Ancora proteste in Francia: a rischio tutto il sistema dei trasporti
In Francia a 48 ore dalla discussione al Senato, che mercoledì voterà la riforma delle
pensioni che innalzerà l’età minima pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018, non
accenna a terminare il braccio di ferro tra sindacati e governo. Dopo che ieri la
prefettura di un dipartimento della regione parigina ha precettato il personale di
una delle 12 raffinerie francesi in sciopero per far fronte alle “difficoltà di approvvigionamento”,
è oggi il turno degli autotrasportatori. I camionisti bloccheranno il traffico in
uscita e in entrata dalla capitale. Fermo anche il traffico ferroviario, dove circa
la metà dei treni previsti è stata annullata. Ancora ferme dieci delle dodici raffinerie
mentre il premier, Francois Fillon, ha avvertito ieri sera che non accetterà una paralisi
del Paese da parte del movimento sindacale. Allarmanti i primi dati diffusi che parlano
di oltre 1500 stazioni di servizio su 4000 in esaurimento scorte o già totalmente
a secco. Previsti infine per domani scioperi nel settore aereo che fermeranno il 50
per cento dei voli all’aeroporto di Orly e il 30 per cento di quelli in partenza e
in transito allo scalo internazionale di Charles de Gaulle con gravi ripercussioni
sull’intero traffico aereo europeo.
Respinto in Belgio il piano di riavvicinamento
franco-fiammingo La crisi politica che attanaglia il Belgio da 160 giorni sembra
essere arrivata a un punto di non ritorno. L’ultima proposta di compromesso, presentata
dal leader dei separatisti fiamminghi della N-va, Bart de Wever e contenente clausole
"prendere o lasciare", è stata respinta come inaccettabile dal Partito socialista
francofono di Elio di Rupo, prima ancora della scadenza fissata per domani. Al leader
separatista il Re dei Belgi aveva affidato l’incarico di redigere un compromesso in
grado di ricucire i rapporti tra le due comunità, quella fiamminga e quella francofona,
i cui rapporti sono storicamente in crisi. Il rapporto, dettagliato in 50 pagine e
indirizzato ai sette partiti eletti, non sarebbe in grado di trovare un accordo. Secondo
il Ps “non avvicina i punti di vista tra francofoni e fiamminghi”, mettendo al contrario
in causa molti elementi di convergenza e di equilibrio tra le due comunità linguistiche.
I punti di maggiore attrito riguardano i trasferimenti finanziari dello stato federale
alla Vallonia e alla capitale belga, Bruxelles, mettendo a rischio la solidarietà
tra i cittadini del Belgio e il benessere della comunità francofona. I socialisti
contestano anche la richiesta della scissione fatta da De Wever per i sei comuni bilingue
della cintura di Bruxelles, contesi tra le due comunità.
Olli Rehn chiede
fatti e non parole ai ministri finanziari dell’Ue “È arrivato il momento della
verità”, quello in cui i Paesi della Ue devono dimostrare serietà, e di saper passare
“dalle parole ai fatti”: così il commissario Ue agli affari economici e monetari,
Olli Rehn, si è espresso al suo arrivo alla riunione dei ministri finanziari della
Ue che oggi devono cercare di raggiungere un compromesso sulla rifroma del Patto europeo
di stabilità e di crescita. “Ciò che più importa è recuperare la fiducia nell'economia
europea”, ha detto Rehn, sottolineando come “ora si vedrà se i Paesi europei sono
sinceramente impegnati a rafforzare la governance economica o meno”. Il guardiano
dei conti pubblici europei ha quindi ribadito come “le pietre miliari” della riforma
devono essere “efficaci meccanismi sanzionatori e una più stretta sorveglianza sul
debito”. Raggiungere questi obiettivi sarà “la cartina di tornasole della nostra serietà”.
Il
primo ministro iracheno uscente Maliki in visita a Teheran Il primo ministro
iracheno uscente, Nuri al Maliki, è arrivato oggi a Teheran per colloqui con le autorità
iraniane, che riguarderanno anche la formazione di un nuovo governo a Baghdad, secondo
quanto riferisce la televisione iraniana in inglese PressTv. Prima che in Iran, Maliki
ha avuto consultazioni in Siria e Giordania, mentre sette mesi dopo le elezioni legislative
in Iraq sembrano permanere importanti ostacoli alla formazione di un nuovo esecutivo.
Nelle elezioni svoltesi il 7 marzo, il Blocco iracheno, un'alleanza laica sostenuta
da una parte dei sunniti e guidata dall'ex premier Iyad Allawi, è risultato il primo
partito, con un vantaggio di soli due seggi sull'Alleanza dello Stato di diritto,
movimento sciita guidato da Maliki. Allawi, in un'intervista trasmessa ieri dalla
Cnn, ha accusato l'Iran di interferire pesantemente nelle vicende interne irachene
e di “destabilizzare la regione destabilizzando l'Iraq”.
