Dialogo interreligioso: le riflessioni di mons. Celata e del consigliere di Obama,
DuBois
Si è svolta nei giorni scorsi alla Pontificia Università Gregoriana la conferenza
sul dialogo interreligioso intitolata “Costruire ponti di speranza”. All’evento, promosso
dall’ambasciata americana presso la Santa Sede, è intervenuto anche il reverendo
Joshua DuBois, consigliere per gli Affari religiosi del presidente Barack Obama.
Al reverendo Dubois, Alessandro Gisotti ha chiesto se è davvero possibile
costruire ponti di speranza tra persone di fedi diverse:
R. – It is
absolutely possible and president Obama believes … E’ assolutamente possibile,
e lo stesso presidente Obama è convinto che le nostre diverse religioni e fedi contengano
un grandissimo potenziale di incontro su principi comuni. Possono esserci punti in
disaccordo nella teologia, nella filosofia ma quando poi si tratta di dar da mangiare
agli affamati, vestire gli ignudi, consolare gli afflitti, quando si tratta di promuovere
uno sviluppo positivo per chi ha sofferto per troppo tempo, ecco, queste sono cose
su cui gente di diverse fedi può trovarsi d’accordo e per le quali può lavorare insieme.
D.
– Quale, secondo lei, è il modo migliore per trovare questo fondamento comune? L’esperienza
pratica?
R. – I believe, and I believe president Obama believes, that
the best way to find … I credo, e credo che lo pensi anche il presidente
Obama, che il miglior modo di trovare questo terreno comune sia attraverso la “teologia
del martello”, cioè lavorando insieme, costruendo insieme. Per esempio, quando le
associazioni di aiuto cattoliche, islamiche ed ebraiche si sono incontrate ad Haiti
per portare aiuto dopo il terribile terremoto, non si è parlato di teologia: l’unico
impegno è stato quello di assicurare che gli haitiani avessero qualcuno a cui appoggiarsi
in quei momenti di estrema difficoltà.
D. – Potremmo dire che la cosa
più importante, oggi, potrebbe essere un appello all’unità – “e pluribus unum” …
R.
– Absolutely! A call to unity and a call to unity in action, focusing not … Assolutamente
sì! Un richiamo all’unità e un richiamo di unità nell’azione, incentrandosi non sulle
cose che ci separano, anche se sono importanti. Io credo – e il presidente crede –
che non siamo chiamati al sincretismo, a riunire ciecamente tutte le fedi in una:
no! Dobbiamo avere ciascuno la propria fede, dobbiamo rafforzarci nella nostra fede,
pur cercando ambiti comuni tra di noi.
D. – Come lei sa, in Vaticano
è in corso il Sinodo per il Medio Oriente. E’ possibile per fedi diverse, costruire
ponti di pace?
R. – Absolutely! And I believe, and president Obama believes,
that this is a … Certamente! Ed io credo, come il presidente Obama, che
questo sia un momento pieno di speranza in Medio Oriente e che i capi religiosi possono
svolgere un ruolo decisivo. Ammiro profondamente l’enorme lavoro svolto da Papa Benedetto
XVI nell’incoraggiare i capi religiosi ad impegnarsi per la pace in Medio Oriente
…
L’importanza della fede al servizio del bene comune, della pace e della
promozione sociale viene anche sottolineata dall’arcivescovo Pier Luigi Celata,
anch’egli intervenuto alla Conferenza alla Gregoriana. Ecco la riflessione del segretario
del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, raccolta da Alessandro
Gisotti:
R. – Costruire
ponti di speranza significa ritrovare le ragioni profonde a livello di fede e soprattutto
le motivazioni che alla luce della fede ci spingono ad uscire dal nostro guscio e,
facendo forza sulla nostra identità specifica, ognuno facendo leva sulla propria identità,
trovare motivazioni e forza per aprirsi all’altro, per conoscerlo meglio, far cadere
pregiudizi, che vengono purtroppo molte volte dalla storia, cogliere le necessità
dell’altro, ascoltandolo e, forse, scoprire che abbiamo degli interessi, delle urgenze
alle quali dobbiamo rispondere insieme. Ecco allora lo spazio per un impegno di carità
fattivo, che partendo dalla fede, genera speranza e si impegna in azioni concrete.
D.
– Questa conferenza qui alla Gregoriana avviene in un momento davvero particolare,
il Sinodo per il Medio Oriente in Vaticano. Come costruire ponti di pace attraverso
dei costruttori, esponenti di fedi diverse?
R. – La pace è nel cuore
di ogni credente, nella misura in cui crede, perché la pace è dono di Dio, ma è un’istanza
che Dio stesso ci immette nel cuore, nella mente, per la quale dobbiamo operare tutti
insieme, noi cristiani anzitutto in una comunione rinnovata. Sono tanti i cristiani
presenti in quell’area, di diverse denominazioni, ma anche con gli altri credenti
dobbiamo riscoprire insieme, trovare motivazioni forti a livello religioso, per operare
in favore della pace, perché senza pace ogni altro bene è compromesso.