2010-10-15 19:09:43

Intervento di Mons. Edmond FARHAT, Arcivescovo titolare di Biblo, Nunzio Apostolico (LIBANO)


A parte il fatto che in Medio Oriente non siamo un “piccolo resto”, anche se l’espressione è biblica, questa conclusione è molto incoraggiante. Non siamo il piccolo resto, ma la mano tesa della Chiesa che comunica alla sua fonte d’Acqua Viva e testimonia la sua gioia ai fratelli più lontani. Il suo posto e la sua missione non dipendono né dalla benevolenza degli uni né dalla tolleranza degli altri. E mi permetto di fare due considerazioni, una sul passato e l’altra sul futuro dei cristiani in Medio Oriente.
Il passato recente ci ha fatto vivere grandi prove di fede che il Documento non esita a definire come “la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, l’egoismo delle grandi potenze” (118) con tutte le loro conseguenze negative come l’emigrazione e lo scoramento. La situazione del Medio Oriente oggi è come un organo vivente che ha subito un trapianto che non riesce ad assimilare e che non ha avuto specialisti che la curassero. Come ultima risorsa l’Oriente arabo musulmano ha guardato alla Chiesa credendo, come dentro di sé pensa, che sia capace di ottenergli giustizia. Non è stato così. È deluso, ha paura. La sua fiducia si è trasformata in frustrazione. È caduto in una crisi profonda. Il corpo estraneo, non assimilato, lo corrode e gli impedisce di occuparsi del suo stato generale e del suo sviluppo. Il Medio Oriente musulmano nella sua schiacciante maggioranza è in crisi. Non può farsi giustizia. Non trova alleati né sul piano umano né sul piano politico, meno ancora sul piano scientifico. È frustrato. Si rivolta.
La sua frustrazione ha avuto come effetto le rivoluzioni, il radicalismo, le guerre, il terrore e l’appello (da’wat) al ritorno agli insegnamenti radicali (salafiyyah). Volendo farsi giustizia da solo il radicalismo ricorre alla violenza. Crede di fare più scalpore se si attacca ai corpi costituiti. Il più accessibile e il più fragile è la Chiesa. Non conoscendo la nozione di gratuità, esso accusa i cristiani di avere dei pensieri nascosti di proselitismo, di essere complici delle potenze imperialiste. Dall’Iraq alla Turchia, al Pakistan fino all’India, le vittime si sono moltiplicate. Si tratta sempre di innocenti e di servitori volontari (mons. Luigi Padovese, Andrea Santoro in Turchia, l’avvocato assassinato con la sua famiglia in Pakistan, Mons. Claverie e i religiosi e le religiose in Algeria, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli innocenti, assassinati durante la guerra del Libano). Si tratta di facili prede.
Per il futuro il testo ci raccomanda di non aver paura. Ciò non vuol dire che dobbiamo essere indifferenti. Ma è il momento della purificazione e dei dolori del parto, anche nella società musulmana. Sta a noi continuare il nostro cammino in queste condizioni. È la nostra missione. È il nostro ruolo che nessun altro può svolgere al posto nostro. Si tratta di parlare non solo di Dio Onnipotente, ma anche di Gesù Cristo suo Figlio, in arabo. Non solo non bisogna avere paura, ma bisogna trasmettere il messaggio alle generazioni future. Bagnata dal sangue dei suoi martiri, incoraggiata dai suoi maestri, santi e beati, la Chiesa in Medio Oriente fiorirà come la vigna del Signore e porterà molti frutti.
Oggi, la Chiesa subisce ingiustizie e calunnie. Come nel Vangelo molti partono, altri si stancano, o fuggono. I frustrati e i disperati si vendicano sugli innocenti. Dietro alle uccisioni materiali e alle sconfitte più cocenti c’è il peccato. È questo “potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli uomini e perfino trucidati”, come ha detto il Santo Padre all’inizio dei nostri lavori (11 ottobre 2010).
Quando Gesù è morto “il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono” (Mt 27,51-52). Il Male credeva di aver vinto. Nel momento della sua Risurrezione e della sua vittoria sulla morte, era l’alba discreta. Si è alzato senza frastuono. Ha fatto rotolare la pietra senza far rumore. Non c’erano testimoni. La Vita non ha bisogno di testimoni. È Maestro e Signore. Farà così anche per la sua Chiesa in Medio Oriente.
L’azione di Dio continua nella storia. La Chiesa in Medio Oriente vive in questo momento la sua Via Crucis e la sua via di purificazione che porta al rinnovamento, alla risurrezione. Le sofferenze e le angosce del presente sono i gemiti di una nuova nascita. Se durano è perché questo genere di demoni che tormentano la nostra società si scacciano solo con la preghiera. Forse non abbiamo ancora pregato abbastanza!

[00118-01.08] [IN092] [Testo originale: francese]







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