In Somalia il governo
di transizione annuncia un successo contro al-Shabab I soldati del governo
di transizione somalo (Tfg) hanno riconquistato nella giornata di ieri una città strategica
nel sud della Somalia, esattamente il distretto di Beled-Hawa nella regione di Gedo,
nel sud del Paese vicino al confine con il Kenya. Lo rende noto il ministero dell'Informazione
di Mogadiscio che ha parlato di progressi importanti. “Continueremo a combattere fino
a quando non avremo liberato la Somalia dai brutali al-Shabab”, ha detto il ministro
dell’Informazione.
Rifugiati si cuciono la bocca davanti al parlamento di
Atene per avere l'asilo politico Gesto shock di alcuni rifugiati iraniani ad
Atene nel corso di una manifestazione davanti al parlamento della capitale Greca.
Sei manifestanti si sono cuciti le bocche durante una protesta formale, che dura da
quaranta giorni, per la richiesta di asilo politico. Gli uomini, poi ricoverati, fanno
parte di un gruppo di oltre 40 cittadini iraniani da tempo in Grecia e che hanno chiesto,
sinora senza esito, che venga loro accordato lo status di rifugiati politici. Nei
giorni scorsi hanno iniziato uno sciopero della fame e il gesto estremo è stato fatto
per sottolineare la drammaticità della loro situazione. Gruppi per la difesa dei diritti
umani e l'Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite hanno ripetutamente criticato
il governo greco per la rigidità del suo sistema di asilo, e Atene si è impegnata
riformarlo in collaborazione con l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati.
La
Birmania si prepara al voto bandendo l’ingresso di giornalisti e osservatori In
Birmania c’è grande attesa per le elezioni, previste per il prossimo 7 novembre, dopo
che il regime ha annunciato nelle scorse settimane la possibilità di voto per il Premio
Nobel San Suu Kyi. Oggi il comitato elettorale ha fatto significative dichiarazioni.
Ce ne parla nel servizio Marco Onali:
La Commissione
elettorale del Myanmar ha annunciato che nessun osservatore o giornalista straniero
sarà autorizzato a entrare nel Paese in occasione delle elezioni in programma il prossimo
7 novembre. L’organo, formato da funzionari nominati dalla giunta militare, in vista
del primo voto organizzato nel Paese dal 1990 a oggi, ha sospeso l'appena introdotto
sistema di “visto all'arrivo”, che aveva fatto aumentare il numero dei turisti nell'ultimo
anno. “I diplomatici sono già rappresentanti dei loro Paesi. Quindi, crediamo che
non sia necessario autorizzare altri a osservare separatamente”, è stato chiarito
nel comunicato. Grande è l’attesa sulle consultazioni elettorali nonostante sia stato
impedito alla leader della resistenza, il premio Nobel San Suu Kyi, di candidarsi
vista la sua condizione di detenuta. La Birmania vive sotto una dittatura militare
dal 1962, anno in cui è stato preso il controllo delle istituzioni da una giunta non
meglio schierata ideologicamente: solo nel 1988 dopo le rivolte studentesche,
che hanno provocato migliaia di morti, il capo della giunta si dimette. Proclamata
la legge marziale e organizzato un altro colpo di Stato che ha traghettato il Paese
a libere elezioni. Nel 1990 le elezioni hanno visto la vittoria della Lega Nazionale
per la Democrazia, Nld, il partito di Aung San Suu Kyi. Lo schieramento ha portato
all’Assemblea Costituente 392 membri, su un totale di 485, ma il Consiglio di restaurazione
della legge e dell'ordine di Stato, Slorc, spalleggiato dall'Esercito, si è rifiutato
di cedere il potere, rovesciando l'assemblea popolare e arrestando Aung San Suu Kyi.
Dal 1990, la Birmania vive la sua seconda dittatura che ha portato il Paese, un tempo
ricco e sulla via dello sviluppo, ad essere uno degli Stati più poveri e sottosviluppati
del mondo.
A due settimane dalle Midterm, negli Usa sondaggi negativi
per i Democratici Negli Stati Uniti, mancano 15 giorni alle elezioni di mezzo
termine. Sondaggi negativi per i democratici spingono la Casa Bianca in una lotta
su tutti i fronti per impedire che la tornata si trasformi in una bocciatura dei progetti
del presidente Obama, che ammettendo errori, ha annunciato una nuova strategia. Sia
il suo vice Biden che la first lady Michelle sono scesi in campo per convincere gli
elettori a rinnovare la fiducia al partito. Eugenio Bonanata ha chiesto un
commento al prof.Nico Perrone, docente di Storia americana presso l’Università
di Bari, autore del libro “Obama: il peso delle Promesse”:
R. – Come
tutti gli annunci che si fanno alla stampa, alle televisioni, contiene delle verità
e delle contraddizioni. Obama ha impostato, dalla campagna elettorale, tutto su una
vasta campagna di relazioni pubbliche e di propaganda di quello che faceva e che aveva
in programma di fare. Continua il suo contatto con gli elettori, il suo contatto con
gli americani, ed è un contatto non soltanto propagandistico. Un contatto forse genuinamente
anche autocritico, che gli serva attraverso quello che ascolta, non soltanto quello
che dice, a trovare i modi, le forme, per mettere a punto una strategia che gli consenta
di prepararsi per una rielezione, perché questo poi è il punto fondamentale, al quale
Obama tiene.
