettura di un dipartimento della regione parigina ha precettato il personale di una delle 12 raffinerie francesi in sciopero per far fronte alle “difficoltà di approvvigionamento”, è oggi il turno degli autotrasportatori. I camionisti bloccheranno il traffico in uscita e in entrata dalla capitale. Fermo anche il traffico ferroviario, dove circa la metà dei treni previsti è stata annullata. Ancora ferme dieci delle dodici raffinerie mentre il premier, Francois Fillon, ha avvertito ieri sera che non accetterà una paralisi del Paese da parte del movimento sindacale. Allarmanti i primi dati diffusi che parlano di oltre 1500 stazioni di servizio su 4000 in esaurimento scorte o già totalmente a secco. Previsti infine per domani scioperi nel settore aereo che fermeranno il 50 per cento dei voli all’aeroporto di Orly e il 30 per cento di quelli in partenza e in transito allo scalo internazionale di Charles de Gaulle con gravi ripercussioni sull’intero traffico aereo europeo.

Respinto in Belgio il piano di riavvicinamento franco-fiammingo
La crisi politica che attanaglia il Belgio da 160 giorni sembra essere arrivata a un punto di non ritorno. L’ultima proposta di compromesso, presentata dal leader dei separatisti fiamminghi della N-va, Bart de Wever e contenente clausole "prendere o lasciare", è stata respinta come inaccettabile dal Partito socialista francofono di Elio di Rupo, prima ancora della scadenza fissata per domani. Al leader separatista il Re dei Belgi aveva affidato l’incarico di redigere un compromesso in grado di ricucire i rapporti tra le due comunità, quella fiamminga e quella francofona, i cui rapporti sono storicamente in crisi. Il rapporto, dettagliato in 50 pagine e indirizzato ai sette partiti eletti, non sarebbe in grado di trovare un accordo. Secondo il Ps “non avvicina i punti di vista tra francofoni e fiamminghi”, mettendo al contrario in causa molti elementi di convergenza e di equilibrio tra le due comunità linguistiche. I punti di maggiore attrito riguardano i trasferimenti finanziari dello stato federale alla Vallonia e alla capitale belga, Bruxelles, mettendo a rischio la solidarietà tra i cittadini del Belgio e il benessere della comunità francofona. I socialisti contestano anche la richiesta della scissione fatta da De Wever per i sei comuni bilingue della cintura di Bruxelles, contesi tra le due comunità.

Olli Rehn chiede fatti e non parole ai ministri finanziari dell’Ue
“È arrivato il momento della verità”, quello in cui i Paesi della Ue devono dimostrare serietà, e di saper passare “dalle parole ai fatti”: così il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, si è espresso al suo arrivo alla riunione dei ministri finanziari della Ue che oggi devono cercare di raggiungere un compromesso sulla rifroma del Patto europeo di stabilità e di crescita. “Ciò che più importa è recuperare la fiducia nell'economia europea”, ha detto Rehn, sottolineando come “ora si vedrà se i Paesi europei sono sinceramente impegnati a rafforzare la governance economica o meno”. Il guardiano dei conti pubblici europei ha quindi ribadito come “le pietre miliari” della riforma devono essere “efficaci meccanismi sanzionatori e una più stretta sorveglianza sul debito”. Raggiungere questi obiettivi sarà “la cartina di tornasole della nostra serietà”.

Il primo ministro iracheno uscente Maliki in visita a Teheran
Il primo ministro iracheno uscente, Nuri al Maliki, è arrivato oggi a Teheran per colloqui con le autorità iraniane, che riguarderanno anche la formazione di un nuovo governo a Baghdad, secondo quanto riferisce la televisione iraniana in inglese PressTv. Prima che in Iran, Maliki ha avuto consultazioni in Siria e Giordania, mentre sette mesi dopo le elezioni legislative in Iraq sembrano permanere importanti ostacoli alla formazione di un nuovo esecutivo. Nelle elezioni svoltesi il 7 marzo, il Blocco iracheno, un'alleanza laica sostenuta da una parte dei sunniti e guidata dall'ex premier Iyad Allawi, è risultato il primo partito, con un vantaggio di soli due seggi sull'Alleanza dello Stato di diritto, movimento sciita guidato da Maliki. Allawi, in un'intervista trasmessa ieri dalla Cnn, ha accusato l'Iran di interferire pesantemente nelle vicende interne irachene e di “destabilizzare la regione destabilizzando l'Iraq”.

