Intervento di S. E. Armash NALBANDIAN, Vescovo di Damasco, Primate (SIRIA)
1. Emigrazione. Noi, come chiese cristiane, stiamo soffrendo a causa di un grande
problema che riguarda l’emigrazione dei nostri fedeli credenti. Ciò non è causato
da ragioni o circostanze politiche ed economiche dei paesi in cui viviamo, sebbene
siano molte le difficoltà create dal conflitto israelo-palestinese, dalla guerra in
Iraq, o dall’instabilità politica del Libano e di altri paesi mediorientali. La causa
principale dell’emigrazione spesso è il piano delle politiche occidentali o internazionali,
quando ignora l’esistenza dei cristiani in Medio Oriente e in Terra Santa, e quando
accusa i nostri paesi o le nostre società di essere terroristici. Un paese islamico
non significa automaticamente un paese terrorista. 2. Dialogo con l’Islam. Ogni
giorno testimoniamo la nostra fede cristiana, quando siamo costretti a chiarire lo
spirito del messaggio del Vangelo, il messaggio d’amore, pace, tolleranza eccetera
in paesi non cristiani, a causa della politica internazionale che vorrebbe dichiarare
quasi tutti i paesi mediorientali terroristi e fondamentalisti islamici. Il dialogo
interreligioso spesso necessita di grandi sforzi per trovare una via comune insieme
ai nostri fratelli e alle nostre sorelle musulmani, nonché per accettare e rispettare
il fatto che anche l’Islam contiene i principi d’amore, pace, solidarietà e la testimonianza
di un Dio misericordioso, il Creatore onnipotente. Possiamo soltanto aspettarci che
le Chiese occidentali alzino la voce o compiano degli sforzi contro i politici e tutti
coloro che vogliono usare la religione per giustificare una guerra di interessi politici
ed economici. L’autorità morale della Chiesa ha il suo peso e il suo valore sul piano
delle decisioni politiche internazionali. 3. Dimensione ecumenica.
In Medio
Oriente esiste fra le Chiese di varie confessioni un rapporto molto sano, vitale ed
ecumenico. Nutriamo la forte speranza che l’Assemblea Speciale per i Vescovi del Medio
Oriente ci offrirà nuove opportunità per trovare nuovi percorsi per il dialogo ecumenico,
la collaborazione e la testimonianza del messaggio del Vangelo. Ma sentiamo un peso
quando leggiamo, al paragrafo (9) dei Lineamenta, la seguente affermazione: “Dopo
le divisioni e le separazioni, furono intrapresi periodicamente degli sforzi per ricostituire
l’unità del Corpo di Cristo. In questo sforzo d’ecumenismo si formarono le Chiese
cattoliche orientali”. Le nostre Chiese esistono in paesi che sono stati la culla
del Cristianesimo. Sono i custodi viventi delle nostre origini cristiane. Queste terre
sono state benedette dalla presenza di Cristo stesso e dalle prime generazioni di
cristiani. Dobbiamo accettare i fatti storici, ma permetteteci di non parlare di “sforzi
ecumenici”. Auspichiamo che in seno a questa Assemblea Speciale per i Vescovi del
Medio Oriente abbia luogo una riorganizzazione delle Chiese cattoliche e un rinnovamento
della testimonianza della fede. Ma la missione, e così l’esistenza delle chiese cattoliche,
può o deve essere intesa soltanto nella comunione ecumenica e nell’unità con le altre
Chiese della regione.