Intervento di Mons. Edmond FARHAT, Arcivescovo titolare di Biblo, Nunzio Apostolico
(LIBANO)
A parte il fatto che in Medio Oriente non siamo un “piccolo resto”, anche se l’espressione
è biblica, questa conclusione è molto incoraggiante. Non siamo il piccolo resto, ma
la mano tesa della Chiesa che comunica alla sua fonte d’Acqua Viva e testimonia la
sua gioia ai fratelli più lontani. Il suo posto e la sua missione non dipendono né
dalla benevolenza degli uni né dalla tolleranza degli altri. E mi permetto di fare
due considerazioni, una sul passato e l’altra sul futuro dei cristiani in Medio Oriente. Il
passato recente ci ha fatto vivere grandi prove di fede che il Documento non esita
a definire come “la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non
rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, l’egoismo delle grandi potenze”
(118) con tutte le loro conseguenze negative come l’emigrazione e lo scoramento. La
situazione del Medio Oriente oggi è come un organo vivente che ha subito un trapianto
che non riesce ad assimilare e che non ha avuto specialisti che la curassero. Come
ultima risorsa l’Oriente arabo musulmano ha guardato alla Chiesa credendo, come dentro
di sé pensa, che sia capace di ottenergli giustizia. Non è stato così. È deluso, ha
paura. La sua fiducia si è trasformata in frustrazione. È caduto in una crisi profonda.
Il corpo estraneo, non assimilato, lo corrode e gli impedisce di occuparsi del suo
stato generale e del suo sviluppo. Il Medio Oriente musulmano nella sua schiacciante
maggioranza è in crisi. Non può farsi giustizia. Non trova alleati né sul piano umano
né sul piano politico, meno ancora sul piano scientifico. È frustrato. Si rivolta. La
sua frustrazione ha avuto come effetto le rivoluzioni, il radicalismo, le guerre,
il terrore e l’appello (da’wat) al ritorno agli insegnamenti radicali (salafiyyah).
Volendo farsi giustizia da solo il radicalismo ricorre alla violenza. Crede di fare
più scalpore se si attacca ai corpi costituiti. Il più accessibile e il più fragile
è la Chiesa. Non conoscendo la nozione di gratuità, esso accusa i cristiani di avere
dei pensieri nascosti di proselitismo, di essere complici delle potenze imperialiste.
Dall’Iraq alla Turchia, al Pakistan fino all’India, le vittime si sono moltiplicate.
Si tratta sempre di innocenti e di servitori volontari (mons. Luigi Padovese, Andrea
Santoro in Turchia, l’avvocato assassinato con la sua famiglia in Pakistan, Mons.
Claverie e i religiosi e le religiose in Algeria, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli
innocenti, assassinati durante la guerra del Libano). Si tratta di facili prede. Per
il futuro il testo ci raccomanda di non aver paura. Ciò non vuol dire che dobbiamo
essere indifferenti. Ma è il momento della purificazione e dei dolori del parto, anche
nella società musulmana. Sta a noi continuare il nostro cammino in queste condizioni.
È la nostra missione. È il nostro ruolo che nessun altro può svolgere al posto nostro.
Si tratta di parlare non solo di Dio Onnipotente, ma anche di Gesù Cristo suo Figlio,
in arabo. Non solo non bisogna avere paura, ma bisogna trasmettere il messaggio alle
generazioni future. Bagnata dal sangue dei suoi martiri, incoraggiata dai suoi maestri,
santi e beati, la Chiesa in Medio Oriente fiorirà come la vigna del Signore e porterà
molti frutti. Oggi, la Chiesa subisce ingiustizie e calunnie. Come nel Vangelo
molti partono, altri si stancano, o fuggono. I frustrati e i disperati si vendicano
sugli innocenti. Dietro alle uccisioni materiali e alle sconfitte più cocenti c’è
il peccato. È questo “potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati
gli uomini e perfino trucidati”, come ha detto il Santo Padre all’inizio dei nostri
lavori (11 ottobre 2010). Quando Gesù è morto “il velo del tempio si squarciò in
due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono”
(Mt 27,51-52). Il Male credeva di aver vinto. Nel momento della sua Risurrezione e
della sua vittoria sulla morte, era l’alba discreta. Si è alzato senza frastuono.
Ha fatto rotolare la pietra senza far rumore. Non c’erano testimoni. La Vita non ha
bisogno di testimoni. È Maestro e Signore. Farà così anche per la sua Chiesa in Medio
Oriente. L’azione di Dio continua nella storia. La Chiesa in Medio Oriente vive
in questo momento la sua Via Crucis e la sua via di purificazione che porta al rinnovamento,
alla risurrezione. Le sofferenze e le angosce del presente sono i gemiti di una nuova
nascita. Se durano è perché questo genere di demoni che tormentano la nostra società
si scacciano solo con la preghiera. Forse non abbiamo ancora pregato abbastanza!