In Somalia il governo di transizione annuncia un successo contro al-Shabab
I soldati del governo di transizione somalo (Tfg) hanno riconquistato nella giornata di ieri una città strategica nel sud della Somalia, esattamente il distretto di Beled-Hawa nella regione di Gedo, nel sud del Paese vicino al confine con il Kenya. Lo rende noto il ministero dell'Informazione di Mogadiscio che ha parlato di progressi importanti. “Continueremo a combattere fino a quando non avremo liberato la Somalia dai brutali al-Shabab”, ha detto il ministro dell’Informazione.

Rifugiati si cuciono la bocca davanti al parlamento di Atene per avere l'asilo politico
Gesto shock di alcuni rifugiati iraniani ad Atene nel corso di una manifestazione davanti al parlamento della capitale Greca. Sei manifestanti si sono cuciti le bocche durante una protesta formale, che dura da quaranta giorni, per la richiesta di asilo politico. Gli uomini, poi ricoverati, fanno parte di un gruppo di oltre 40 cittadini iraniani da tempo in Grecia e che hanno chiesto, sinora senza esito, che venga loro accordato lo status di rifugiati politici. Nei giorni scorsi hanno iniziato uno sciopero della fame e il gesto estremo è stato fatto per sottolineare la drammaticità della loro situazione. Gruppi per la difesa dei diritti umani e l'Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite hanno ripetutamente criticato il governo greco per la rigidità del suo sistema di asilo, e Atene si è impegnata riformarlo in collaborazione con l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati.

La Birmania si prepara al voto bandendo l’ingresso di giornalisti e osservatori
In Birmania c’è grande attesa per le elezioni, previste per il prossimo 7 novembre, dopo che il regime ha annunciato nelle scorse settimane la possibilità di voto per il Premio Nobel San Suu Kyi. Oggi il comitato elettorale ha fatto significative dichiarazioni. Ce ne parla nel servizio Marco Onali:RealAudioMP3

La Commissione elettorale del Myanmar ha annunciato che nessun osservatore o giornalista straniero sarà autorizzato a entrare nel Paese in occasione delle elezioni in programma il prossimo 7 novembre. L’organo, formato da funzionari nominati dalla giunta militare, in vista del primo voto organizzato nel Paese dal 1990 a oggi, ha sospeso l'appena introdotto sistema di “visto all'arrivo”, che aveva fatto aumentare il numero dei turisti nell'ultimo anno. “I diplomatici sono già rappresentanti dei loro Paesi. Quindi, crediamo che non sia necessario autorizzare altri a osservare separatamente”, è stato chiarito nel comunicato. Grande è l’attesa sulle consultazioni elettorali nonostante sia stato impedito alla leader della resistenza, il premio Nobel San Suu Kyi, di candidarsi vista la sua condizione di detenuta. La Birmania vive sotto una dittatura militare dal 1962, anno in cui è stato preso il controllo delle istituzioni da una giunta non meglio schierata ideologicamente: solo nel 1988 dopo le rivolte studentesche, che hanno provocato migliaia di morti, il capo della giunta si dimette. Proclamata la legge marziale e organizzato un altro colpo di Stato che ha traghettato il Paese a libere elezioni. Nel 1990 le elezioni hanno visto la vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia, Nld, il partito di Aung San Suu Kyi. Lo schieramento ha portato all’Assemblea Costituente 392 membri, su un totale di 485, ma il Consiglio di restaurazione della legge e dell'ordine di Stato, Slorc, spalleggiato dall'Esercito, si è rifiutato di cedere il potere, rovesciando l'assemblea popolare e arrestando Aung San Suu Kyi. Dal 1990, la Birmania vive la sua seconda dittatura che ha portato il Paese, un tempo ricco e sulla via dello sviluppo, ad essere uno degli Stati più poveri e sottosviluppati del mondo.

A due settimane dalle Midterm, negli Usa sondaggi negativi per i Democratici
Negli Stati Uniti, mancano 15 giorni alle elezioni di mezzo termine. Sondaggi negativi per i democratici spingono la Casa Bianca in una lotta su tutti i fronti per impedire che la tornata si trasformi in una bocciatura dei progetti del presidente Obama, che ammettendo errori, ha annunciato una nuova strategia. Sia il suo vice Biden che la first lady Michelle sono scesi in campo per convincere gli elettori a rinnovare la fiducia al partito. Eugenio Bonanata ha chiesto un commento al prof. Nico Perrone, docente di Storia americana presso l’Università di Bari, autore del libro “Obama: il peso delle Promesse”:RealAudioMP3

R. – Come tutti gli annunci che si fanno alla stampa, alle televisioni, contiene delle verità e delle contraddizioni. Obama ha impostato, dalla campagna elettorale, tutto su una vasta campagna di relazioni pubbliche e di propaganda di quello che faceva e che aveva in programma di fare. Continua il suo contatto con gli elettori, il suo contatto con gli americani, ed è un contatto non soltanto propagandistico. Un contatto forse genuinamente anche autocritico, che gli serva attraverso quello che ascolta, non soltanto quello che dice, a trovare i modi, le forme, per mettere a punto una strategia che gli consenta di prepararsi per una rielezione, perché questo poi è il punto fondamentale, al quale Obama tiene.