D. – In questi venti mesi sono state diverse le riforme
che hanno influito negativamente sulla popolarità di Obama…
R. – Io
credo che il punto essenziale rimanga la riforma sanitaria. A noi fa sorridere, perché
ce l’abbiamo da tempo. Dico noi, ma non intendo solo l’Italia, anche l’Europa. Per
l’America è stato un passo rivoluzionario e quindi lì Obama ha rischiato anche l’impopolarità,
ha rischiato la forte coalizione avversa: l’ha saputa sfidare e ha saputo andare avanti.
Quello è un punto molto importante.
D. – In tutto questo come stanno
i Repubblicani?
R. – Questa è una domanda difficilissima, perché i Repubblicani,
secondo me, per ora sono essenzialmente divisi, divisi anche sulla candidatura da
opporre ad Obama, e divisi in un programma che è un programma fortemente critico rispetto
all’amministrazione Obama sin dall’inizio, che non riesce però ad essere un programma
propositivo per una legislatura che sia repubblicana. Quindi, questa è la difficoltà
maggiore, secondo me, nella quale si trovano i Repubblicani. Tuttavia, non è detto,
perché la loro volontà e la loro capacità di rimonta è forte. Ci sono delle forze
conservatrici all’interno degli Stati Uniti, che sostengono tutto questo e potrebbero
essere decisive, potrebbero anche rivoltare la situazione che, secondo me, è tendenzialmente
favorevole ad Obama.
Cina In Cina è mistero sulla sorte di alcuni
membri del gruppo dei parenti delle vittime di Piazza Tiananmen. La leader del movimento,
Ding Zilin, che aveva criticato il governo cinese e chiesto la liberazione del Nobel
per la pace Liu Xiaobo, sarebbe scomparsa insieme al marito, facendo temere l’arresto
domiciliare. Analoga sorte sarebbe toccata ad altri membri del gruppo, irraggiungibili
da giorni. Intanto, continuano le proteste formali verso il comitato organizzativo
dei Nobel per l’assegnazione del premio per la pace al dissidente. A quanto riportato
dal quotidiano "Global Times", sei cinesi su dieci hanno chiesto il ritiro del premio
e le scuse di Oslo, nonostante sul premio Nobel la stampa cinese non pubblichi ancora
notizie. Il 75% dei cinesi non saprebbe, tuttavia, chi ha vinto il premio Nobel, anche
se per il 57% dei cinesi interpellati, il governo cinese dovrebbe tenere Liu ancora
in carcere fino alla fine della sua pena.
Il vicepresidente cinese Xi Jinping
è stato eletto nella commissione militare Il vicepresidente cinese Xi Jinping
è stato eletto nella commissione militare del Partito Comunista, secondo Nuova Cina.
La nomina ad un'alta carica nell'esercito sembra confermare Xi Jinping come successore
designato del presidente Hu Jintao, il cui mandato scade nel 2012. Xi Jinping, 57
anni, era stato nominato nel marzo 2008 vice presidente cinese. Cresciuto a Shanghai,
Xi ha lavorato in passato con l'ex presidente Jiang Zemin, ma non è ritenuto uno dei
suoi fedelissimi: questo lo rende gradito alle due principali fazioni comuniste -
quella che fa capo ad Hu e quella diretta da Jiang - e ne fa il favorito nella corsa
alla successione ad Hu Jintao. Dalla sua parte ha, al contrario degli altri politici,
una moglie molto popolare: la cantante Peng Liyuan, che è anche un alto ufficiale
dell'esercito di liberazione popolare; Peng potrebbe per la prima volta creare la
figura pubblica di una 'first lady' di stile occidentale.
Condanna giapponese
delle manifestazioni antinipponiche Continua il botta e risposta tra le autorità
sino-giapponesi in merito alla sovranità dell’arcipelago delle isole Senkaku, contese
dai due Paesi e al centro di una querelle diplomatica che dura ormai da qualche mese.
Nella notte il premier giapponese, Naoto Kan, ha denunciato le proteste antigiapponesi
che si sono svolte in Cina lo scorso sabato e che in alcuni casi sono sfociate in
atti di violenza contro le attività locali di società nipponiche. “Il governo deplora
le proteste contro il Giappone degli scorsi giorni: abbiamo chiesto alle autorità
di Pechino che sia garantita la sicurezza dei cittadini e delle società giapponesi”,
aggiungendo poi che “c'è la necessità per entrambi i Paesi di collaborare con estrema
calma e di stringere i legami in modo reciprocamente strategico”. (Panoramica internazionale
a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LIV no. 291
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