2010-10-15 19:10:31

Intervento di Mons. Francesco COCCOPALMERIO, Arcivescovo titolare di Celiana, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (CITTÀ DEL VATICANO)


Per motivi di ufficio, devo intrattenervi sul diritto canonico orientale e quindi anche sul Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. E lo faccio volentieri, anche sulla scia del recente Convegno (8-9 ottobre), che ha commemorato i 20 anni trascorsi dalla publicazione di tale Codice. Il Convegno ha fatto registrare la presenza di 400 partecipanti e per tale motivo ha dato visibilità, e soprattutto onore, non solo al diritto canonico orientale, ma anche, e particolarmente, alle venerabili Chiese di Oriente, tutte ivi rappresentate.
I. Vorrei, ora, offrire alla Vostra attenzione alcuni elementi che provengono dal Codice orientale e a cui l'Instrumentum laboris, pur senza mai citare canoni del Codice, fa perfetto eco. Riferendomi al titolo del presente Sinodo: "comunione e testimonianza ", trovo nel Codice orientale una serie di norme che intendono promuovere l'unità tra le Chiese sui iuris e anche con le Chiese non cattoliche. Ne do alcuni esempi.
1) Nella stessa nazione o regione, a giudizio della Sede Apostolica, si possono costituire assemblee di Gerarchi di diverse Chiese sui iuris, latini compresi, anche con la partecipazione di Gerarchi delle Chiese non cattoliche. Queste assemblee hanno lo scopo di favorire lo scambio di prudenza ed esperienza, nonché il confronto di pareri pastorali. Tutto ciò porta all'unione delle forze per il bene comune delle Chiese (cf. can. 202; 322 CCEO - 447-459 CIC).
2) Si può formulare un progetto comune per la formazione dei chierici, oppure erigere un seminario maggiore per diverse Chiese sui iuris della stessa regione o nazione, oppure ancora ammetere nei seminari maggiori o minori alunni di altre Chiese sui iuris, purché in ogni caso si osservino le tradizioni del proprio rito (can. 330 § 2; 332 § 2; 333; 343 CCEO - 242, 237 CIC).
3) Per un'azione pastorale unitaria il Vescovo eparchiale può invitare a partecipare all'assemblea eparchiale fedeli appartenenti ad altre Chiese sui iuris (anche nel consiglio pastorale - can. 273 § 3 CCEO - 512 § 2 CIC) o, come osservatori, fedeli appartenenti a Chiese e comunità non cattoliche (can. 238 §§ 2, 3 CCEO - 463 §§ 2, 3 CIC).
4) Per un servizio di sollecitudine pastorale verso tutti i fedeli, si chiede al Vescovo eparchiale di avere attenta cura anche di quelli appartenenti a un'altra Chiesa sui iuris che non hanno una gerarchia propria; gli si chiede in particolare di provvedere, in stretta relazione con l'autorità superiore di quella Chiesa, all'erezione di parrocchie personali, o all'assistenza spirituale da parte di un presbitero o di un parroco o di un sincello (can. 192 § l; 193; 246; 280 § l; 916 § 5 CCEO - 383, 518 ClC).
5) Nei rapporti interconfessionali (ecumenici) viene sollecitata l'intera Chiesa, cioè tutti i fedeli, in modo speciale i Pastori, affinché si impegnino per l'unità dei cristiani (can. 902, 903 CCEO), perciò si richiede in particolare che nella catechesi cattolica si presenti una retta immagine delle altre Chiese e Comunità ecclesiali (can. 625 CCEO). Ciascuna Chiesa sui iuris deve promuovere iniziative ecumeniche nel dialogo aperto, fiducioso e mediante iniziative comuni con gli altri cristiani (can. 904, 905 CCEO). Addirittura, se è conveniente e utile, si può pubblicare la Sacra Scrittura in collaborazione con altri cristiani (can. 655 § l CCEO - 825 § 2 CIC). Si devono, inoltre, favorire con prudenza il dialogo e la cooperazione con i non-cristiani e si deve cercare di mettere a loro disposizione la Sacra Scrittura con note appropriate (can. 592 § 2; 655 § 2 CCEO - 787 § l CIC).
II. Altri argomenti, di attuale rilievo, toccati in vari numeri sia dall'Instrumentum laboris sia dalla Relatio ante disceptationem, sono per esempio i seguenti.
1) Le singole Chiese, in esse tutti i fedeli, devono promuovere la giustizia sociale (can. 25 § 2 CCEO - 222 § 2 CIC) e lavorare alla soluzione dei problemi sociali alla luce dell'Evangelo (can. 601 CCEO); i predicatori della Parola di Dio sono tenuti a istruire sulla dignità umana e sui diritti fondamentali, sul senso della giustizia e della pace e sul dovere di attuarle nel nostro mondo (can. 616 § 2 CCEO - 768 § 2 CIC).
2) I fedeli devono impegnarsi affinché il diritto alla libertà religiosa e quello alla libertà di educazione siano riconosciuti dalla società civile (can. 627 § 3; 586 CCEO -793, 748 § 2 CIC) e a lavorare affinché l'educazione sia estesa a tutti gli uomini (can. 630 § 1 CCEO); le scuole cattoliche e le università cattoliche devono curare la formazione integrale della persona umana affinché gli alunni stimino i valori, umani e morali, alla luce della fede, e così possano coltivare la giustizia, la responsabilità sociale e la fraterna convivenza (can. 629; 634 §§ 1, 3; 641 CCEO - 795 ClC).
3) Ai laici spetta di conoscere il patrimonio della propria Chiesa per favorire l'unità di azione tra i laici delle diverse Chiese sui iuris per il bene comune della società (can. 405 CCEO) e di testimoniare Cristo nel trattare le cose temporali, anche nella vita politico-sociale proponendo le leggi giuste nella società (can. 401 CCEO - 225 § 2 CIC).
4) Per annunziare l'Evangelo nel mondo la Chiesa deve rivendicare il suo diritto di usare gli strumenti della comunicazione sociale; i fedeli specializzati nella comunicazione sociale hanno l'obbligo di collaborare, di sostenere e favorire questa missione della Chiesa (can. 651; 652 § 1 CCEO - 761, 822 §§ 2, 3 CIC). Il diritto particolare delle singole Chiese sui iuris può stabilire delle norme sull'uso dei mezzi di comunicazione sociale (can. 653 CCEO - 831 § 2 CIC).
[00102-01.03] [IN078] [Testo originale: italiano]







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