Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa 29.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del
Vangelo in cui Gesù, per spiegare la necessità di pregare sempre, senza stancarsi
mai, racconta la parabola del giudice disonesto interpellato da una vedova che chiede
giustizia. Il giudice, pur non temendo Dio, accontenta la vedova per non essere più
importunato. Gesù conclude:
“E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti,
che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico
che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà
la fede sulla terra?”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo
il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale
alla Pontificia Università Gregoriana:
Oggi nella
parabola c’è di scena un magistrato arrogante che si crede libero di fare come gli
pare e di fronte a lui sta una povera vedova, che ha solo il coraggio della disperazione.
Un braccio di ferro reciproco fra il giudice spavaldo e l’emblema della debolezza:
eppure alla fine la donna con la sua insistenza, certa del suo diritto, lo costringe
a piegarsi e a pronunciare la sentenza giusta. Certo, è un po’ imbarazzante sentire
che Dio è paragonato a questo giudice cinico. Ma il vero senso della parabola è tutt’altro:
è la perseveranza, la costanza e la fedeltà nella preghiera. Frutto di una fiducia
certa nella bontà di Dio: perché anche se all’apparenza il cielo è chiuso e nessuno
viene in soccorso, Dio non mancherà di soccorrere al momento che lui giudica opportuno.
La sua paternità non è arroganza, ma benevolenza e vicinanza. Ma non confondiamo esaudimento
con risposta automatica ad ogni nostra richiesta. Perché spesso le nostre richieste
sono anche infantili e meschine. La fede non si deve confondere con la pretesa di
grazie e miracoli a cascata. Fede e preghiera si fondano su un rapporto fiducioso
con Colui che sappiamo che ci ama.