D. – In questi venti mesi sono state diverse le riforme che hanno influito negativamente sulla popolarità di Obama…

R. – Io credo che il punto essenziale rimanga la riforma sanitaria. A noi fa sorridere, perché ce l’abbiamo da tempo. Dico noi, ma non intendo solo l’Italia, anche l’Europa. Per l’America è stato un passo rivoluzionario e quindi lì Obama ha rischiato anche l’impopolarità, ha rischiato la forte coalizione avversa: l’ha saputa sfidare e ha saputo andare avanti. Quello è un punto molto importante.

D. – In tutto questo come stanno i Repubblicani?

R. – Questa è una domanda difficilissima, perché i Repubblicani, secondo me, per ora sono essenzialmente divisi, divisi anche sulla candidatura da opporre ad Obama, e divisi in un programma che è un programma fortemente critico rispetto all’amministrazione Obama sin dall’inizio, che non riesce però ad essere un programma propositivo per una legislatura che sia repubblicana. Quindi, questa è la difficoltà maggiore, secondo me, nella quale si trovano i Repubblicani. Tuttavia, non è detto, perché la loro volontà e la loro capacità di rimonta è forte. Ci sono delle forze conservatrici all’interno degli Stati Uniti, che sostengono tutto questo e potrebbero essere decisive, potrebbero anche rivoltare la situazione che, secondo me, è tendenzialmente favorevole ad Obama.

Cina
In Cina è mistero sulla sorte di alcuni membri del gruppo dei parenti delle vittime di Piazza Tiananmen. La leader del movimento, Ding Zilin, che aveva criticato il governo cinese e chiesto la liberazione del Nobel per la pace Liu Xiaobo, sarebbe scomparsa insieme al marito, facendo temere l’arresto domiciliare. Analoga sorte sarebbe toccata ad altri membri del gruppo, irraggiungibili da giorni. Intanto, continuano le proteste formali verso il comitato organizzativo dei Nobel per l’assegnazione del premio per la pace al dissidente. A quanto riportato dal quotidiano "Global Times", sei cinesi su dieci hanno chiesto il ritiro del premio e le scuse di Oslo, nonostante sul premio Nobel la stampa cinese non pubblichi ancora notizie. Il 75% dei cinesi non saprebbe, tuttavia, chi ha vinto il premio Nobel, anche se per il 57% dei cinesi interpellati, il governo cinese dovrebbe tenere Liu ancora in carcere fino alla fine della sua pena.

Il vicepresidente cinese Xi Jinping è stato eletto nella commissione militare
Il vicepresidente cinese Xi Jinping è stato eletto nella commissione militare del Partito Comunista, secondo Nuova Cina. La nomina ad un'alta carica nell'esercito sembra confermare Xi Jinping come successore designato del presidente Hu Jintao, il cui mandato scade nel 2012. Xi Jinping, 57 anni, era stato nominato nel marzo 2008 vice presidente cinese. Cresciuto a Shanghai, Xi ha lavorato in passato con l'ex presidente Jiang Zemin, ma non è ritenuto uno dei suoi fedelissimi: questo lo rende gradito alle due principali fazioni comuniste - quella che fa capo ad Hu e quella diretta da Jiang - e ne fa il favorito nella corsa alla successione ad Hu Jintao. Dalla sua parte ha, al contrario degli altri politici, una moglie molto popolare: la cantante Peng Liyuan, che è anche un alto ufficiale dell'esercito di liberazione popolare; Peng potrebbe per la prima volta creare la figura pubblica di una 'first lady' di stile occidentale.

Condanna giapponese delle manifestazioni antinipponiche
Continua il botta e risposta tra le autorità sino-giapponesi in merito alla sovranità dell’arcipelago delle isole Senkaku, contese dai due Paesi e al centro di una querelle diplomatica che dura ormai da qualche mese. Nella notte il premier giapponese, Naoto Kan, ha denunciato le proteste antigiapponesi che si sono svolte in Cina lo scorso sabato e che in alcuni casi sono sfociate in atti di violenza contro le attività locali di società nipponiche. “Il governo deplora le proteste contro il Giappone degli scorsi giorni: abbiamo chiesto alle autorità di Pechino che sia garantita la sicurezza dei cittadini e delle società giapponesi”, aggiungendo poi che “c'è la necessità per entrambi i Paesi di collaborare con estrema calma e di stringere i legami in modo reciprocamente strategico”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 291

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