Intervento di Mons. Joseph SOUEIF, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti (CIPRO)
Il Sinodo per il Medio Oriente è uno spazio per rinnovare dentro la Chiesa l'esperienza
della comunione e della testimonianza "affinché il mondo creda" (Gv 17: 21). La comunione,
infatti, è il punto di partenza dell'esistenza della comunità dei fedeli; essa si
rafforza e si sviluppa nell'incontro personale con il Signore Gesù, nella sua Parola
e nell'eucaristico; da qui alla testimonianza di vita, nella collaborazione, scelta
strategica oggi. Con sincerità, umiltà responsabilità e amore vogliamo leggere gli
elementi negativi che impediscono la comunione; l'ecumenismo sarà la metodologia pastorale
di prima importanza; e con l'amore di Cristo si va al dialogo di vita e si rispetta
il dialogo teologico che è l'opera dello Spirito.
Bisogna credere alla forza
della presenza nel Medio Oriente; presenza qualitativa, dinamica, missionaria e diaconale,
che fu sempre così e rimarrà sempre così in Oriente e in Occidente. Bisogna credere
che solo Dio è il Signore della storia e dei tempi; siamo attenti al suo piano. Esistono
delle sfide: situazione politica, conflitti, problematica di libertà religiosa e libertà
della coscienza; la Chiesa è un garante della libertà; perciò la sua presenza è un
guadagno non solo per i cristiani stessi, ma per tutti, in particolare per quelli
che credono ai valori umani e spirituali, e che s'incontrano direttamente o indirettamente
con l'atteggiamento della Chiesa. Quindi la presenza dei cristiani è veramente un
segno e deve essere appoggiata al livello della Chiesa universale e della comunità
internazionale, per affrontare con la maggioranza popolare, i sistemi socio-religiosi
che vanno contro i valori umani, i valori della libertà, i valori del dialogo e dell'incontro
tra le diverse culture. Si vive oggi un vero conflitto di culture, conflitto di mentalità,
conflitto di approccio e di visione, anche dentro la religione stessa e dove il cristianesimo
ha tanto da dire e da fare, anche da offrire una risposta; prendiamo iniziative insieme
per elaborare progetti educativi, sociali che aiutano a cambiare mentalità, a educare
ad accettare le differenze, i diritti dell'uomo. La zona aspetta dai cristiani un
contributo evidente per costruire la cultura del perdono e della pace. La nostra assenza
è una perdita per noi e per tutti quanti; l'emigrazione deve essere espansione missionaria,
portando la spiritualità dell'Oriente, tramite la liturgia che ha delle dimensioni
molto forti nella vita dei fedeli; e tramite vari atteggiamenti religiosi e umani
che fanno delle nostre famiglie lievito e sale dentro le grandi società secolarizzate.
L'immigrazione dei cristiani nella zona è un segno profetico di una testimonianza
di cui nessuno di noi sa quali saranno i frutti. La storia ci insegna che le prime
comunità cristiane siriache sono arrivate in India e in Cina dentro le condizioni
sociali e umane e hanno portato la fede. Chiediamo ai nostri fratelli, di rafforzare
l'atto di solidarietà e a noi stessi di fare progetti pastorali, spirituali e sociali
che manifestano la comunione e restaurano la fiducia nel nostro popolo. L'esperienza
di Cipro, della mia diocesi, mostra che le religioni possono vivere insieme nonostante
le ferite; noi maroniti da 1200 anni viviamo nell'isola e la nostra storia richiama
santi e martiri; con i nostri compaesani cerchiamo la pace nella giustizia e l'amore
fondato sulla verità e la libertà. Vogliamo che tutte le chiese e le moschee si aprano
davanti a tutti e che siano uno spazio d'incontro e di perdono, un luogo di purificazione
delle memorie. Noi maroniti vogliamo ritornare ai nostri villaggi, nonostante le difficoltà.
Vogliamo testimoniare nell'isola che fa da ponte tra Oriente e Occidente i valori
del dialogo, la convivenza, per costruire la cultura della pace e dell'amore.